Gianni Cuperlo: "Il Pd recuperi coerenza coi suoi valori fondanti"
Intervista a Gianni Cuperlo, candidato alla segreteria del Pd: "Il Pd recuperi coerenza coi suoi valori fondanti"

On. Cuperlo come si ricostruisce un partito dilaniato dalle correnti innanzitutto?
Più delle correnti mi preoccupo dei voti che sono venuti a mancare in questi anni anni. Sono oltre sei milioni. La strada per recuperarli e tornare in sintonia con le domande di riscatto dei troppi lasciati in fondo alla fila e quello è anche il solo modo di riconquistare una credibilità venuta a mancare per la troppa distanza tra le parole e le scelte.
É una buona idea cambiare nome al Pd?
Resto legato al nome che abbiamo scelto. Credo fosse un’intuizione giusta allora e lo è tanto più oggi di fronte a una democrazia più fragile sulle due sponde atlantiche. Una democrazia che ha bisogno di rappresentare nuovamente interessi e bisogni che lasciati a se stessi possono condurre a populismi e nazionalismi già all’opera in Europa e non solo.
Degli altri 3 che concorrono per la segreteria con chi si sente vicino per modo d’intendere il partito?
Ho stima e amicizia per tutti e non credo ci divida il giudizio su questa destra o sulle vere priorità da affrontare, il lavoro e un salario degno, il diritto a curarsi senza dover dipendere dal conto in banca, poter studiare in una scuola pubblica di qualità dove il soffitto non ti cada sulla testa e la didattica sia in sintonia con le opportunità che questo tempo mette a disposizione. Io penso però che oltre questo noi abbiamo bisogno di restituire una speranza a milioni di persone che oggi si sentono orfane del diritto a immaginare per se e i propri figli un futuro migliore del presente, ma questo lo fai se costruisci la cornice di un pensiero politico sul tempo storico che ci è dato da attraversare. La mia candidatura nasce soprattutto da questa esigenza: affrontare un congresso di riscatto e riscossa, rifiutando l’idea che fuori del governo non c’è spazio e futuro per la sinistra di questo paese.
Cosa ha sbagliato Enrico Letta?
Casomai cosa abbiamo sbagliato tutti noi assieme a lui. Sopravvalutare l’effetto di lutto sul paese della caduta del governo di Mario Draghi. Resto dell’idea che mettere fino a quell’esperienza sia stato un errore grave e infatti oggi al governo c’è la destra, ma avremmo dovuto interpretare diversamente la legge elettorale e insistere nella costruzione di un’alleanza ampia per fronteggiare una destra che nonostante sia divisa quasi su tutto ha saputo compattarsi in un nano secondo.
Il suo Pd ha bisogno di un frontman come per esempio gli altri partiti di centrodestra?
Frontman o frontwoman che sia, rispondo che abbiamo cambiato già nove segretari e che la ricetta dell’uomo o della donna sola al comando ha mostrato tutti i suoi limiti. Noi abbiamo bisogno di costruire un partito profondamente diverso nel suo modo di essere, di discutere, di assumere le decisioni, di formare e selezionare la sua classe dirigente.
Lei dice che bisogna stare più a sinistra, ma intanto i 5 stelle hanno occupato quel posto, o meglio, glielo avete regalato. Cosa intende?
Non penso che oggi il nostro problema sia spostarsi un po’ più al centro o un po’ più a sinistra. Credo che noi abbiamo l’urgenza di rispondere alle ingiustizie che spezzano l’unità e coesione del paese. Dobbiamo recuperare un principio di coerenza tra i valori che proclamiamo e le politiche che ne sono la corretta applicazione. Che si parli di un fisco progressivo, che si tratti di ricostruire una rete di solidarietà in un paese lacerato, anche chiedendo a chi ha la possibilità di farlo un contributo per aiutare le fasce rimaste più offese della crisi e dalla pandemia, che si tratti dell’umanità con la quale affrontare il dramma dei migranti o ripensare l’intero impianto del welfare guardando finalmente alle categorie meno protette, giovani e donne, la prova per noi è recuperare una credibilità che molti non ci riconoscono più e questo, ripeto, passa anche da un messaggio di speranza in una maggiore libertà e autonomia sulle proprie scelte di vita.
Quali sono gli interlocutori ideali del Pd?
Quei sei milioni di voti che abbiamo lasciato lungo la strada. Abbiamo perso le elezioni e oggi i rapporti di forza nel parlamento non consentiranno facilmente di strappare i risultati, dalla legge sul salario orario minimo a una sul diritto di cittadinanza per chi nasce o studia in Italia. Ma la storia del paese insegna che quando i rapporti di forza nelle istituzioni sono negativi contano moltissimo i rapporti di forza nel paese e allora l’opposizione a questa destra deve passare da lì, da un coinvolgimento delle persone come fu nella stagione dell’Ulivo. Per questo ho proposto la nascita di Comitati per l’alternativa, perché è il modo di costruire soluzioni diverse rispetto alla destra ma sulla base di una consapevolezza e di una partecipazione larga di chi sente, e sono un numero crescente, che la cultura di questo governo incide negativamente sulle loro vite.
Stando ai sondaggi, lei ha poche chance di vittoria. Perché si é candidato?
Per tutto ciò che le ho appena detto e perché ho una grande fiducia nelle donne e negli uomini di questo partito. E poi perché ho visto ancora una volta il pericolo di una conta sui volti e sui nomi dietro a cui si collocavano i potentati e le correnti di sempre nella logica di rimanere ancora una volta agli stessi posti e senza assumersi le proprie responsabilità. E allora ho pensato che ci sono scelte e battaglie che si devono dare al di là dell’esito che avranno e comunque la mia fiducia verso questa comunità è tale che non penso affatto che l’esito della prima fase del congresso, quella dove a votare saranno gli iscritti e le iscritte, sia già scritto.
C’é un’area cattolica più o meno ampia che la sostiene, se lo sarebbe aspettato per lei che viene da radici comuniste?
In un passato anche remoto il dialogo tra quella sinistra nella quale mi sono formato e la tradizione del cattolicesimo democratico si è svolto con pagine alte. Insomma non è un’invenzione degli ultimi anni, affonda in altre stagioni e con ben altri protagonisti. Sono convinto che quella tradizione sia un patrimonio fondamentale della nostra democrazia e al pari di altre culture rappresenti un elemento irrinunciabile sul piano culturale e politico del partito che ho in mente.
Già 10 anni fa ci ha provato a scalare la segreteria. Oggi cosa é cambiato?
È cambiato il mondo. Nel mezzo ci sono stati i ragazzi con gli scatoloni della Lehman Brothers e la crisi finanziaria più grave dell’ultimo mezzo secolo. E ancora, la pandemia e da ultimo l’invasione dell’Ucraina. Si è accelerata la rivoluzione digitale e l’intelligenza artificiale oramai ipoteca un futuro che non avremmo mai immaginato soltanto una manciata di anni fa. La politica e la sinistra devono interrogarsi dinanzi a questi rivolgimenti e attrezzare un nuovo pensiero sul dopo. Io dico, facciamolo adesso e ritroveremo la rotta giusta.

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