Secondo la teoria di Erikson (1963), la capacità di stabilire relazioni improntate all’intimità e alla cura degli altri è tra i compiti principali che ogni persona deve affrontare nelle fasi iniziali e intermedie della vita adulta. Da questo punto di vista la teoria di Erikson riprendeva la visione di Sigmund Freud, il quale definì la “maturità emozionale” come la capacità di amare e lavorare.
L’amore romantico è simile nella forma e nei meccanismi sottostanti all’attaccamento che i bambini molto piccoli sviluppano verso i genitori. In entrambi i tipi di relazione il contatto fisico, le carezze e il fissarsi intensamente negli occhi hanno un ruolo essenziale nello stabilirsi del legame, inoltre è molto frequente l’uso di un linguaggio infantile. Quando la relazione amorosa funziona bene nei partner regna un sentimento di reciproca fusione e prevale un senso di esclusività, ovvero la sensazione che la persona amata sia insostituibile. I 2 partner si sentono sicuri e fiduciosi sopratutto quando sono insieme e lo stare separati può provocare segni fisiologici di sofferenza. Analogamente a quanto avviene nella prima infanzia, anche nelle relazioni amorose dell’età adulta lo stile dell’attaccamento viene classificato:
SICURO—> caratterizzato da un senso di fiducia e di benessere;
ANSIOSO—> caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione sull’essere o meno amati dall’altra persona;
EVITANTE—> caratterizzato da scarse espressioni di intimità o di ambivalenza rispetto all’impegno.
I risultati di ricerche condotte tramite interviste o questionari indicano che vi è continuità fra la qualità dell’attaccamento nella relazione amorosa e quella che nel ricordo dei soggetti caratterizzava la loro relazione infantile con i genitori ( Mikulincer e Shaver 2007).
Le persone che ricordano come calda e sicura la loro relazione con i genitori descrivono in genere in termini simili anche la loro relazione amorosa.
Coloro che ricordano quella prima relazione caratterizzata da ansia e ambiguità tendono a descrivere negli stessi termini anche la relazione che vivono da adulti. A tal proposito, riporto l’esperienza di una mia paziente che chiamerò con un nome di fantasia Lucia. Lucia è una donna di 40 anni, al primo colloquio mi dirà di soffrire di “ mal d’amore”: <<Ho la dipendenza affettiva>>. Mi racconta di una serie di relazioni che si strutturano tutte con la stessa dinamica: quando avverte che il partner si allontani Lucia tende ad avere una crisi d’abbandono assumendo comportamenti eccessivi come riempire di messaggi o chiamate il compagno o pedinarlo. Ciò porta questo ad allontanarsi a lei fin quando non avviene la rottura. Lucia mi parla di sua madre e del fatto che questa le ripeta costantemente che non potrà mai avere un uomo “ Nessuno vuole stare con te”.
La sua infanzia è caratterizzata da una relazione evitante con sua madre, questa passa poco tempo con lei e la maggior parte di questi rari momenti tende a mortificarla e ad umiliarla. Lucia mi racconta che in adolescenza era ossessionata dall’idea di deludere ancora di più sua madre per cui ogni qual volta che aveva un voto non adatto alle sue aspettative sviluppava idee suicidarie. <<Non potevo tollerare di deluderla ancora di più>>. Lucia negli anni ha sviluppato l’idea di “ non valere abbastanza”. La relazione con sua madre si rispecchia a quella dei partner.
Le cause all’origine di questa continuità possono essere numerose compresa una tendenza a colorare i ricordi dell’infanzia con le esperienze vissute da adulti. Tuttavia la maggioranza dei ricercatori che studiano l’attaccamento interpreta questo dato come una prova a favore della teoria proposta da Bowlby secondo la quale le persone sulla base delle esperienze vissute con i caregiver nella prima infanzia, si formano modelli mentali delle relazioni intime, modelli che sono poi trasferiti alle relazioni stabilite in età adulta.
Diventa importante, sin dall’adolescenza, riconoscere relazioni instabili familiari e richiedere aiuto in psicoterapia.
di Laura Giampaglia - Psicoterapeuta
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