Ci siamo, la grande paura sembra essersi materializzata dopo il risultato delle urne: la destra, a dire di alcuni quella vera, è salita al potere e secondo molti delusi le ombre del ventennio fascista incomberanno sul nostro martoriato paese. Gli avvertimenti sulla perdita delle libertà individuali, il bavaglio alla parola e gli atteggiamenti esasperati di nazionalismo estremo tendono a fare capolino tra gli opinionisti televisivi in equilibrio precario rispetto alla strada imboccata dal nuovo esecutivo. Del resto, in democrazia è risaputo che l’unanime consenso è cosa rara, ma di fronte ai recenti incontri istituzionali, in Europa e al vertice di Sharm el-Sheikh della premier Giorgia Meloni, incalzare come una macchina perforatrice sullo spettro della resurrezione di fascismo di stampo mussoliniano ha tutta l’aria di un inaridimento intellettuale e di un annichilimento di idee innovative.
Naturalmente ciò non implica l’accantonamento delle visioni antifasciste necessarie per rinvigorire le forze motivazionali e sociali poste a guardia della storia, affinché siano scongiurati i drammatici rigurgiti del passato, benché tali rigurgiti siano attribuibili a qualsiasi ideologia. Del resto, gli attuali atteggiamenti di Putin e la guerra tra Russia e Ucraina potrebbero essere un esempio calzante di come le visioni autarchiche del potere, con le loro derivazioni violente e antisemite, non siano una sola prerogativa dei governi di destra. Il primato storico di incarcerazioni, torture a uccisioni per motivi politici spetta al governo Comunista di Mao che ha stroncato nei campi di rieducazione tra i quaranta e gli ottanta milioni di cinesi. Numeri impressionanti, oltre ogni possibile immaginazione, di cui poco si parla.
Vittime di quel pensiero politico e ideologico che oggi solleva allarmi nei confronti di una maggioranza di elettori che ha ritenuto spostare il consenso su forze politiche relegate all’angolo dell’opposizione per tantissimo tempo e in cui gli italiani, tramite la libera espressione del voto, hanno inteso riporre la propria fiducia. Il fioccare di critiche e valutare un operato politico per le intenzioni, piuttosto che per le azioni concrete, è l’amara reazione di chi ha dovuto lasciare ruoli di potere immaginati come diritti acquisiti a beneficio personale. Poco sembra contare che un altro divario con i paesi europei sia stato colmato; ovvero quello di non aver ancora avuto –prima d’ora– una donna a capo del governo. Oltre le legittime critiche e perplessità, indispensabili in democrazia, resta di fatto che l’attuale opposizione –pur auspicandolo– non ha mai agito concretamente per realizzarlo.
E mentre il governo cerca di mantenere fede alle promesse elettorali, smentendo sul campo le forti derive antieuropeiste (seppure incappando in evidenti strafalcioni come la norma sui rave), un manipolo di intellettuali oppositori propone nei loro libri la figura di Mussolini, narrando le gesta maldestre di uno dei peggiori politici del Novecento, che ancora alimenta un piacevole giro d’affari. Al di là delle idee sul migliore governo tra destra o sinistra, tra il pensiero fascista e antifascista una filosofia accomuna l’atteggiamento italiano; già che ci siamo facciamoci due spiccioli.
di Mario Volpe
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