L’uomo è nato per creare, ne era convinto il filoso americano Michael Novak che amava ripetere: La vocazione umana è quella di immaginare, inventare o osare nuove imprese.
Certamente tra le creazioni dell’intelletto vi è il concetto di classe media, ovvero quella parte di popolazione formata da piccoli imprenditori e professionisti, oltre a stipendiati di alto livello, collocati per capacità di reddito tra l’aristocrazia e la classe proletaria. Almeno questa è la definizione con cui, grosso modo, il dizionario Trecani definisce un’ampia parte di popolazione a cui molti economisti hanno attribuito un importante ruolo nell’impalcatura economica del nostro paese.
La classe media, o ceto medio, è un concetto di appartenenza sociale esistente in tutti i paesi europei e nelle nazioni industrializzate ed economicamente avanzate, dal momento che la tenuta del benessere nazionale dipende spesso da questa fetta di popolazione con una buona capacità di spesa, ma non così ricca da poter dirottare ovunque nel mondo e con facilità i suoi acquisti, e non troppo povera da non avere la possibilità di garantire un apporto costante di consumi. Del resto, la consistenza economica di una comunità si regge, da sempre, sullo scambio tra la domanda e l’offerta e la classe media è uno dei protagonisti principali di tale scambio.
Il professor Franzini, docente dell’Università Luiss, ne è convinto al punto da approfondire ricerche sull’argomento. Un suo studio, sulle capacità di reddito della popolazione italiana, colloca la classe media in quella fascia di individui capaci di generare un reddito da trentacinquemila e sessantamila euro annui. Il dato tende a stabilizzare la consistenza numerica della classe media non facendo registrare variazioni significative tra il 2002 al 2018. Contrariamente, però, negli ultimi dieci anni si è registrata una crescita reddituale dal 4% al 6%.
Allora perché, negli ultimi tempi si sente parlare sempre più spesso di una contrazione del ceto medio, fino alle previsioni catastrofiche di una sua possibile sparizione?
La risposta più ovvia resta la crisi lunga economica che –per diverse ragioni– ha favorito la chiusura di molte piccole realtà imprenditoriali, travasando le realtà di aziende locali, incapaci di reggere il confronto con le nuove realtà economiche, nei grossi centri di distribuzione e nei colossi dell’imprenditoria sul web, che hanno fagocitando diverse realtà imprenditoriali territoriali. Nuovi concetti di produzione che hanno scosso il mondo del lavoro, spingendo verso un’obsolescenza precoce molti mestieri a vantaggio di altri. Inoltre, seguendo sempre le osservazioni del professor Franzini, sebbene la ricchezza media degli italiani sia cresciuta, insieme ai redditi pro-capite, come evidenziano le dichiarazioni dei redditi degli ultimi anni, di pari passo e in percentuale maggiore è cresciuta la spesa per i beni di prima necessita, l’energia e i servizi per la salute il ché ha alzato l’asticella tra la classe povera e quella benestante, ma nello stesso tempo ha aumentato il divario con la popolazione ricca che ha visto, si fa per dire, un declassamento del suo stato in favore di una minoranza di super-ricchi che per collocazione finanziaria e capacità operativa hanno potuto accrescere a dismisura i propri patrimoni.
Non bisogna, infine, dimenticare che la costante capacità di spesa (che da sempre ha identificato la classe media), è stata erosa nel tempo dalle sottoscrizioni di mutui o da prestiti contratti dalle famiglie per acquisti di beni mobili e di nuova tecnologia. Di conseguenza, il patriziale dirottamento dei salari per il pagamento di tali impegni ha escluso una buona parte dei consumatori dal circo degli acquisti quotidiani, favorendo la percezione dell’assenza della classe media tra le trame del tessuto economico. Il problema ha naturalmente anche risvolti di natura culturale e demografica oltre che fiscale che non può essere esonerata dalle sue responsabilità dal momento che soffoca costantemente il libero sviluppo economico terreno fertile su cui attecchisce e prospera la cosi detta classe media.
di Mario Volpe - scrittore
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