Le campagne elettorali somigliano molto alle strategie militari e hanno regole, dinamiche, princìpi, sedimentati in secoli e secoli di storia. Non tanto perché farsi eleggere sia una guerra, ma perché la strategia e le valutazioni di una campagna elettorale del 2023 trovano le loro radici in Sun Tzu, Quinto Tullio Cicerone e nelle parole del generale Carl von Clausewitz.
Nasce da qui “I segreti dell’urna: Storie, strategie e passi falsi delle campagne elettorali” (Utet), libro del consulente politico Giovanni Diamanti, co-fondatore di Quorum e YouTrend.
L’analisi di Diamanti mescola due componenti fondamentali: da un lato c’è la sua esperienza personale sul campo – maturata partecipando in vari ruoli in moltissime campagne elettorali, tra Beppe Sala, Dario Nardella, Barack Obama e molti altri; dall’altro ci sono citazioni e documenti sulla comunicazione politica che servono a passare dal particolare al generale per spiegare l’importanza della forza del candidato, del suo messaggio, dell’uso della tecnologia o dei mezzi di comunicazione.
Uno dei primi obiettivi dell’autore è demistificare la comunicazione politica: gli spin doctor non vincono le campagne elettorali, non da soli almeno. Una buona comunicazione è fondamentale, va studiata e modulata più e più volte, ma poi quando si va alle urne si vota per un candidato, è lui che vince o perde l’elezione: la campagna elettorale è necessaria, non sufficiente.
“È una professione – dice – molto macchiettizzata, spesso veniamo descritti come degli stregoni del consenso. Invece è una professione molto analitica, che io faccio seguendo un metodo scientifico. In un’epoca in cui si dice che Obama vince grazie a Facebook e Trump vince con Cambridge Analytica ci dobbiamo ricordare che questi seguono princìpi che si possono leggere nel nel “Commentariolum Petitionis” di Quinto Tullio Cicerone, quindi non si sono inventati niente, anche se fortunatamente le tecniche si sono enormemente evolute”.
Lo stesso discorso si può applicare anche per altri “oracoli” delle campagne elettorali, come i sondaggi: troppo spesso esaltati come se avessero potere predittivo, quando sono una fotografia del presente da analizzare e da cui muovere i passi successivi.
E poi, ancora, l’importanza della personalizzazione della comunicazione politica: le campagne di comunicazione devono essere un abito su misura. Diamanti scrive: “Qualcuno ha mai immaginato Mario Monti vincere alle urne perché si presenta come l’amico di quartiere che ti offre una birra in allegria? Ci vogliono Coerenza e Credibilità”.
O l’esigenza di saper giocare con il timing giusto, muoversi in anticipo quando possibile e scegliere il terreno dello scontro anziché farlo scegliere all’avversario, quest’ultimo punto spiegato con uno dei termini di paragone più indovinati: “Solo un pazzo sceglierebbe di sfidare la Royal Navy inglese in mare”.
A Pomigliano godiamo del “gratuito patrocinio” di un artigiano che smuove i flussi elettorali della sua “piccola Patria” con i suoi ficcanti slogan e la sua certosina attenzione alle coreografie del candidato. È Roberto Iossa, sbarazzino medico radiologo, innamorato della politica vera, autentica, ragionata a cui devono in tanti per i vantaggi politici ottenuti. È un Giano bifronte col cuore (infranto) nel moderatismo di centrodestra con sortite passionali verso il renzismo.
Ma al di là delle sue stimabili e sempre fluide idee, è una magmatica fornace di slogan vincenti, uno spin doctor fattosi da solo, che vive la politica oltre gli steccati ideologici, salvo restando in disparte e mettersi al servizio degli altri nella conquista dei successi. Lello Russo come il bonario Del Mastro, devono tanto a questo frizzante fromboliere di parole “che penetrano”. In questo momento se ne sta mestamente in disparte ma quanto vorrebbe esserci!
Un candidato che voglia veicolare la sua credibilità ha bisogno di Roberto Iossa e sua sua organizzazione ossessiva. La politica pomiglianese lo tenga a mente perché senza una figura in retrovia come lui, si farebbe la strada verso la vittoria col fiatone. Chiunque ne abbia capacità, strappi questo gaudente viandante per un paio di mesi almeno dai suoi esodi libertini verso mete inesplorate e gli faccia tornare voglia di occuparsi ancora una volta della sua "piccola Patria".
Questo per dire che alleanze forti e candidati sulla carta forti non bastano perché bisogna inseguire il consenso dove va e da solo un candidato non può farlo. Serve uno spin-doctor che catalizzi i messaggi e sappia veicolarli nel modo e coi mezzi giusti. È un ruolo che non si improvvisa, ma si studia e un candidato non può farne a meno. Organizzazione del consenso, staff, temi da trattare, parole da usare o da evitare, scenografie da bollare. Lo spin è una figura imprescindibile per giocarsela e bene.
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