E’ un amalgama di silenzio e tumulto quello che accompagna le ore calde del trattativismo, momento in cui gli attori politici sfoggiano tutte le loro ridonanti capacità tattiche e strategiche come scacchisti di pelo pregiato. Dalle informazioni che si posseggono, si vanno costruendo due alveari politici di grossa stazza, caduto il velo di un centrismo sfiatato, luogo di fugaci rendez-vous amorosi, attardato tra le pigrizie della vita. Chi è in possesso di una ricca verve aneddotica dice che si va verso un bipolarismo “sparpagliato”, con due grossi faldoni ancora privi di lettura identitaria.
Fonti filtrate dicono che ci siano contatti intercorsi anche tra Maurizio Caiazzo dell’Udc e Lello Russo, l’artefice di una gioiosa macchina da guerra candidata sulla carta a vincere le elezioni, come un refrain consolidato nei lustri. Dovesse esserci un accordo tra queste due aquile disamorate, allora il bilancino della vittoria al primo turno comincerebbe a pesare. Ma c’è di mezzo la campagna elettorale, il sit-in delle eterogenee istanze e distanze da colmare, che solo un conducator esperto potrebbe assemblare un gruppo che brilla per poliedricità. Ci vorrebbe qualcuno che ha sempre avuto quel senso voluttuoso per la metamorfosi. Un diapason dai suoni opposti che freni gli impeti ascensionali di una squadra iridata. Le somiglianze prevalgano sulle differenze attraverso le cose concrete da fare.
A sinistra, “liberatisi” dei rinnegati che hanno congiurato contro quell’imperatore al tramonto di Del Mastro, e ristabilito il principio del campo largo rinnovato dall’elezione a segretario nazionale di Elly Schlein, resta l’immagine di una variegata umanità ammassata nei mattatoi dello smarrimento. Le ingiurie del tempo hanno riportato a galla i vecchi problemi della sinistra, a parte Rinascita che col suo innocentismo clericale, pare quasi che senta il bisogno di duplicare l’esperienza del vituperato Del Mastro.Si dice che il dissenso avventurista sia uguale al consenso conformista.
Il Partito democratico ha una stazza lillipuziana, è privo di una guida, anzi, addirittura è in mano ad un facilitatore, mandato da Napoli a fare da garante forse all’ennesima consorteria intricata, figlia di schemi sovraordinati e non ancora coltura rustica fatta in casa. Ad essa si aggiunge il rinnovato Movimento 5 Stelle, che, con di Maio fuori dai radar, ha fatto le pulizie di casa, ha ripristinato i fasti dei meet-up, ma è ancora imberbe per poter selezionare una squadra da mandare nell’arengo elettorale. Alcuni di essi sperano nei petali che cadono dal cielo nazionale, così come è stato altre volte, “perché siamo il primo partito della città”, dice un hidalgo ribelle per mestiere. Discorso valido magari per elezioni nazionali, ma sui territori il M5S ha dimostrato di arrancare molto. E affianco al corpaccione centrale poi c’è tutta una sfilza di liste come i coriandoli a Carnevale.
L’obiettivo è dare uno status a questo coacervo di pensieri, capitalizzare le coscienze solitarie, uscire fuori dalla prigione dell’individualità, vivere al di sopra del destino infausto e identificare una guida, un pastore evangelico che segni la retta via verso le zone ignorate del buon governo, un cupido dalla faretra inesauribile che sappia colpire al cuore i desideri dei cittadini. Il silenzio cerimonioso in cui è rinchiusa la sinistra, le loro facce di cero, i funambolismi retorici suggeriscono la seria difficoltà a mostrare nuda una classe dirigente capace di esprimere non già un papirologo (al quale pure stanno pensando) ma un esegeta delle sue contraddizioni e idee lacunose. Si va verso un bipolarismo spurio, entrambi i poli necessitano di chiarezza programmatica ed identitaria, mentre solo una ha forse già trovato il suo fantino nella corsa a piazza Municipio n.1
Testata Giornalistica con iscrizione registro stampa n. cronol. 1591/2022 del 24/05/2022 RG n. 888/2022 Tribunale di Nola