Senatrice Ambrogio, la manovra varata punta molto sul caro bollette e sulla protezione sociale in genere.
Tuttavia è stata varata in fretta perché da poco insediativi. Quando vedremo il marchio della Destra?
E’ vero, la manovra ha dovuto rispettare tempi strettissimi e procedere a tappe forzate. Era necessario evitare
l’esercizio provvisorio e, nonostante gli strali delle opposizioni, il Governo ha dimostrato compattezza, serietà
e preparazione. Una prova del fuoco superata brillantemente, così come riconosciuto pressoché
unanimemente a livello internazionale.
Pur con 21 miliardi (su 35) congelati sul caro energia, il “marchio di Destra” c’è, eccome: innanzitutto perché
rispetta, nei limiti della disponibilità finanziaria e all’interno di una legislatura quinquennale, gli impegni presi
con gli elettori. Una cosa, mi permetta, a cui non eravamo più abituati.
C’è, poi, un’attenzione marcata a misure di carattere sociale in favore dei redditi più bassi, delle famiglie e
della natalità: congedo parentale, assegno unico, rinegoziazione mutui e taglio del cuneo fiscale le più
significative. A ciò si aggiungono l’indicizzazione delle pensioni, con rivalutazione del 120% del trattamento
minimo, l’anticipo pensionistico, il credito d’imposta per le imprese e il Fondo di garanzia per le PMI.
C’è tanta Destra. E ne andiamo fieri.
Maternità surrogata vietata anche all’estero: il timbro è di Fratelli d’Italia. Perché questo provvedimento?
La maternità surrogata è un abominio: è la commercializzazione del corpo femminile e dei bambini. La
mercificazione della vita, ultima follia del pensiero unico, è da contrastare con ogni mezzo e la lotta, perché
la maternità surrogata sia riconosciuta come reato universale, ci vedrà sempre in prima linea.
Bullismo e cyberbullismo sono fenomeni molto diffusi. La radice del fenomeno parte solo in famiglia?
Li ritengo fenomeni molto complessi che, come tali, non possono essere ricondotti ad una singola causa.
La famiglia, indubbiamente, è un fattore centrale: le pressioni, sempre più marcate, del mondo del lavoro
che, di converso, non garantisce più stabilità economica e programmazione, hanno compromesso la solidità
del nucleo fondante della società. In tema educativo, etico e morale, a fronte di un arretramento della
famiglia, si è chiesto alla scuola di colmare tale vuoto. Senza mezzi e risorse adeguati.
Sarà un percorso lento, ma improcrastinabile: ignoranza e violenza si combattono rinforzando i nostri pilastri,
non immolandoli sull’altare della neutralità e della passività multiculturale.
Per Meloni il 2023 sarà l’anno delle grandi riforme. Quale lei ha a cuore e perché?
Due su tutte: quella della Giustizia e quella degli Enti Locali.
Il grado di aleatorietà della giustizia italiana è, attualmente, un fattore che limita o, addirittura, preclude
investimenti e competitività. Il concetto di “Giustizia giusta” è sostanziale e si declina nella riduzione dei
tempi processuali, nell’interpretazione omogenea del diritto, nell’autonomia della magistratura, nella
divisione delle carriere e nella certezza della pena, vero deterrente di dissuasione.
Per quanto riguarda gli Enti Locali, è indispensabile il superamento della riforma Delrio: l’abolizione delle
Province non solo non ha prodotto risparmi, ma ha privato i cittadini di un ente prezioso, ad elezione diretta,
attualmente completamente svuotato di risorse e funzioni.
Il Ddl autonomia spacca il Paese?
No, anzi. Siamo all’inizio delle riforma e, quindi, è impossibile esprimere un giudizio definitivo. Ciononostante,
credo che possa liberare le energie nascoste dei territori: la responsabilizzazione diretta delle Regioni su
alcune deleghe, ad oggi centralizzate, non fa altro che avvicinare la gestione dei servizi ai cittadini. Rimarrà
centrale, in ogni caso, il controllo sul rispetto dei LEA, i livelli essenziali di assistenza: mi sento di escludere
categoricamente una frammentazione regionale su base qualitativa. Mi aspetto, invece, una repentina
ottimizzazione dell’uso delle risorse. Un bene prezioso.
