Lorenzo Crea, tu hai un ruolo politico importante, fai parte dello staff del Sindaco Manfredi. Come si crea una linea di empatia col popolo?
Lavorare con il Sindaco Manfredi, e con il suo staff, è un grande onore ed è soprattutto un elemento di grande crescita umana e professionale per me. Sin dalla sua elezione, il Sindaco ha parlato di un percorso e di uno sforzo collettivo per rilanciare la città. È oggettivo il fatto che quando si è insediato ha trovato una situazione disastrosa: il Comune era ad un passo dal dissesto, c’era sottidimensionamento dell’organico, e la paralisi amministrativa era sotto gli occhi di tutti. Questo per dire che non bisogna mai dimenticare quale fosse il punto di partenza. Un anno e mezzo dopo la città sta meglio, c’è un boom turistico che fa bene alla nostra economia, finalmente i concorsi pubblici (fatti in modo trasparente e senza ingerenze) consentono di recuperare forze “fresche” e qualificate, il Patto per Napoli ha iniziato a dare ossigeno alle casse comunali, e anche sugli eventi la città è tornata ad essere centrale. Il doppio concerto dei Coldplay è attesissimo ma anche la nuova tappa del Giro d’Italia e tante altre iniziative in calendario dimostrano che Napoli è più vivace che mai.
Va tutto bene? No. Ci sono aspetti da migliorare? È indubbio. Ma i napoletani capiscono che c’è un Sindaco che alle passerelle e ai proclami, preferisce la solidità del lavoro e la concretezza della competenza.
Come si parla al popolo napoletano
Napoli, storicamente, è sempre stata una città attratta dai cosiddetti “uomini forti”. E tuttavia l’uomo solo al comando può farti vincere qualche partita ma non il campionato. L’esempio perfetto ce lo offre il Napoli, una squadra priva di un uomo simbolo e dunque destinata a non vincere secondo i canoni abituali. E invece quello che sta succedendo alla nostra amata squadra di calcio dimostra che il collettivo, la forza del Noi alla fine prevale. Ai napoletani, credo, va offerta una visione una prospettiva anche un sogno se vogliamo, ma che sia possibile e che preveda (in in un modo o nell’altro) il coinvolgimento di tutti. I napoletani amano sentirsi parte di qualcosa, sono fortemente identitari e non si accontentano del “fumo con la manovella”. Bisogna parlar chiaro, sempre. Inseguire il consenso facile, ti porta in alto per un po’ ma poi ti sgonfia molto rapidamente. La sincerità e l’onestà sono più lente ma arrivano sempre al traguardo.
Sei in partenza per Sanremo. È una kermesse che fa discutere ogni anno ma ogni volta fa milioni di telespettatori e muove un mercato enorme. Stavolta cosa fa discutere gli italiani?
Come ogni anno il Festival fa discutere il paese, hai ragione. Quest’anno anche di più perché mentre nelle due edizioni precedenti il Covid incombeva e quindi le polemiche erano più sullo sfondo, stavolta ci si può sfogare più liberamente. Come sempre si fa la polemica sui costi. Secondo alcuni Sanremo rappresenta uno spreco inutile. Nulla di più inesatto. I conti parlano chiaro: i ricavi del Festival superano di più del doppio i costi. Senza considerare che c’è un indotto enorme. A questo evento lavorano migliaia di persone, per non parlare del ritorno in chiave di marketing territoriale non solo per la Liguria per l’Italia intera. Questo è il mio ottavo anno al Festival e penso che se da 73 anni milioni di italiani lo guardano è perché è un appuntamento al quale, anche chi non lo dice, non può rinunciare.
Il premier Zelensky sarà a Sanremo. Non ti pare che sia poco opportuno spettacolarizzare una guerra?
Su questo tema mi pare si faccia una confusione inutile. Il Presidente Zelensky è già intervenuto in altre occasioni analoghe, penso al Festival di Cannes o a quello di Venezia, non mi risultano ci siano state le stesse obiezioni. Capisco che gli italiani siano provati dalla guerra: le conseguenze sulla nostra economia sono devastanti.
