L’Italia ha tra i suoi obiettivi primari la transizione ecologica. Innanzitutto di cosa parliamo?
Per me l’unica transizione ecologica accettabile è quella che riesce a coniugare la tutela ambientale con la necessità di salvaguardare il nostro sistema produttivo e quindi il nostro benessere. La sensibilità ambientale sta assurgendo a fenomeno di massa e certi temi diventano patrimonio della coscienza collettiva grazie al livello di benessere che abbiamo raggiunto. Senza sviluppo non c’è benessere, senza benessere non c’è sensibilità ambientale
- Il governo ha destinato quasi 60 mld di euro al miglioramento dell’ambiente. Lei come li spenderebbe?
La miglior cura è la prevenzione. Realizzare infrastrutture moderne per coniugare il nostro benessere con il benessere dell’ambiente che ci circonda, aiutare e sollecitare le regioni sbadate a chiudere il ciclo dei rifiuti correttamente, investire in ricerca e innovazione tecnologia, per continuare a crescere con lo sguardo rivolto alla sostenibilità, che non deve essere una parola vuota, avendo sempre lo sguardo verso le future generazioni. Certamente occorre agire tempestivamente laddove esiste un rischio concreto per l’ambiente e la nostra salute. È necessario realizzare bonifiche in buona parte del Paese cosi come mettere in sicurezza il territorio dal rischio idrogeologico e sismico. Per affrontare e vincere la sfida della transizione ecologica dobbiamo avere un approccio pragmatico. Per intenderci: la decrescita felice è una contraddizione in termini, anzi una vera e proprio sciagura.
- Uno dei punti centrali della transizione è l’economia circolare. Per far sì che avvenga quali sono i presupposti e i cambiamenti radicali che devono fare i cittadini?
I cambiamenti impattanti non servono, sono solitamente rigettati. Non possiamo chiedere ai cittadini di farsi carico delle scelte su cui la politica ha tardato. È il settore pubblico, sono le istituzioni che devono farsi carico dei cambiamenti dando l’esempio e, soprattutto, definendo il percorso che poi imprese e cittadini dovranno seguire. I cittadini vano informati con educazione e incentivi lungimiranti verso stili di vita migliori per gli individui e per le comunità.
- Si parla molto di energie rinnovabili. Quanta convenienza c’è ad installare sulla propria casa pannelli fotovoltaici?
La convenienza dipende da quanto la nostra abitazione è esposta al sole. Tendenzialmente sono convenienti, anche se le recenti politiche di incentivazione spinte hanno provocato un aumento generalizzato dei prezzi
- Si parla anche di impianti agro-voltaici per ridurre i gas serra. Se ne vedono in Italia?
Se ne vedono, anche se alcune norme ne limitano fortemente l’installazione. Credo siano un buon modo per conciliare certe produzioni agricole con la necessità di produrre energia. Un errore che non dobbiamo fare nella corsa agli approvvigionamenti energetici è quello di sottrarre terreno alla produzione agricola per la produzione energetica. Gli impianti agro-voltaici in alcuni casi possono essere un ottimo compromesso.
- Transizione ecologica è anche migliorare la rete elettrica e dell’acqua. Cosa si può fare in questo settore?
Investire, investire, investire. Tra le infrastrutture a cui faccio riferimento nella seconda domanda sono sicuramente ricomprese queste. Dobbiamo iniziare a pensare in chiave strategica, guardare alle sfide del futuro. Penso che il governo abbia intrapreso la strada giusta. Per quanto concerne le vie d’acqua le politiche hanno il dovere di garantire il raggiungimento degli obiettivi europei sulla qualità ma anche di sicurezza idrica. Nel nostro paese abbiamo due problemi: la siccità in alcuni periodi dell’anno, che ci impone di costruire bacini di accumulo; le intense piogge in alcuni mesi, che ci impongono degli interventi per garantire la sicurezza idraulica. Infine, c’è il tema della perdita della risorsa idrica. Basti pensare che oltre il 40% della risorsa idrica viene dispersa nel reticolo del SII.
- C’è un paradosso: le case automobilistiche producono auto elettriche ma costano tanto come tanto costa ricaricarle. Allora che si fa?
Innanzitutto non è detto che solo le auto elettriche siano il futuro. C’è ad esempio il tema dell’idrogeno, che in alcuni paesi europei - come la Germania - stanno sviluppando in termini di ricerca e sviluppo da applicare poi alla mobilità. In tutti i casi ci si accorda con i paesi dove le materie prime sono abbondanti, si investe in ricerca e sviluppo tecnologico e ci si mette in competizione con il resto del mondo. Il resto vien da sé, al nostro paese non manca nulla per vincere queste sfide ma serve tempo. Impensabile abbandonare gasolio e benzina già nel 2035, in virtù di una transizione obbligata e fortemente ideologica verso l’elettrico.
- Come immagina l’Italia di domani?
Coltivo la speranza che dalle migliori menti del nostro paese possano giungere le soluzioni per consentire a questo vecchio pazzo mondo di rispondere alle emergenze globali. L’Italia ha segnato intere epoche. Spero che possa tornare a farlo. Ce la metterò tutta.
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