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La caduta della partitocrazia e il primato della mediocrazia

Velleca Donato • 10 aprile 2022

La caduta della partitocrazia e il primato della mediocrazia

La fase attuale dello sviluppo umano in termini tecnologici e di pensiero ha creato un nuovo modo di pensare e interagire. La globalizzazione, oltre alle merci e la produzione, ha reso il globo più piccolo simile ad un villaggio dove è più facile osservare, capire e riflettere su vari aspetti della vita sociale ed individuale.


Il pensiero strutturale-funzionale, che avvolgeva gran parte delle organizzazioni e del nostro agire sociale, ha avuto un evidente decadimento lasciando il posto a pensieri ed agire individuali, giusti o sbagliato che siano, a seconda del punto di vista e della situazione, formando così una vasta stratificazione culturale, politica e morale.


Sotto il peso della crescente evoluzione individuale e della internazionalizzazione economica e culturale le organizzazioni hanno subito significativi cambiamenti e stanno evolvendo in modo non palpabile, in un no luogo-

Il vuoto che si creò con il crollo del regime fascista, l’indebolimento della monarchia e la crisi dello Stato fu riempito dalla Chiesa e dalle organizzazioni politiche, ovvero, i partiti politici che divennero riferimento sempre più importante non solo per i cattolici ma per tutta la popolazione italiana.


La Democrazia cristiana ha occupato un ruolo centrale sia nella storia del cattolicesimo italiano e, più in generale, dei cristiani d’Italia, sia nella storia del paese nel suo complesso. Per un cinquantennio, è stato il partito che ha goduto del sostegno della gerarchia ecclesiastica e ha raccolto gran parte del voto cattolico, malgrado le profonde evoluzioni del rapporto tra mondo cattolico e partito democristiano.


In un singolare intreccio, conflittuale ma anche complementare, con gli altri grandi partiti di massa, si è sviluppato un rapporto articolato e complesso tra istituzioni politiche e la variegata realtà della società italiana, che ha conferito una peculiare solidità alla cosiddetta Prima repubblica, sconosciuta a periodi precedenti e successivi della storia unitaria.

Tale intreccio si è dispiegato in ogni settore della vita pubblica ed economica controllando e gestendo lo "scambio sociale". 


George Homans, economista e sociologo statunitense, ha elaborato la teoria dello scambio che si basa sul seguente principio: i soggetti interagiscono tra di loro dopo aver considerato i costi e benefici passati e potenziali.

I partiti politici costituiscono organizzazioni e strutture funzionali in processi attraverso cui gli organi, i ruoli e le strutture si formano e si sviluppano, si differenziano e si coordinano favorendo lo scambio culturale e ideologico quale strumento di aggregazione, di sforzo e di lotta.


Man mano che la società italiana evolveva e gli ideali si assottigliavano sempre più sotto la spinta della modernizzazione e la scomparsa delle "classi sociali", i soggetti gestori delle organizzazioni politiche occupavano tutti i ruoli chiave delle istituzioni governative che gestivano secondo la teoria dello scambio, ovvero voti in cambio di prebende e di ricompense economiche, rendendo così la struttura priva della sovrastruttura (ideali e senso di appartenenza) e quindi non più attrattiva.


Il termine tangentopoli viene usato in Italia per definire un sistema diffuso di corruzione politica in enti pubblici e frazioni di partiti il cui funzionamento apparve dominato dalla ricerca di tangenti. In tal senso, il termine divenne sinonimo di corruzione, come "scambio" di denaro privato per accesso privilegiato alle decisioni della pubblica amministrazione. 

 

Più che scambio individuale tra corrotto e corruttore, esso venne via via riferito a sistemi di corruzione allargata, con scambi molteplici, complessi e sistematici, tra cartelli di imprese private, clan di uomini politici e amministratori pubblici, intermediari e, talvolta, boss mafiosi.

La situazione descritta, l'affievolimento delle ideologie, l'avanzata della globalizzazione e la diffusione dei mass media, hanno creato un nuovo modo di aggregarsi, discutere e pensare anche in modo sincretico.


Finita l'era del pensiero universalistico il "popolo" ha una visione più immanente, più rivolta alle necessità materiali di sicurezza e benessere individuale e all'abbattimento delle diseguaglianze più strettamente economiche finanziarie.

I partiti così detti tradizionali hanno esaurito la loro spinta propulsiva e si sono arrestati su posizioni che sanno di vecchio, incapaci di esprimere nuove idee e nuovi modelli aggregativi.


Finita ormai la visione manichea delle correnti del pensiero politico, la sfida non più ideologica si gioca per il progresso, il benessere e la scienza, lottando per un mondo sempre più libero dove l'uomo ritrova la sua essenza di essere pensante e compartecipe delle scelte rivolta a dargli una vita se non felice almeno sopportabile.

L'agorà si è spostata nel web cambiando liturgia, non più idealistica e fideistica ma fortemente pratica e laica.

Ucraina docet.






organiżżazióne s. f. [der. di organizzare]. – 1. In biologia: a. Insieme di processi attraverso cui organi, apparati e strutture si formano, si sviluppano, si differenziano e si coordinano così da costituire un organismo vivente: l’o. dell’embrione, del feto. b. Il modo con cui un essere vivente (animale o pianta) è organizzato, la sua particolare struttura anatomica e funzionale: l’o. degli echinodermi è diversa dall’o. dei molluschi; animali di basso o alto grado di o.; passaggio di piante (o animali) da un tipo di o. acquatica a un tipo di o. adatta alla vita terrestre. c. In patologia, o. di trombo, processo di fibrosi cui va incontro un trombo: ha inizio dalle pareti vasali con travate di connettivo che invadono il trombo sino a sostituirlo del tutto. 2. Nel linguaggio com.: a. Attività intesa a organizzare, cioè a costituire in forma sistematica un complesso di organi o di elementi coordinandoli fra loro in rapporto di mutua dipendenza in vista di un fine determinato: o. di uno stato, delle forze armate, di un’amministrazione, di un ufficio; l’o. dei servizî pubblici. Più genericam., predisposizione di tutto ciò che è necessario alla realizzazione di qualche cosa: o. di un convegno, di una mostra, di uno spettacolo. b. Il modo in cui un organismo, un istituto, un ente è organizzato, cioè il suo ordinamento strutturale e funzionale: l’o. amministrativa di uno stato, di una provincia, di un comune; aspirare a una nuova o. della società; l’o. di una fabbrica, di un’industria; o. aziendale; o. del lavoro; o. eccellente, perfetta, buona, difettosa. c. In senso assol., il fatto stesso di essere organizzato, cioè ordinato secondo criterî funzionali: avere, non avere o.; mancare, difettare di o., espressioni che possono essere riferite anche a persona singola, per indicare la sua capacità organizzativa. d. Con sign. concr., corpo organizzato, associazione di persone collegate tra loro in una struttura organica per cooperare a un fine comune: o. giovanili; o. cattoliche; o. sindacali; organizzazioni di massa, di cui fanno parte grandi masse di aderenti; un’o. terroristica. Anche nome di istituti e organismi a carattere internazionale, la maggior parte dei quali fanno capo all’O. delle Nazioni Unite (v. nazione), come l’O. internazionale del lavoro, con sede a Ginevra, l’O. per l’alimentazione e l’agricoltura (sigla FAO, dall’ingl. Food and Agriculture Organization), con sede a Roma, l’O. delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura (sigla UNESCO, dall’ingl. United Nations Educational Scientifical and Cultural Organization), con sede a Parigi, ecc.




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