"Dottore, sto benissimo!"
Me lo disse con in volto l'estasi dei santi, mentre toccava ogni cosa presente sulla mia scrivania. Ecco, per fare diagnosi di stato maniacale basterebbe il mio fastidio, non sopportando minimamente che si tocchino le mie cose.
Non potevo biasimarlo, e chi mai avrebbe potuto? Da meno di una settimana si sentiva benissimo, come mai era stato prima. Come potevo fargli comprendere che questo suo stare bene era, in realtà, uno stare male? Lo stato maniacale è un benessere contro natura: è come quegli amori sbagliati cui non rinunceresti mai, e che vuoi vivere e portare avanti ad ogni costo, a dispetto di ciò che gli altri pensano.
Ci vuoi arrivare all'altare, anche se tutti sanno che ti porteranno alla rovina. Ma, a differenza degli amori malati, uno stato maniacale non è una scelta sbagliata: la mania è un disturbo di cui si è in balia, un qualcosa che si deve trattare, un qualcosa da cui si deve uscire perché sennò... sennò ti può rovinare la vita. Il guaio è che, rispetto a questo stare bene, tutto il resto è stare male. Chi è abituato a vivere su un attico vedrà necessariamente il penultimo piano come troppo basso, o più basso almeno, a seconda dei casi.
Proprio come gli amori di cui sopra: al rosso della passione un amore semplice è di un rosa sbiadito. Ed il rosa non sta bene a tutti. Dovevo trovare un appiglio, un qualcosa che gli facesse accettare una terapia. Aveva sospeso il litio ancora una volta, su consiglio della cugina della portiera del teatro dove faceva scuola di recitazione, e questi ne erano i prevedibili risultati. A che servono una laurea in medicina, una specializzazione ed un dottorato di ricerca in neuroscienze, in fondo, quando puoi dispensare consigli sbagliati ed opinioni non richieste che mettono a repentaglio la salute della gente, forte del tuo unico titolo di studio che è il battesimo?
Non avere titoli serve a non pagarne le conseguenze, neppure morali mi verrebbe da dire, perché sono spesso persone coscienza esenti. Ma, adesso, toccava a me il lavoro sporco. Cosa dirgli? Cosa provare a dirgli inserendosi in questo fiume in piena di parole? Cosa avrebbe mai potuto arginare quei pensieri arruffati che saltavano come pulci? Insomma, cosa mai...
"Marco, la vuoi smettere di toccare tutto?"
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