- 13 consiglieri, 8 di minoranza e 5 di maggioranza decretano la fine di Del Mastro. C’è sentore di preaccordo?
Credo sia opportuno fare una premessa. Quello che è accaduto non ha nulla di politico né, tantomeno, di coraggioso. Uomini e donne che fino a ieri hanno sostenuto ogni scelta, hanno gestito tutto il potere possibile, dalle cariche assessorili alle fondazioni fino ad arrivare alle partecipate, hanno votato ogni atto nei consigli comunali; che insomma che hanno fatto il bello ed il cattivo tempo, hanno preferito andare nella stanza di un notaio invece che assumersi le proprie responsabilità dinnanzi alla città, nel Consiglio Comunale. Senza metterci la faccia. Senza spiegare perché hanno cambiato idea così repentinamente. Questo tentativo di riacquistare una verginità politica nasconde, in realtà, solo interessi personali e non ha nulla a che fare con i bisogni reali di una comunità che soffre. Noi chiudiamo questa consiliatura all'opposizione. L'abbiamo fatta dal giugno 2021, con votazioni, emendamenti e atti. Con la politica.
Oggi chi dalla maggioranza ha firmato le dimissioni dal notaio spiega che c'erano problemi dall'inizio della legislatura. Cosa assolutamente verissima. Allora perché non li hanno spiegati alla città come abbiamo fatto noi? Ricordo che quelle erano le stesse persone che ci accusavano di essere usciti "troppo presto".
Io non so se ci sia un accordo. So solo che noi saremo avversari sia di chi vuole una restaurazione a Pomigliano sia di chi, sotto la veste del civismo, prova a nascondere il più classico del trasformismo.
- Avete chiesto un consiglio comunale dove ognuno si prenda le proprie responsabilità. Voi da che parte state?
Noi siamo dalla stessa parte di sempre. A giugno 2021 abbiamo votato contro il primo bilancio di previsione collocandoci all'opposizione. Abbiamo intuito subito il fallimento del progetto politico. Denunciammo la mancanza di visione. Spesso abbiamo ingaggiato con la maggioranza battaglie. Abbiamo proposto emendamenti sull'edilizia e sugli appalti al primo bilancio, abbiamo lottato duramente, con grande fatica ed impegno, per la questione Zaky-Regeni, abbiamo fatto mozioni, interrogazioni, e ci siamo battuti contro il PUC. Le nostre azioni sono agli atti. Siamo stati definiti immaturi e settari. Avevamo ragione noi. L'amministrazione non funzionava. Ma bisogna fare la politica, non i sotterfugi.
- Non eravate la parte critica della maggioranza sull’ insussistenza di Del Mastro?
Ripeto: eravamo la voce critica della maggioranza quando ne facevamo parte. Ma, per primi, ne abbiamo preso, a giugno 2021, le distanze. Da lì sono iniziate dure battaglie. Il nostro terreno era, ed è tutt’ora, sempre politico. A differenza di altri noi, però, al giochino delle spartenze non abbiamo mai voluto partecipare.
- Parlate in un manifesto di accordi inconfessabili. A cosa vi riferite?
Ci riferiamo ad una prospettiva cupa per la città. O la restaurazione di un passato che non dimentichiamo e che combatteremo; o il trasformismo politico di queste ore. Non siamo noi contro loro. Sono costoro contro la città.
- Ora si torna al voto. La sinistra è spaccata. Come si riordina in poco tempo una coalizione spendibile?
Se c'è una cosa che le elezioni del 2020 ci hanno dimostrato è che una coalizione senza una sintesi politica non ha futuro. Mentre tutto si consuma sui social e nei palazzi, la città soffre. La viabilità è impossibile, siamo affogati dalle polveri sottili, il welfare va potenziato e ripensato, alcune delle nostre partecipate sono in grande affanno e indebitate, le prospettive per la gioventù pomiglianese sembrano confinate nel food and beverage e le periferie sono sempre più sole. Che vogliamo fare di tutto questo? Abbiamo idee? Pensiamo a questo. La coalizione iniziamo a farla da qui.
- Inizia il valzer delle alleanze. La scelta delle dimissioni di Riccio non è piaciuta a buona parte del Pd e dei vertici napoletani. Appare isolato. La sinistra è spaccata. Come si ricostruisce un’alleanza credibile?
La scelta di fare e sostenere il "laboratorio" per noi era dettata da una constatazione: a Pomigliano, nel 2020, non si viveva bene. Venivamo da un decennio di governo che, a nostro avviso, aveva aggravato le condizioni della città. Un assessore ed un consigliere arrestati in flagranza di reato, infrastrutture schizofreniche, una su tutte la Rotonda Ponte, il livello delle polveri sottili sempre più alto, i beni comunali di tutti dati nelle mani di pochi, assenza di luoghi culturali, il museo della memoria chiuso, un intero settore quello sociale, esternalizzato e soprattutto un modo di gestire il potere arrogante e feudale. Il nostro discrimine era il programma. Infatti, nel momento in cui questo è stato disatteso dall'amministrazione ne abbiamo immediatamente tratto le nostre conclusioni.
Quelli che hanno firmato l'atto dal notaio sono 13 consiglieri che si caratterizzano come entità distinte. Non c'è un progetto o una visione comune alternativa a questa amministrazione. Semmai, se c'è un punto di unione, è la continuità con quella precedente. La vicenda del PD è palese: il segretario locale, che era anche vicesindaco e assessore al bilancio, si dimette contro sé stesso, senza coinvolgere i suoi consiglieri e il suo circolo. Noi di Rinascita abbiamo scelto un modello completamente opposto: ogni decisione è ampiamente discussa per arrivare ad una sintesi condivisa. La chiave della politica moderna è uscire dai personalismi e tornare ad essere una comunità che rappresenti i cittadini
- Se dall’inizio siete stati scettici sull’amministrazione perché avevate scelto Del Mastro e un’aggregazione “insolita”?
Certamente una crisi del genere è accaduta anche perché chi doveva garantire la tenuta della maggioranza non è stato all'altezza del compito. Tuttavia, molto hanno giocato mire ed ambizioni del tutto prive di una prospettiva politica. Il tutto in uno scenario generale di crisi, con la disaffezione della popolazione verso la cosa pubblica che cresce di ora in ora.
- È vero, come dice Sibilio, che Del Mastro era stato lasciato solo dai suoi?
L’ex sindaco si è trovato a mediare tra personalismi e veti incrociati, provenienti da buona parte della sua maggioranza. Ha commesso una serie di errori, spesso si è fidato delle persone sbagliate e non è riuscito a gestire al meglio le continue pressioni che gli arrivavano da ogni lato, spesso da salotti politici molto distanti da Pomigliano. Sicuramente è stato lasciato solo dai “suoi” perché cinque consiglieri di maggioranza e due assessori gli hanno voltato le spalle, senza alcuna motivazione politica. Ora, addossare la colpa, come stanno facendo i firmatari delle dimissioni notarili agli ex 5 stelle e alle elezioni politiche nazionali è assolutamente miope: se la maggioranza fosse stata coesa, avesse avuto un programma condiviso, e avesse amministrato al meglio, sarebbe andata avanti senza scossoni fino a fine legislatura. La mia sensazione, condivisa dalla comunità di Rinascita, è che le politiche sono state solo la scusa per palesare vendette e scontri personali, che non hanno alcuna radice politica.
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