Il coraggio a Lello Russo non è mai mancato. Fin dall’inizio della sua lunga e fortunata carriera politica, che lo ha visto per ben sei volte sindaco di Pomigliano d’Arco. D’altro canto, probabilmente non a caso la sezione del Partito Socialista di Pomigliano, quando lui cominciava ad affacciarsi sulla scena cittadina, era intitolata a un uomo che di coraggio ne aveva dimostrato molto: Salvador Allende, il presidente cileno assassinato durante il colpo di stato targato CIA. Dev’essere vero che i simboli hanno una capacitá di ispirazione.
La prima esperienza come sindaco Russo la inaugurò avviando una nuova stagione politica, nella cittá che negli anni 70 aveva visto la propria identitá completamente stravolta, passando da agricola a industriale. Migliaia di persone erano transitate come manodopera nelle catene di montaggio dell’Alfasud, tutto stava rapidamente cambiando, e a Pomigliano con Russo si inaugurava una inedita stagione: quella delle giunte di sinistra, insieme coi comunisti.
Fu un momento di grande rinnovamento dei programmi amministrativi, la stella di Lello Russo cominciava a splendere in un panorama che aveva spazzato via vecchie prassi paesane, dando spazio a nuove prospettive e ponendo le basi per uno sviluppo della cittá che l’avrebbe resa assai diversa, in termini anche di evoluzione sociale, rispetto ai comuni viciniori.
Lui, Lello Russo, tesseva una rete di relazioni con tutti i ceti cittadini. Perché il suo PSI era un partito trasversale, capace qui più che altrove di intercettare un voto interclassita, che sapeva pescare nell’elettorato operaio come nel ceto medio e nel mondo delle professioni.
I risultati nel volgere di pochi anni si tradussero in un vero e proprio primato, Pomigliano tra gli anni 80 e l’inizio degli anni 90 fu uno dei comuni dove il PSI raccoglieva più voti. E il PSI a Pomigliano era essenzialmente lui, Lello Russo. Che intanto, nel 1992, era eletto senatore, in una delle più brevi (e sfortunate) legislature della storia repubblicana.
Il declino socialista nell’intero paese, pur non risparmiando Pomigliano, ebbe qui altre ragioni, non certo come altrove, dove ad abbattere la credibilitá socialista fu essenzialmente la bufera di tangentopoli. C’entra però la magistratura anche con Lello Russo, che lo priva della libertá e lo costringe a una battaglia giudiziaria che alla fine, dopo oltre dieci anni di processo, lo dichiarerá però completamente estraneo a ogni contesto e accusa criminali. Senza però che nessuno gli chiedesse mai scusa per gli anni che gli sono stati rubati, costringendolo a restare fuori dalla politica attiva.
Quando la bufera di placa, la casa politica di Lello Russo, il suo PSI, nemmeno esiste più. E questo lo costringe a una diaspora, la stessa di tanti altri socialisti. L’avvicinamento al polo di Berlusconi è più che altro una scelta obbligata. Anche perché dall’altra parte ci sono trippe contiguitá col partito dei giudici e delle manette facili. E chi queste cose le ha subite sulla propria pelle, certo non può sentirsi a casa sua li’.
Quando si ripresenta alle elezioni come candidato a sindaco, a molti sembra un azzardo. Lello Russo però ci mette la faccia, sfidando in prima persona ciò che a Pomigliano rappresenta la poderosa macchina del potere bassoliniano. La cittá non gli volta le spalle, anzi. A distanza di tanti anni e dopo tante vicissitudini, Pomigliano non l’ha dimenticato. Lo ripaga cosi’ delle amarezze riportandolo a piazza Municipio.
Chi lo conosce bene dice che il Lello Russo di questa seconda stagione è assai diverso dal politico che era stato negli anni 80 e 90. Il carattere è sempre quello: accentratore, sanguigno talvolta fin quasi al limite, spietato calcolatore di ogni reazione che qualunque azione politica possa determinare. Ma l’identificazione della propria sorte con quella della cittá che amministra resta pressoché totale. Nessuno conosce e capisce Pomigliano altrettanto bene come lui, e questo è un dato con cui qualunque suo antagonista è costretto a fare i conti.
Resta a fare il sindaco per altri dieci anni, due mandati, poi deve per forza lasciare.
Il fallimento del laboratorio a marchio pentastellato Lello Russo lo prevede fin da subito. Ciò che probabilmente non prevede è invece l’incapacitá del campo avversario di primeggiare anche senza averlo come proprio front-men. O forse il punto è proprio questo. E cioè che, piaccia o no, è proprio lui, Lello Russo, il fattore umano capace di dare un senso compiuto a quel campo politico. Che, orfano di Lello Russo, rischia di apparire come un’armata disarmata.
di Francesco Cristiani
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