Negli ultimi anni la nostra società ha subito cambiamenti non solo economici, ma anche di riflesso, sociali. Così si è visto un notevole aumento delle famiglie unipersonali a discapito dei più classici nuclei familiari composti da madre e padre e figli. Un vero e proprio esercito di single, tra separati, divorziati, vedovi che faticano a rifarsi una vita o persone che semplicemente vogliono vivere senza vincoli sociali prestabiliti o che, a causa del lavoro che svolgono, non possono oggettivamente “mettere su famiglia”. Il risultato è che una famiglia su tre è composta da una sola persona. Questo fattore ha cambiato notevolmente anche il mercato. Se prima si guardava con più attenzione al nucleo familiare, ora i single hanno un maggiore potere d’acquisto, che investe i vari settori della vita comune, dal vestiario alle vacanze, dalla cena al ristorante allo sport, tanto da far coniare un nuovo slogan agli esperti del settore: “single è meglio”.
Questo mi ha fatto riflettere sulla mia condizione di single e mi sono posta la domanda se effettivamente, single è meglio e quanto lo è effettivamente. Se è una condizione che pesa o, al contrario, agevola e migliora la vita di una persona, che, scevra da vincoli familiari, deve tuttavia reinventare sé stessa e approcciare una solitudine cercata o imposta, a seconda del caso.
Sono diventata single all’età di 33 anni, con la sentenza di divorzio. Ricordo che mi sentivo una paladina delle libertà conquistate dalle donne emancipate come me. Mia madre, poco amorevole donna dai sani principi patriarcali, invece, mi considerava una depravata, una che aveva rotto un vincolo sacro e che ormai era la prima aspirante per l’Inferno.
Ecco, in quel preciso istante, di fronte all’aula del Tribunale di Roma, io provai anche tanta paura. Quando hai la tua vita fra le mai e spetta a te gestire quel grande dono fatto di incoerenza, incongruenze e meraviglia che è la nostra esistenza, ecco, proprio in quel momento, iniziarono i miei attacchi di panico che mi portai dietro per ben due lunghi anni. Tutta quella libertà, in effetti, io non l’avevo mai conosciuta. Il mio nuovo status di single mi donava un patrimonio enorme da gestire: me stessa. Ma chi ero io in fondo? Io che fino ad allora ero appartenuta a mia madre e alla sua educazione rigida, fin troppo rigida, così rigida da lasciarmi i segni addosso.
Poi ero passata in proprietà a mio marito, che non lasciava molto spazio al mio voler essere persona capace di pensare e volere in maniera differente da lui, che mi disegnava il suo mondo con confini ben precisi. Tuttavia, tra questi passaggi di proprietà sono divenuta mamma, la cosa più bella che mi sia capitata e che mi ha permesso di scoprire una me responsabile. Mentre tutti gli altri mi dicevano cosa fare e non fare, con mio figlio sapevo tutto da sola, era tutto così naturale, io dovevo prendermi cura della vita di una piccola creatura alla quale insegnare ad essere libero. Buffo vero? Io che di libertà non conoscevo nulla, tuttavia sapevo insegnare a mio figlio Lorenzo la libertà. Ma più lui cresceva, più io perdevo il mio ruolo, più veniva a mancare quella parvenza di libertà che avevo iniziato a respirare con lui.
Le mura del matrimonio avevano cominciato a starmi strette. Forse non ero portata per il matrimonio o, chissà, quel matrimonio non era fatto per me. Se c’è una gabbia quello non è amore. Questo l’ho imparato adesso che ho 50 anni suonati, ora che da single non mi sono ripresa degli spazi miei, perché non ne ho mai avuti, però ne ho creati dal nulla dei nuovi.
E’ stato difficile, lo è ogni santo giorno. Perchè affronto qualcosa che non conosco, cammino su di un terreno che non mi è familiare. Ho mille paure. Commetto tantissimi errori. Però sono errori miei, li commetto perché li ho voluti io. Strano, no? Avete mai sentito qualcuno che si vanti dei propri errori? Beh io ne vado fiera, perché sono quella mia parte inespressa per tanti, troppi anni, rinchiusa tra le pareti dei “mai” pronunciati dagli altri.
Persino nel rapporto con gli uomini commetto gaffe da adolescente. Devo ammettere che questo anziché farli scappare, spesso li attira. Non ho ancora capito se ho un gran potenziale da gestire o se ho un grande problema da risolvere nell’immediato! E’ che chiunque incontro ha la fissa per il possesso. Devo aver scritto qualcosa addosso del quale io non mi rendo conto, non so, tipo “vittima sacrificale” ad esempio! Comunque, nonostante queste piccole vicissitudini, essere single non è mica male, ho imparato a conoscermi, a capire cosa mi piace, cosa non voglio, se non si è distratti da altri si guarda più se stessi, se lo si vuole. E’ passato un po’ troppo tempo da quando sono sola, Credo di essere diventata persino incompatibile a qualsiasi forma di convivenza che non sia quella con un gatto o con un cane. Sono migliorata, visto che all’inizio avrei detto un pesce rosso e forse neanche quello!
Tuttavia, ci sono quei momenti in cui manca lo sguardo complice di qualcuno prima di addormentarsi, il condividere la casa, il questo è mio e questo è tuo, il questo anche se è tuo è mio! Il ridere delle cose buffe insieme, litigare su quale film vedere, un bel po’ di anni fa mi mancava desiderare un figlio, avrei voluto un’altra occasione di essere madre, avere un altro dono dalla vita, una figlia.
Da quello che ho detto finora, forse è facile arguire che per la mia vita sono una sposa mancata! Che forse per me single, dopotutto, non è meglio, ma lo è solo per il mercato. Credo che ognuno debba rifuggire dalle etichette che la società ci impone, Dobbiamo essere e volere quello che sentiamo di essere e voler essere. Non siamo un prodotto da pubblicizzare o una fetta di mercato da accaparrare. Siamo donne e uomini del nostro tempo, con le nostre fragilità e i nostri punti di forza in balìa di un mondo prezzolato che dà al miglior offerente le opportunità che ritene più giuste,secondo parametri che esulano dalla persona in quanto tale.
Poco importa se siamo single o meno. L’importante è che scegliamo quello che vogliamo essere. E può capitare che a 50 anni uno si debba costruire da zero, io ne sono l’esempio. E per questo non mi sento affatto in colpa, perché è la mia vita, è il dono che mi è stato fatto e il dono che faccio a me stessa è amarmi per poi amare. Così la vita diventa un cerchio continuo, un flusso, e non un’etichetta che ci attaccano addosso, che ci dice e dice al mondo quello che dobbiamo essere.
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