Amore ti lascio, non era solo una canzone di Mina e Celentano, ma pare sia la crescente tendenza del cittadino nei confronti della politica. Del resto, se il divorzio è l’antitesi del matrimonio e, di conseguenza, di una promessa di vita insieme, l’astensionismo dalle urne è la chiara espressione d’indifferenza nei confronti di chi si propone ad amministrare la vita pubblica.
Il poeta Paul Valery ci era andato vicino quando disse che la politica è l’arte di evitare che la gente si interessi di ciò che la riguarda. Ma a lungo andare il totale distacco e il crescente allontanamento dal voto potrebbero far nascere delle frange di potere poco rappresentative, che andrebbero a governare nel solo interesse di pochi (di quei pochi che hanno votato). Alle recenti elezioni politiche nel 2022 l’affluenza per il rinnovo del Parlamento è stata il sessantaquattro percento degli aventi diritto, ma nelle ultime regionali in Lazio e Lombardia hanno votato una media di quattro elettori su dieci, il ciò vuol dire che gli astenuti hanno lasciato decidere il governo delle loro regioni a una minoranza della popolazione. Una presenza così ridotta di individui alle urne fa scattare un campanello d’allarme in chi vuole ancora credere nei principi democratici, sebbene negli ultimi anni gli entusiasmi dei cittadini nel rendersi partecipi nella vita politica, o soltanto nel sostenere le forze di partito, sono molto affievoliti. Naturalmente, gli onorevoli, i ministri, governatori, assessori e consiglieri navigati o neoeletti non possono scaricarsi dalle spalle la responsabilità della disaffezione da parte della gente comune.
Troppi politici continuano solo a scaldare sedie e usare le stanze del potere per interessi privati, dimostrando un chiaro menefreghismo una volta raggiunta la poltrona. Ma ciò che meglio riesce a trasmettere, di recente, la politica ai cittadini è una mancanza totale di autorità nell’esprimere le posizioni dei propri elettori in ambito Comunitario, dal momento che oltre alle numerose opportunità offerte dall’Europa unita si è dovuto fare i conti con leggi, decreti e regolamenti messi a punto da un Parlamento in cui ognuno si esprime con una lingua diversa; e se la lingua opera interamente nell’ambiguità, come sosteneva lo psichiatra francese Jacques Lacan, gli addebiti del divorzio tra gli italiani e la politica prenderanno sempre più forma.
Problemi discussi e mai risolti, indifferenza per l’interesse dell’elettorato da parte di amministratori locali e nazionali dal peso decisionale consistente quanto l’elio in un palloncino da Luna Park; e non ultimo il colpo di spugna per detergere le basi storico-ideologiche dei partiti, appiattendo qualsiasi diversità di visione.
Ormai pare chiaro che della Destra, dal Centro e della Sinistra non differiscano molto tra loro, ciò che resta incomprensibile e molto diverso è la comunicazione con cui ci si rivolge al proprio bacino elettorale. Magari è pur vero che i problemi di un paese non cambiano se cambia il punto di vista, ma è altrettanto vero che soluzioni alternative, differenti hanno il merito d’accendere la discussione, il dibattito; del resto, cosa sarebbe la politica democratica senza confronto? Sarebbe una dittatura e per scongiurarla è necessario riversare sempre combustibile che arroventi gli scambi di opinioni tra anime e competenze diverse, a partire dalla strada fino agli scanni del Parlamento. Purtroppo, da alcuni anni, il livello professionale dei rappresentanti della politica è andato via via assottigliandosi, e il carisma si è perduto per mancanza d’empatia con la gente, oltre alla messa al bando del senso di vergogna a cui un buon politico dovrebbe fare riferimento frenando l’impeto d’arroganza comune a molti uomini e donne di potere.
Così è stato quando la politica ha spalancato le porte ad ogni genere di stramberie. Così è stato dai tempi di “ognuno vale uno”, un vero e proprio “Abra cadabra” del disastro che non ha affatto risollevato la politica dai suoi soliti malanni: Mancate promesse, ladrocini, favoritismi e raggiri che non hanno giovato all’interesse della gente. E poi il totale disinteresse per le classi più povere, per i deboli, e il comune senso di vendetta nei confronti degli antagonisti non ne hanno migliorato la condizione. Ma se la politica, come indica l’Oxford Dicionary, è scienza e tecnica che ha per oggetto la costituzione, l’organizzazione l’amministrazione dello Stato e la direzione della vita pubblica, come sarebbe possibile pensare di non voltarle le spalle quando la politica si impegna da sempre per smentirla questa definizione?
Mario Volpe
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