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Sanità e affari sociali, l'intervista a Marianna Ricciardi (M5S)

Felice Massimo De Falco • 30 aprile 2023

Intervista a tutto campo con la deputata pentastellata Marianna Ricciardi: "ome Paese stiamo vivendo il cosiddetto “inverno demografico”, che si verifica quando i nuovi nati sono in numero inferiore dei defunti.

E’ un tema che va affrontato senza demagogia e con interventi a 360 gradi. Per partire potremmo destinare i 3 miliardi recuperati nel Def per potenziare l’assegno unico anziché usarli per un taglio del cuneo fiscale irrisorio. Ma al centro c’è senza dubbio il tema del lavoro, perché se il lavoro non si trova o è precario e mal pagato allora le nuove famiglie saranno frenate nel fare figli dall’alto indice di instabilità.

Per contrastare la denatalità dobbiamo anche sfruttare bene tutte le risorse del PNRR destinate ad inclusione e coesione, per costruire palestre, asili nido, mense, palestre".


- Punti nascita. In Affari Sociali approvate 5 risoluzioni bipartisan che impegnano il governo su una loro migliore distribuzione. Cosa comportano?

 

Le 5 risoluzioni impegnano il governo su diversi punti determinanti: definire il fabbisogno del personale sanitario; favorire l'umanizzazione dei percorsi nascita; favorire la continuità dell'assistenza e l'integrazione tra ospedale e territorio; valutare la possibilità di avviare screening per l'individuazione delle donne a rischio di sviluppare depressione post partum; verificare e monitorare nei punti nascita l'esistenza di tutte le procedure per il controllo del dolore in corso di travaglio-parto; rimuovere ogni ostacolo che possa danneggiare l'assistenza delle donne e famiglie migranti nei punti nascita.

Tra gli impegni della nostra risoluzione, tengo in particolare a quello che intende favorire la presenza di un accompagnatore a scelta della donna, che possa permanere in ospedale durante tutta la degenza. Un punto a mio avviso molto importante, specialmente dopo le restrizioni degli accessi dovute alla pandemia; le donne di fatto sono rimaste sole in un momento molto delicato. L’impegno punta inoltre a scongiurare tragedie come quella che ha colpito la mamma dell’ospedale Pertini di Roma che, dopo 17 ore di travaglio si è addormentata, evidentemente stremata, soffocando il neonato.

 

 

- Cosa pensa dello svuotamento delle culle?

 

Come Paese stiamo vivendo il cosiddetto “inverno demografico”, che si verifica quando i nuovi nati sono in numero inferiore dei defunti.

E’ un tema che va affrontato senza demagogia e con interventi a 360 gradi. Per partire potremmo destinare i 3 miliardi recuperati nel Def per potenziare l’assegno unico anziché usarli per un taglio del cuneo fiscale irrisorio. Ma al centro c’è senza dubbio il tema del lavoro, perché se il lavoro non si trova o è precario e mal pagato allora le nuove famiglie saranno frenate nel fare figli dall’alto indice di instabilità.

Per contrastare la denatalità dobbiamo anche sfruttare bene tutte le risorse del PNRR destinate ad inclusione e coesione, per costruire palestre, asili nido, mense, palestre etc. Insomma rafforzare quei servizi che aiutano le donne a non rinunciare alla realizzazione personale per essere mamme. E poi ci sono le politiche per i giovani, per esempio le norme per aiutarli a comprare la prima casa, ma anche la valorizzazione delle loro competenze e la volontà di colmare i divari di genere e territoriali.

 

 

- Demografia è potere?     

 

Facciamo il discorso al contrario. La denatalità comporta nel tempo una sottrazione di giovani, con un conseguente squilibrio tra generazioni in età anziana e nuovi entranti nelle età lavorative.

Inoltre la persistenza nel tempo della bassa natalità man mano riduce anche le generazioni in età riproduttiva. Si indebolisce la forza lavoro e peggiora il rapporto tra anziani e popolazione attiva, che significa difficoltà di produrre ricchezza e benessere; ma a quel punto è difficile anche rendere sostenibile il sistema di welfare pubblico. E’ un meccanismo che poi limita le risorse da investire sulle nuove generazioni, per esempio sulla formazione e sugli strumenti per portare i giovani all’autonomia e alla formazione di una propria famiglia. Insomma un cane che si morde la coda, portando i giovani a lasciare il nostro Paese per altri in cui realizzarsi è più semplice. E’ ovvio che un Paese da cui le nuove generazioni fuggono non è più competitivo e diventa debole.

