Vincenzo Caprioli, il pediatra degli ultimi col tarlo della politica
Ma d’altronde i Caprioli sono così: immersi nell’humus popolare fino a prendersene i loro vezzi. E ne avrà visti di figli del popolo Vincenzo Caprioli gattonare nel suo studio e curarli col paternalismo accurato di chi ha fatto del suo lavoro la sua missione, il pediatra degli ultimi, prima ancora che la politica, roba di casata, non occupasse le sue giornate come un tarlo di accesa gioventù. Per passione, mai per interesse. D’altronde gli affari della cosa pubblica non entrano in casa sua come neofiti. Il padre, stimatissimo democristiano, è stato sindaco della città e tutti ne hanno un ricordo che lo incorniciano tra i padri della patria

Lo puoi vedere aggirarsi per le strade di Pomigliano vecchia che quasi sembra distratto, ascetico, non curante del mondo di fuori. Cammina con la sua andatura dinoccolata e l’immancabile Bibbia quotidiana spiegazzata davanti, Il Giornale di Sallusti e Minzolini, e divide le sue attenzioni tra qualche passante, suo ex assistito, che lo saluta con un sorriso, e uno scrolling rapido ma attento alle notizie di giornata.
Caprioli, riconosciuto pediatra, ha un moto di attenzione per tutto, sopratutto per la gente più umile come è lui, pur essendo parte di una delle casate più nobili di Pomigliano. Ma d’altronde i Caprioli sono così: immersi nell’humus popolare fino a prendersene i loro vezzi. E ne avrà visti di figli del popolo Vincenzo Caprioli gattonare nel suo studio e curarli col paternalismo accurato di chi ha fatto del suo lavoro la sua missione, il pediatra degli ultimi, prima ancora che la politica, roba di casata, non occupasse le sue giornate come un tarlo di accesa gioventù.
Per passione, mai per interesse. D’altronde gli affari della cosa pubblica non entrano in casa sua come neofiti. Il padre, stimatissimo democristiano, è stato sindaco della città e tutti ne hanno un ricordo che lo incorniciano tra i padri della patria. Specie tra i metalmeccanici: famose sono le sue informate nelle fabbriche, col maldestro tentativo di creare una classe popolare “biancoscudata” ma dovette arrendersi alle leggi dell’operaismo politicizzato, occupato del Pci e dalla Cgil. “E facc’ trasì bianc e escene russ’, soleva dire.
Avrebbe meritato più riconoscimenti da chi bianco non era, perché le grandi trasformazioni storiche della città portano il nome della Balena Bianca. Bonaccione, dice qualcuno, come lo è il figlio che oggi trova la migliore intesa col socialista che mandò in crisi la Dc proprio del padre del pediatra col tarlo di esserci e mettersi secondo alla causa di un progetto, che magari è sempre lo stesso.
I Caprioli sono una gens tra le più apprezzate perchè vivono la loro alta posizione sociale mescolandola ad un plebeismo di contorno che li rende inclusi nell'eterogeneità di un popolo che ricambiano la stima con umile osservanza. Negli anni della sparizione delle classi borghesi, i Caprioli hanno preservato le originarie stigmate di nucleo sociale eletto, pur salutando con grazia l'ascesa sociale di chi ha saputo trovare un posto nel mondo sospinto dalla disponibilità gratuita di una gens intramontabile.
Ligio ai precetti del Vangelo, fervente credente da non riconoscere talvolta la laicità delle cose terrene, Caprioli vive la politica con disinteresse perchè è privo di quella sana cazzimma che alberga tra i volponi della politica locale, poco inclini ai concetti di coerenza e dignità. Paga la sua mancata scalata ai vertici proprio il suo carattere avulso dall'ebbrezza del potere e del consenso facile raccattato con qualche clientela. Nonostante ciò vive la politica come la missione di curare un bambino con la tosse, con le sue tesi a volte non condivise a volte impregnate di dura verità.
E chissà come sarebbe andata se ad Elvira Romano fosse stato preferito proprio Caprioli. Magari Sibilio e Sanseverino non se ne sarebbero andati, e dai palchi avremmo sentito concioni d’altri tempi. Fu chiaro Vìncenzo: secondo solo a Lello Russo. E questa trama affettuosa dura da decenni, da quando Caprioli fece la testuggine contro il regno di Michele Caiazzo alle provinciali, battezzando Il Popolo delle Libertà contro l’ex sindaco Della Ratta. Non vinse nessuno e questo fu una vittoria seguita da una carriera di vicesindaco e amministratore accanto a Lello Russo, sempre attento alla causa degli ultimi.
La trama non si è spezzata neppure con l’Interregno Del Mastro: Vincenzo Caprioli è stato uno dei primi a candidarsi nell’intramontabile 1799 e ne sentiremo ancora parlare perché le persone perbene in politica sono poco e quelle poche vanno preservate e valorizzate.

Share
Tutti gli articoli