Ma nel cuore dell’Europa da un anno a questa parte, c’è una nazione ingiustamente aggredita e migliaia di civili muoiono inermi. L’Italia non è un paese neutro: è schierata dalla parte del popolo ucraino e questo è un punto fermo. Se un intervento di pochi minuti del Presidente Zelensky provoca tutte queste polemiche, mi pare franca esagerato. Ogni iniziativa messa in campo per sostenere la loro battaglia, che è anche la nostra, va sostenuta. Dopodiché se a qualcuno non piace, basterà cambiare canale.
Sei un uomo che muove rapporti, un lobbista relazionare si direbbe. Qual è stato l’incontro più significativo che hai confezionato per qualcun altro?
La prima regola di un buon lobbista è non svelare appuntamenti e incontri che dovrebbero restare riservati. Ho avuto la fortuna di conoscere persone come Gianni Letta: da loro ho imparato che le relazioni si coltivano e non declamano.
Però se debbo citare un esempio di lobby positiva come mi chiedi voglio citare “Retexnapoli”: durante il lockdown grazie ai social sono riuscito a riunire decine di persone grazie alle quali siamo stati di aiuto a tante famiglie napoletane che in quelle settimane terribili rischiavano seriamente di non poter più mettere il piatto a tavola. Quella esperienza, la grande forza della solidarietà dimostra che il fare rete è utile se serve all’interesse della comunità più che del singolo.
Ti racconti molto liberamente sui social. È il tuo modo di stare al mondo?
È il mio modo di essere. Quello che scrivo sui social rispecchia nella maniera più assoluta come sono. Talvolta mi è capitato di attirare qualche critica. Ma vediamo di capirci: se faccio qualche battuta in napoletano, sono volgare. Se pubblico foto delle feste o degli eventi ai quali partecipo, sono banale e superficiale. Se parlo della mia vita personale in riferimento, ahimè, alla scomparsa dei miei genitori allora voglio “lucrare” sul dolore. A tutti mi permetto di dire che più che fare da spettatori della vita altrui sarebbe molto meglio essere protagonisti della propria.
Ultimamente hai perso tua madre Graziella, una grande donna. Preservi un monito in particolare di lei
Mia madre è stata e sarà sempre la persona più importante della mia vita. Non ho perso solo un genitore, ho perso un’amica, una maestra, una guida, la persona alla quale raccontavo tutto. Il vuoto che ha lasciato è incolmabile però il suo insegnamento è quello che mi aiuta ad andare avanti: non appartieni a nessuno che non sia te stesso. Come Mamma non ha mai permesso alla sua malattia di d’incidere sul suo modo di essere, io provo a non consentire al mio dolore di modificare in profondità i tratti distintivi del mio modo di vivere.
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Eppure, fra tante peripezie sei vivo, combatti e sorridi. Ma quando sei tra le mura di casa ti prende un po’ di sconforto?
Certo ma anche pubblicamente accade, altroché! Ma lo trovo non soltanto normale ma anche sano. Spesso ci vergogniamo delle nostre sofferenze e delle nostre fragilità, quando sono proprio questi aspetti
a renderci umani e, se vogliamo, speciali. Nessuno cancellerà mai questo dolore ma questo dolore si può trasformare in altro: in malinconia, in nostalgia anche in un velo di tristezza che ogni tanto fa capolino sul volto. La migliore cura però è la vita. E mia madre mi ha insegnato a vivere liberamente e a pieni polmoni.
Famosi sono i party che prepari con minuzia di particolari. Chi deve essere l’invitato ideale alle tue feste
Uno che non chiedere di essere invitato. Adesso sto preparando il party del 14 Febbraio per la riapertura di Nemea e di Muta (ex Shinto). Ci saranno ospiti molto importanti e personaggi famosi, già so che sarò travolto dalle richieste. Ma la regola è sempre la stessa: non sono obbligato ad invitare. Anche perché le scelte sugli inviti, in questo caso, avvengono sempre di concerto con i padroni di casa. Alle mie feste, invece, cerco di essere più flessibile. Ma in quel caso posso decidere in totale autonomia.
Il dolore ti è stato utile?
Se il dolore non è utile, vuol dire che hai sprecato la sofferenza.
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