C’è una storia che potrebbe dimostrare quanto sia importante in politica attraversare il periplo della gavetta, l’accettazione dell’attesa, l’ascolto, bypassare con la speranza i foschi scenari e aspettare di crescere per assuefarsi alle liturgie dell’arte più bella del mondo.
E’ la narrazione di un ragazzo, diventato uomo, marito e padre che tra mille lusinghe ha tenuto la barra dritta ed ha scelto come epicentro delle sue sensibilità morali e politiche un uomo prima che un convitto di coraggiosi, Lello Russo, destinandogli rispetto, abnegazione e supporto, ricevendone una vista machiavellica sulle cose del mondo, ma soprattutto sulle vicende pomiglianesi, di cui ora è fervido co-protagonista diventando una delle leve più in gamba dell’associazione Millesettecento99.
Nacque l’associazione 1799, una data storica, segno di una rivoluzione poi strozzata. Coordinatore era il preside Pasquale Lauri, socialista dai gusti spiccati e buon organizzatore. A lui successe poi Vincenzo Caprioli. 1799 era un’assemblea di irriducibili inizialmente di estrazione radical-pannelliana, ma aperta a tutti, che negli anni erano rimasti fedeli all’ex senatore Russo ed erano motivati a stravolgere i piani del potentato diessino. Impresa ardua, visto che ogni anfratto della vita pubblica della città era occupato da ex PCI, dove drenavano voti e danaro.
Ma non meno ghiotta, visto che il ciclo di potere volgeva alla fine. Ma non c’era paura di figuracce, c’era il popolo che spingeva dietro. Così come il primo Napoli di De Laurentiis non aveva i palloni, 1799 non aveva una sede né una tabella.
Non arriva oggi il suo apostolato laico, ma parte nel lontano 2008, quando da giovinetto sale in sezione a Via Libertà, col compianto padre Tonino, in un contesto in cui c’era un Moloch al potere ed erano impensabili sogni di ribalta. L’assenza di potere di solito allontana la gente che è a caccia di favori e prebende.
Vi trova una manciata di accolita ed un solo giovane e decide di intraprendere questa pazza traversata nel deserto rispolverando doti di fermento e frenesia. Iniziano furenti i dibattiti a tema, non mancarono i primi conciliaboli con le forze d’opposizione ma anche con pezzi di maggioranza stanchi di esser sopraffatti da un potere asfissiante, quello di Michele Caiazzo.
La storia dice che 1799 è forza di governo e Coretti intanto segna la sua ascesa quando Lello Russo decide di ripartire con l’associazione. Coretti ne è organizzatore, tessitore di rapporti, uomo inviato ai colloqui tra partito, figura di primo piano per i parlamenti in piazza, come in ultimo a Piazza Municipio dove ha spolverato tutta la sua verve oratoria accumulata in anni di muta esperienza, con una libertà di irriverenza, passione e responsabilità degna di una leva del 2023.
Nell’era in cui i giovani generalizzano lo scetticismo politico estendendolo in maniera gratuita alle altre sfere dei valori e convertendo l’astensionismo politico in indifferenza generalizzata, lui invita a “partecipare, non stare a guardare”, perché la Politica è tornata e Coretti ne è prima flautata voce.
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