La Campania si attesta sempre più drammaticamente ai primi posti per “morti bianche” e incidenti sul lavoro. Dietro una mattanza che non conosce soluzioni di continuità, dietro i freddi numeri delle statistiche, ci sono donne, uomini, madri e padri di famiglia. Non dimentichiamolo mai.
Ci sono le loro storie, quelle di persone che rischiano la vita non per una guerra, come drammaticamente ci rimandano le immagini di questi giorni, ma semplicemente per assicurare - in un paese ad economia avanzata - un’esistenza dignitosa a sè e ai propri figli. Eppure oggi, specie qui da noi, questa è la situazione; anzi, assistiamo ad un’accelerazione spaventosa verso numeri ancora più tragici.
Basti pensare che, pure nel primo bimestre del 2022, la Campania è tra le regioni con i maggiori aumenti percentuali per quanto riguarda le denunce di infortunio e quella in cui si sono registrati già sette decessi, praticamente uno alla settimana. Tutto nel silenzio generale delle Istituzioni, in un rimbalzo cinico di responsabilità che mina le possibilità di un’occupazione stabile e sicura, diritto dei cittadini sempre più soltanto apparente. Infatti, quando andiamo a fare i conti con la triste realtà dei fatti, ci scontriamo con la mancanza di misure per la sicurezza dei lavoratori, con una gestione fallimentare e con l’immobilismo assoluto, elementi costanti - anche su questo fronte delicatissimo - del governo regionale guidato da Vincenzo De Luca.
È sotto gli occhi di tutti come in Campania la situazione sia drammatica, perché nella nostra regione mancano i controlli e manca il sostegno alle imprese, senza i quali si favoriscono lavoro nero e precariato, rendendo sempre più difficile per gli imprenditori onesti pure investire in sicurezza. È per questo motivo che da tempo ho chiesto di avviare un tavolo regionale permanente, non rituale, ma fattivo e capace di individuare soluzioni efficaci che, con i fatti e non a parole, garantiscano la sicurezza dei lavoratori, che sta alla base del concetto stesso di occupazione dignitosa.
Ancora di più in Campania, dove trovare un’occupazione regolare è francamente complesso e addirittura casuale, complici l’assenza di politiche attive del lavoro che si assomma all’inefficienza dei centri per l’impiego: due effetti amplificati dall’interruzione, tanto repentina quanto nefasta, di quel percorso di modernizzazione, anche informatica, del settore che era stato avviato, prima dell’arrivo dell’attuale amministrazione regionale, con la piena condivisione e il coinvolgimento dell’intero sistema produttivo campano.
Anzi - spiace persino doverlo sottolineare - ma il ricorso sistematico ad una logica accentratrice che non prevede alcun confronto con gli altri, né riconosce quanto fatto in precedenza, si è accompagnato ad una totale assenza di strumenti alternativi. Risultato? Nessun investimento per potenziare le reti multimediali che permettono di sondare costantemente l’andamento del mercato del lavoro, che favoriscono l’incontro di domanda e offerta di lavoro e tutti quei processi per il sostegno all’occupazione e la finalizzazione dei percorsi formativi.
Nessun programma o misura di sostegno che accompagni la persona nel percorso verso il lavoro e aiuti l’impresa a poter occupare manodopera qualificata che l’aiuti a stare sul mercato. Le risorse, che pure oggi sono addirittura superiori rispetto al passato (la dotazione dei fondi europei per il seiennio 2021/27 è la maggiore di sempre!), restano invece nel cassetto per la clamorosa incapacità di individuare obiettivi e mettere in campo misure.
E allora diciamolo con chiarezza. Il tempo è ampiamente scaduto, o si attivano immediatamente azioni che assicurino sicurezza nei luoghi di lavoro e contrastino seriamente le altre pesanti criticità legate ai modestissimi tassi di occupazione, oppure il lavoro, in Campania, continuerà ad essere una chimera, destinata ogni tanto a trasformarsi persino in dramma. E si continuerà, tristemente, ad aggiornare i tragici bollettini degli infortuni e delle “morti bianche”.
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