Il nuovo coronavirus non riempie più gli ospedali, i casi gravi sono diventati rarissimi e ormai in pochi si
vaccinano. Alcune case farmaceutiche devono quindi fare i conti con lo sgonfiamento di un business. Il
Covid è stato anche un mercimonio?
Non sta a me dirlo: ci penseranno, eventualmente, magistratura e commissioni d’inchiesta a far luce sui “lati
oscuri” della vicenda. Indubbiamente, come in tutte le dinamiche di portata mondiale, gli interessi in campo
sono stati enormi.
Quasi 12 milioni senza la quarta dose. La sindrome No-Vax ha prevalso?
Mi sembra, molto più semplicemente, che si vada verso una gestione ordinaria e una normalizzazione di un
fenomeno da considerare, ormai, come endemico. In assenza di nuovi fattori, al momento imprevedibili,
ritengo che la libertà di scelta e autodeterminazione sanitaria, pesantemente ridimensionate nella fase
pandemica, debbano giustamente tornare ad essere garantite.
Inviare armi all’Ucraina è il solo modo che ha l’Europa di controbattere Putin in assenza totale di un filone
diplomatico?
Non credo che i canali diplomatici siano completamente interrotti. E non credo nemmeno che l’Europa si sia
limitata a contrastare l’invasione russa solo con l’invio di armi. Sono state imposte sanzioni, pesanti per la
Russia e, allo stesso tempo, pesanti per il tessuto economico e sociale europeo. Per quanto riguarda l’invio
di armi, invece, la decisione si basa su due fattori: il sacrosanto diritto di difesa, da parte uno Stato sovrano,
e la necessità stringente di garantire l’equilibrio militare sul campo, condizione imprescindibile per un tavolo
delle trattative che non contempli rese incondizionate o debellatio.
Cosa ne pensa della vicenda Cospito e del 41 bis?
Probabilmente qualcuno ha pensato di creare e cavalcare, con tutti distinguo del caso, un “Bobby Sands
italiano”, capace di ricompattare un’area politica attualmente frammentata.
Al netto di polemiche (troppe) e toni (eccessivi), ritengo che la vicenda abbia comunque avuto alcuni risvolti
positivi: una trasversale e quasi unanime levata di scudi in difesa del 41-bis, la cui efficacia e centralità non
sono mai stati realmente in discussione, e la capacità dello Stato di non piegarsi a minacce e ritorsioni da
parte dei soliti noti. Una dimostrazione di compattezza che va sottolineata perché, per certi aspetti, non
scontata.
La Bce, in collaborazione con gli esperti di alcune banche centrali europee tra cui la Banca d'Italia, si è
dotata di un nuovo set di indicatori per valutare l'impatto dei rischi climatici sul settore finanziario e
monitorare lo sviluppo della finanza sostenibile. Lei crede in questa variabile?
I rischi climatici e i fattori ambientali sono indubbiamente delle variabili centrali nei futuri scenari economici
mondiali. La sfida è quella di calmierarne gli effetti avversi, puntando su una conversione green sostenibile:
gli attuali “slanci di ambientalismo creativo”, soprattutto da parte dell’Unione Europea, non vanno certo in
tal senso. Occorre far convivere crescita, sviluppo, benessere e occupazione con la necessità di accelerare il
processo. Questo può avvenire solo favorendo la neutralità tecnologica, con il mercato che premierà le
soluzioni più performanti. A riguardo voglio essere chiara: c’è un “dirigismo tecnologico” che non favorisce i
processi di ricerca e innovazione, ad oggi, inevitabilmente a largo raggio. Con le forzature politiche, vedi
elettrificazione “spinta” dell’automotive, rischiamo di perdere intere filiere.
Dobbiamo evitare un ambientalismo ostile. Sarebbe un errore esiziale
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