 

- Perché non avete voluto istituire una commissione sul Covid?

 

In realtà più che essere una commissione di inchiesta sul Covid, quella istituita è un attacco frontale al governo giallo-rosso e al Presidente Conte, che fu costretto a prendere decisioni difficili mentre eravamo investiti da un virus sconosciuto. La sanità è una materia concorrente e durante la pandemia è stato molto evidente quanto sia deleterio che esistano così tanti sistemi regionali diversi eppure dal lavoro di inchiesta della commissione il governo ha tirato fuori i presidenti delle Regioni, che invece di responsabilità ne hanno avuto eccome. E poi non potremmo mai essere d’accordo con chi ammicca alle teorie no vax…

 

- É soddisfatta dei fondi destinati alla sanità? Di cosa ha più bisogno il settore?

 

Assolutamente no. Sappiamo che con 114,4 miliardi nel 2019, l’Italia arrivava alla pandemia con un livello di finanziamento rispetto al Pil del 6,4%; nel 2020 è stata investita in sanità la quota record di 120,5 miliardi, pari al 7,3% del Pil. 

Questo governo avrebbe dovuto continuare ad investire in sanità perché i dati ci dicono che per metterci in pari nel contesto europeo dovremmo raggiungere l’8% del Pil; invece non sono stati previsti fondi adeguati in legge di bilancio né nel Def e le proiezioni ci dicono che nel 2025 la quota investita in sanità corrisponderà al 6,2% del Pil. Quindi invece di andare avanti stiamo andando indietro, come se la pandemia non avesse insegnato nulla. A discapito dei cittadini, che non riescono a fare prevenzione né a curarsi a causa delle lunghissime liste d’attesa.

 

- Sul Ddl anziani che posizione avete?

 

Quel Ddl nasce da una proposta maturata nella scorsa legislatura; sicuramente occorreva al Paese una legge di civiltà per garantire la presa in carico della condizione di fragilità delle persone anziane. Il grosso limite però è che nel Ddl Anziani in realtà non si incrementano gli investimenti ma ci si limita a riformulare e riorganizzare; invece da Nord a Sud sono tanti i territori dove i servizi sono carenti sia per quanto riguarda le strutture sia per il personale. Purtroppo in questo disegno di legge manca anche il riconoscimento della figura del caregiver e del lavoro di cura; inoltre non sono definiti chiaramente i criteri per l'accreditamento di soggetti pubblici e privati, terzo settore compreso, che erogano servizi domiciliari di cura e assistenza; infine, manca una definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Noi abbiamo provato a migliorare il testo, con tante proposte che però sono state bocciate. Per esempio la valorizzazione dell'invecchiamento attivo con la creazione di un fondo ad hoc, la tutela dei caregiver, la qualificazione degli OSS, l'implementazione dei progetti per la vita indipendente e autodeterminata, la revisione della compartecipazione delle rette anziani.

 

 

- Il Ddl bollette vi soddisfa?

 

Come potrebbe? Non solo diminuiscono le risorse per sostegni ed aiuti – visto che in realtà le misure per alleggerire l’impatto dei rincari su famiglie ed imprese sono sostanzialmente delle proroghe di interventi precedenti - ma si strizza pure l’occhio agli evasori con le norme di depenalizzazione dei reati tributari, a discapito dei contribuenti onesti e delle casse dello Stato. Per non parlare della mancanza di coraggio nell’andare a reperire le risorse dove ci sono: gli extraprofitti rappresentano un bacino ideale per questo ma il Governo non si decide ad aumentarne il gettito.

 

- A cosa servirà il PNRR nella sanità?

 

Guardi nel PNRR c’è un’occasione storica per la sanità, perché sono previsti 20 miliardi, di cui 9 per gli ospedali di comunità e 11 per la digitalizzazione. La riforma Dm77, collegata al Pnrr, mette mano alla desertificazione sanitaria con la nascita e il rafforzamento di strutture territoriali per colmare le lacune nell'assistenza di prossimità. Il problema è che senza investimenti per arruolare personale sanitario (e quelli previsti nel PNRR sono solo per le strutture) avremo delle cattedrali nel deserto, scatole vuote che invece devono essere popolate. Stiamo correndo un grosso rischio: con il definanziamento pubblico della sanità voluto da questo governo si aumenterà il gap dalla media dei paesi europei mentre invece occorre assolutamente investire per assumere, formare e valorizzare il nostro personale sanitario. Solo così riusciremo a mettere a frutto le preziose risorse del PNRR.

 

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