Ormai nessuno si interroga più sulla origine dello strano, inusuale ma tuttavia dolce nome di "Afrodite" (spesso purtroppo storpiato in Fiorita), che ha contrassegnato e contraddistinto intere generazioni di fanciulle pomiglianesi, come eredità delle loro ave, alle quali era stato indubbiamente imposto nel periodo in cui la Santa era molto venerata e oggetto di un forte e tenace culto a Pomigliano d’Arco, nella Chiesa del Carmine. Purtroppo, però, oggi non resta più alcun segno o memoria del culto di Santa Afrodite, vergine e martire, il cui eponimo si rifà al nome greco della dea della bellezza, corrispondente al latino “Venere”, e le cui uniche tracce sono soltanto nel nome portato ancora da qualche fanciulla del luogo.
Sono spariti gli affreschi sotto la volta, ancora in loco fino agli anni settanta, allorquando furono ricoperti da uno strato di intonaco in occasione di alcuni fra i tanti lavori di ristrutturazione della Chiesa; ma anche delle reliquie e della lapide della Santa, qui portate dai Padri Pisani, egualmente si è persa ogni traccia, essendo state sicuramente condotte via dai Padri stessi, allorché furono costretti a lasciare il Convento nel 1866 per la Soppressione Generale degli Ordini Religiosi. Della Bolla papale, che elevava la Chiesa a Santuario e che era conservata nella Sacrestia della Chiesa, non esiste più traccia, essendo probabilmente andata distrutta o dispersa;
così come sarà accaduto certamente alla statua lignea della Santa, eseguita dallo scultore napoletano Giuseppe Catello e alle figurine e ai libretti di Sant'Afrodite che furono invece eseguiti dallo stampatore D. Filippo Scala. Afrodite era nata e abitava in Asia Minore, in Tracia orientale, nella città di “Berea”. Ella, miracolosamente, come spesso avveniva in quel tempo, si convertì al Cristianesimo per opera del diacono Ammone, subendo per questo il martirio, assieme ad altre quaranta donne, che la tradizione orientale rappresenta in un’unica grande “Icona Sinattica”, comprensiva e riassuntiva spiritualmente e virtualmente di tutte le martiri, ricordate nel “Martirologio Geronimiano” nella data del 19 novembre. Secondo la leggenda agiografica, al tempo dell’imperatore Costantino (280-337), era a lui associato, nella guida dell’Impero in Oriente, Licinio Valerio Liciniano (250-325) e la persecuzione contro i cristiani, cessata definitivamente solo con l’editto di Milano del 313, firmato da entrambi gli imperatori, era ancora sporadicamente in atto;
Licinio aveva mandato come funzionario a Berea il suo messo Baudo, il quale, appena giunto, aveva ricevuto una denunzia contro le quaranta vergini e vedove riunite in una comunità monastica. Baudo, infuriato per la loro irremovibilità e impotente di fronte alla loro dimostrazione di fede, se ne era lavato le mani inviando tutto il gruppo da Licinio ad Eraclea, città che oggi corrisponde a Marmara Ereglisi, nella odierna Turchia. L’imperatore, allora, aveva ordinato che tutte le donne fossero gettate in pasto alle belve ma, poiché, come narra sempre il racconto agiografico, gli animali si rifiutarono di assalirle, allora Licinio si accanì prima sul diacono Ammone e poi sulle vergini, tra le quali vi era la giovane Afrodite. Esse furono, a gruppi, prima martirizzate con innumerevoli supplizi e poi uccise. La data del martirio e della nascita di S. Afrodite alla vita eterna, pertanto, sembra essere stato il 19 novembre del 312.
di Vera Dugo Iasevoli
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