L'editoriale - L'e-commerce e l'impatto sull'ambiente
Dal click al pacco ormai passano poco meno di settantadue ore e, così, la nuova frontiera della distribuzione e del commercio si è ben adeguata allo sviluppo dell’high-tech e della globalizzazione.
Oggi infatti, acquistare un prodotto da casa è facile e salutare come bere un bicchier d’acqua. Facile, dal momento che la maggior diffusione di connessioni internet e la disponibilità di computer e cellulari hanno naturalizzato l’interazione uomo macchina, che agli inizi degli anni ’80 sembrava destinata soltanto a pochi eletti. Salutare per il nostro benessere psico-fisico, dal momento che il tempo sottratto agli spostamenti per le compere può essere dedicato alla cura del corpo e della mente, o ad attività ricreative. In più, una maggior diffusione del commercio elettronico faceva ben sperare in favore dell’ambiente, come fu pronosticato dalla prima transazione on-line dell’11 agosto del 1984.
Quando Dan Khon vendette, con rudimentali sistemi di e-commerce, un CD ad un suo amico a Philadelphia che pagò, merce e spedizione, con carta di credito, attraverso una transazione a distanza. Da quel momento supposizioni, sperimentazioni e audaci proposte economiche fioccarono nella mente di fantasiosi imprenditori, i quali immaginarono un mercato mondiale ecosostenibile dovendo produrre soltanto ciò che veniva richiesto, limitandone l’invio di forniture ai centri di stoccaggio. Le merci infatti, a loro dire, avrebbero stazionato presso i magazzini dei fornitori e trasportate al domicilio del cliente solo al momento dell’acquisto, riducendo l’emissione di gas nocivi dovuti ai trasporti delle forniture ai negozi tradizionali.
La nascita di portali quali E-bay, Amazon e tanti altri è sembrata la soluzione definitiva a uno stile di vita sempre più frenetico e poco ecologista. In effetti le aspettative non sono state totalmente deluse, dal momento che lo scambio di servizi o beni immateriali come: viaggi aerei, biglietti per cinema e teatri, brani musicali, film, software o e-book, prometteva una concreta riduzione dei gas di scarico per tutti coloro che adoperavano l’auto per recarsi nei punti vendita dentro e fuori città. Ma la possibilità di accedere a un mercato mondiale con facilità disarmante ha concentrato il potere economico nelle mani di un numero limitato di aziende creando, di fatto, dei monopoli globalizzati ai danni di piccole realtà, costringendole alla chiusura per la riduzione progressiva delle quote di mercato.
Oggi realtà come Amazon, che hanno reso Jeff Bezos il suo fondatore, tra gli uomini più ricchi del mondo, hanno falcidiato numerose attività commerciali di quartiere favorendo una perdita d’occupazione non compensata dai posti di lavoro offerti dal colosso americano; senza contare il dirottamento dei profitti verso sedi legali implementate in paradisi fiscali dove la tassazione è molto vantaggiosa rispetto all’Italia, generando un vortice di concorrenza sleale che danneggia le nostre imprese.
Purtroppo, oltre alle numerose controindicazioni relative al settore della concorrenza e della minor tassazione, l’Europa, con uno studio recente ha determinato che dal 2006 l’incremento del commercio a distanza ha impattato negativamente sull’ambiente e sulla qualità dell’aria per l’aumento dei mezzi commerciali adibiti alle consegne e alla pratica del reso, usata da molti consumatori per restituire merce difettosa o non conforme alle aspettative. Una pratica che ha riversato in Italia, per i soli acquisti su Amazon, oltre 44,4 milioni di tonnellate di CO2 per la frenetica circolazione dei suoi ventimila furgoni adibiti al servizio del cosiddetto ultimo miglio. L’allarme lanciato da numerosi osservatori ha puntato il dito anche sull’incremento dei materiali per il confezionamento e l’imballo. Tanto è che tonnellate di plastica, cartone, legno e schiume di protezione mettono a dura prova il sistema di smaltimento dei rifiuti, senza parlare dei prodotti restituiti – che se pur commercializzabili – vengono trasferiti in discariche o centri di raccolta.
Purtroppo, una scarsa conoscenza della filiera del commercio elettronico, unita a una pigrizia crescente dei consumatori che auspicano per sé stessi una maggior tutela, ha contribuito irresponsabilmente a un lento deterioramento della crescita economica e degli sforzi ambientalisti. Sforzi, spesso, perpetrati con abnegazione dagli stessi cittadini che ogni giorno effettuano i loro acquisti on-line, contribuendo alla crescita di un sistema monopolistico e inquinante. Tutto ciò in nome delle contraddizioni di una società vincolata e assuefatta a un gregge mediatico.
Mario Volpe, scrittore
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