"Life on Mars" - La rubrica di salute mentale del Dr. Vittorio Schiavone - Parental advisor
Uno che comanda è necessario, che sia un dittatore o un capo democraticamente eletto, perché dal primo si possono prendere le distanze e destituirlo, mentre del secondo se ne può seguire la scia. Gli esempi, che concetto démodé! Ribadisco, non gliene faccio una colpa, ma provo ad analizzare la situazione: una situazione che preferisce la psichiatrizzazione all’ammissione di incapacità perché la prima, semplicemente, permette di demandare ad un altro. È meglio pensare che i figli siano pazzi, ammalati, disturbati che pensare che siano il frutto di una mancata educazione.
Rapporti "disturbati" tra genitori e figli. Ne parla il Dott. Vittorio Schiavone, psichiatra e psicoterapeuta, primario della Clinica Hermitage di Capodimonte (Na)

“Dottore, ma cosa dobbiamo fare quando non vuole alzarsi dal letto per andare a scuola? Lo dobbiamo forzare? Ma se lo facciamo lui fa il pazzo! Possiamo chiamare lei?”.
Avevo imparato una cosa nuova: era mio compito svegliare gli adolescenti che non vogliono andare a scuola. Non lo avevo studiato durante la specializzazione e neppure letto da nessuna parte, in tutti questi anni. I genitori cambiano, e con essi i tempi.
Già, i genitori. Sarebbe semplicistico da parte mia pensarne male, e non mi permetterebbe di inquadrare compiutamente il fenomeno; non c’è un manuale per essere genitori, fanno ciò che possono con il materiale umano che sono e che hanno a disposizione. Tutto un materiale che si incontra e si scontra con il relativismo feroce ed acrobatico cui siamo oramai tutti noi abituati, un universo del tutto possibile fatto di infinite polveri sottili senza estremi, in cui tutto deve essere sfumato.
Oggi niente più ha una direzione netta, perché c’è sempre un’opinione altra in grado di ribaltarla, in grado di avere un altro punto di vista, in grado di smascherare l’inatteso che si nasconde oltre l’ovvio consueto. Miliardi di minuscole teorie senza fondamento, senza fonti, senza capo né coda, che si rifanno a qualcuno o a qualcosa magari di esotico, quando non esoterico nella sostanza; dai “no che aiutano a crescere”, dagli scappellotti e dagli zoccoli volanti siamo passati alla pretesa di una autodeterminazione che i figli proto e tardo adolescenti non possono avere, perché non l’hanno interiorizzata.
Resta da capire, ma io non sono un sociologo grazie a dio, se i loro genitori hanno questa consapevolezza da qualche parte, nascosta in questa galassia di possibilità che ha un diktat unico: allontanarsi dalle regole impartite dai loro genitori, e che non sono riusciti forse a comprendere da adolescenti apparentemente cresciuti che si trovano ora sul ponte di comando. Un comando messo in continua discussione da loro stessi prima che dai figli, che per loro natura tentano il colpo di stato; un comando forse non voluto, un comando che, di certo, sanno di non riuscire a tenere, né gli uni né gli altri. Ho come l’impressione di trovarci in quelle situazioni politiche in cui un partito vince le elezioni solo per la vittoria, senza avere un programma vero, e le opposizioni stanno all’opposizione per dire che tutto fa schifo: queste ultime un programma almeno ce l’hanno, ed è appunto quello del “no”. Chi comanda? Nessuno, appunto.
Uno che comanda è necessario, che sia un dittatore o un capo democraticamente eletto, perché dal primo si possono prendere le distanze e destituirlo, mentre del secondo se ne può seguire la scia. Gli esempi, che concetto démodé! Ribadisco, non gliene faccio una colpa, ma provo ad analizzare la situazione: una situazione che preferisce la psichiatrizzazione all’ammissione di incapacità perché la prima, semplicemente, permette di demandare ad un altro. È meglio pensare che i figli siano pazzi, ammalati, disturbati che pensare che siano il frutto di una mancata educazione. Una educazione che è forse sentimentale ed emotiva, prima che essere comportamentale. Ma io non sono un sociologo e non lo so, perché non ne ho le competenze; certo, potrei cercarmi qualcosa su internet per saperne di più e meglio che qualsivoglia studioso di sociologia dalla esperienza pluriennale: non funziona forse così? Potrei essere io quel riferimento genitoriale, da remoto, cui certi genitori anelano perché, come loro mi dicono spesso “a lei la sta a sentire!”. Ecco un’altra magia dello psichiatra!
Potrei come si fanno tante cose sbagliate nella vita, ma me ne guardo bene: io so fare solo lo psichiatra, e questa non è psichiatria. Come non è psichiatria la violenza, che è un fenomeno sociale complesso e multifattoriale, almeno quando non è un atto inteso come auto o etero aggressività nel contesto di un disturbo, e come tale derivabile e spiegabile. No, la violenza e la delinquenza non sono di per sé oggetto di psichiatria. Credo sia comodo pensare che il male sia una alterazione psichica, ma il male è il male: è reale e vero e fa parte della vita fisiologica, non patologica. Il “pazzo” raramente è violento perché “pazzo”, dobbiamo farcene una ragione, mentre l’uomo è violento perché uomo. È un questione di educazione, dunque?
Questi genitori si devono aspettare che, tra qualche mese o anno, quei figli che non sono riusciti a svegliare per mandarli a scuola daranno fuoco ad un poveraccio che dorme su una panchina o massacreranno di botte un padre di famiglia per una precedenza? Non lo so, non so generalizzare; so solo che gli esempi sono importanti, soprattutto nel nostro mondo in cui tutto sembra facile ed immediato, quasi ovvio e scontato. La frustrazione è scomparsa proprio come l’attesa, e queste sono funzionali e necessarie per la nostra mente proprio come le pause lo sono per la musica.
“Mi spiace, ma a quell’ora il cellulare è spento perché sto lavorando già da almeno un’ora. Proprio come faceva mio padre”.
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