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Reddito di cittadinanza in calo,Simona Petrucci (FdI):"Sono aumentati i posti lavoro"

Felice Massimo De Falco • 29 aprile 2023

La nostra impronta in questo senso è stata chiara sin da subito. Da un lato vogliamo aiutare chi produce, chi crea ricchezza, ma dall’altro non smetteremo mai di sostenere chi è in difficoltà. Gli effetti di questo indirizzo si vedono già dalla nostra prima Legge di Bilancio, approvata a fine 2023. Una manovra coraggiosa, che sostiene lavoro e famiglie, con particolare attenzione ai redditi più bassi e ai cittadini più fragili. Oltre 20 miliardi per contrastare il caro bollette; aiuti diretti, bonus e agevolazioni ai nuclei con un ISEE inferiore a 15mila euro, rafforzamento dell’assegno unico universale. Misure concrete, a cui si aggiunge il sostegno per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie e, in ambito aziendale, gli incentivi alle assunzioni e la detassazione dei premi produttività. Siamo appena all’inizio ma la strada tracciata è chiara: incentivi a chi produce, sostegno a chi è in difficoltà.

- Nei primi tre mesi del 2023 i nuclei che hanno richiesto Reddito e pensione di cittadinanza sono stati quasi 300 mila (299.467), meno 25% rispetto all'analogo periodo del 2022. Lo scrive l'Inps nell'Osservatorio su reddito e pensione di cittadinanza. Cosa potrebbe essere accaduto?


Io credo che la risposta sia abbastanza chiara: sono semplicemente aumentati i posti di lavoro. Non lo dico certo io ma si tratta di dati ufficiali: lo dice l’Istat, lo dice Bankitalia. E, dunque, ancora una volta i fatti ci danno ragione: così come era stato concepito, il reddito di cittadinanza ha rappresentato in molti, troppi casi, una gabbia dorata. Non un sostegno per chi, oggettivamente, non poteva accedere al mondo del lavoro, bensì un vitalizio senza avere nulla in cambio a favore di chi, pur in grado di lavorare ha cavalcato l’onda dell’assistenzialismo più sfrenato. Tutto ciò, lo dico con chiarezza, non ha fatto il bene dell’Italia. Vorrei aggiungere un altro elemento a mio giudizio fondamentale: come evidenziato dall’Istat, è in diminuzione anche il numero dei “Neet”, vale a dire le persone inattive che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi formativi. Ciò significa che molte persone che, in passato, pensavano di poter contare sul reddito di cittadinanza, oggi stanno lavorando. Il presidente Giorgia Meloni, del resto, lo ha più volte dichiarato, sia in campagna elettorale sia dopo la vittoria e la formazione del governo: abolire il reddito di cittadinanza per chi può lavorare. 



- Sarà anche frutto dei vostri provvedimenti in materia?


Ciò è evidente, perché noi stiamo andando ben oltre gli slogan e stiamo lavorando per consentire all’Italia di recuperare terreno in termini di credibilità e affidabilità, anche agli occhi dei nostri partner internazionali. Per fare questo, è importante incentivare le imprese e aiutare le famiglie attraverso misure trasversali in ogni ambito governativo e da ogni dicastero. Questo esecutivo, infatti, possiede a mio giudizio il grande merito di vedere e considerare il sistema Italia nella sua globalità. Tra le misure che più mi stanno a cuore, ci sono senz’altro quelle per agevolare l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro: un sostegno reale che sta già dando frutti importanti.





- A che tipo di welfare puntate?


La nostra impronta in questo senso è stata chiara sin da subito. Da un lato vogliamo aiutare chi produce, chi crea ricchezza, ma dall’altro non smetteremo mai di sostenere chi è in difficoltà. Gli effetti di questo indirizzo si vedono già dalla nostra prima Legge di Bilancio, approvata a fine 2023. Una manovra coraggiosa, che sostiene lavoro e famiglie, con particolare attenzione ai redditi più bassi e ai cittadini più fragili. Oltre 20 miliardi per contrastare il caro bollette; aiuti diretti, bonus e agevolazioni ai nuclei con un ISEE inferiore a 15mila euro, rafforzamento dell’assegno unico universale. Misure concrete, a cui si aggiunge il sostegno per l’acquisto della prima casa da parte delle giovani coppie e, in ambito aziendale, gli incentivi alle assunzioni e la detassazione dei premi produttività. Siamo appena all’inizio ma la strada tracciata è chiara: incentivi a chi produce, sostegno a chi è in difficoltà.



- Eppure solo l’Italia in Ue non aveva un sostegno al reddito simile, siamo lacunosi nella lotta alla povertà?


Noi vogliamo semplicemente che chiunque sia in grado di lavorare, lo faccia. Il contrasto al fenomeno della povertà, infatti, non si risolve attraverso esborsi indiscriminati come avvenuto nel caso del reddito di cittadinanza, che ha comportato una spesa altissima di oltre 8 miliardi annui, ma grazie a misure più incisive e direttamente dedicate a chi non è in grado di entrare nel mercato del lavoro. Vale la pena evidenziare che, per tutte le persone che non usufruiranno più del RdC, saranno attivati appositi percorsi di formazione e riqualificazione professionale, anche grazie alle risorse del Fondo Sociale Europeo: nessuno dovrà rimanere indietro. Il Reddito di Cittadinanza, invece, verrà rimodulato in maniera da poter garantire concreto sostegno ai più deboli. La lotta alla povertà rimane uno dei nostri obiettivi prioritari e continueremo a portarlo avanti.




- Quali saranno i risvolti dell’indebolimento del Reddito?


Io credo sia importante partire da un dato di fatto: intorno all’Italia il clima sta cambiando in positivo. Stiamo recuperando la dimensione che ci appartiene, lavoriamo ogni giorno per garantire la messa a terra dei finanziamenti del PNRR correggendo gli errori dei governi passati, il nostro pil (notizia di poche ore fa) è aumentato e ci pone a un livello superiore rispetto ai risultati di Francia e Germania. L’Italia è tornata al lavoro. Su questi dati, sulla crescita economica e sul clima di crescente fiducia noi stiamo costruendo un Paese nuovo. Con la rimodulazione del reddito di cittadinanza, gli incentivi al lavoro e la lotta vera alla povertà non andremo incontro ad un indebolimento del sistema di welfare, che invece sarà ancora più incisivo.


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