Costanzo Jannotti Pecci (Confindustria Napoli): "L'autonomia differenziata spacca il Paese"
Intervista a Costanzo Jannotti Pecci (Confindustria Napoli): "L'autonomia differenziata spacca il Paese.I conti pubblici territoriali indicano con evidenza che la spesa pubblica pro capite è inferiore al Sud rispetto al resto del Paese. Prendiamo atto del notevole impegno finanziario di cui si è fatto carico l’esecutivo e che ha comportato, fra l’altro, anche il rinvio, nel prossimo futuro, di altri interventi come una più incisiva riduzione del cuneo fiscale. L’auspicio è che il costo dell’energia si abbassi nei prossimi mesi. Bisogna puntare con determinazione a formare e qualificare le persone, svilupparne vocazioni e attitudini, cogliendo le tante opportunità offerte dal nuovo modello di sviluppo.Condivido, al fondo, la necessità che la vita privata di un cittadino non venga spiattellata dai media solo perché indirettamente coinvolto in una o più intercettazioni. Francamente, mi chiedo se non sia quantomeno singolare che dei parlamentari, pur nel pieno esercizio delle loro prerogative, si preoccupino di far visita in carcere ad un pericoloso pregiudicato che, per sua scelta, sta male e invece non si preoccupino dei tanti detenuti, sicuramente non di pari e acclarato livello criminale, che sono in condizioni di salute peggiori e non per loro scelta. Sorge il dubbio che il detenuto Giuseppe Rossi non faccia notizia al pari di Cospito. "

- Presidente parliamo di autonomia differenziata. La Lega afferma che convenga più al Sud che al Nord. Lei che opinione ha?
I conti pubblici territoriali indicano con evidenza che la spesa pubblica pro capite è inferiore al Sud rispetto al resto del Paese. Vi sono ritardi nel Meridione in termini di dotazioni infrastrutturali ed erogazioni di servizi. In una condizione in cui i diritti di cittadinanza non vengono assicurati conformemente in tutta l’Italia, il Presidente di Confindustria Bonomi ha fatto bene a segnalare il pericolo che l’autonomia differenziata, se mal concepita, possa spaccare il Paese. Prima di procedere bisogna assicurarsi che siano definiti i Lep, i livelli essenziali di prestazione, con conseguente indicazione dei fabbisogni e dei costi necessari a soddisfarli, provvedendo a finanziare le amministrazioni non dotate di adeguate risorse. Solo allora si potrà procedere a estendere poteri di intervento regionale, con esclusione delle materie che riguardino il superiore interesse nazionale, come ad esempio istruzione, energia, tutela ambientale.
- Tra non molto il RdC scemerà, in molti casi era una cintura sociale importante. Si aspetta sommosse popolari?
Partiamo da una premessa. Il reddito continuerà a essere percepito per la grande maggioranza degli attuali beneficiari: soggetti fragili, persone che non possono lavorare, ecc. Per gli altri, per lo più giovani inoccupati o disoccupati, è eticamente giusto ed economicamente produttivo pensare a percorsi di formazione e inserimento in realtà lavorative. Credo che prendere atto del fallimento dei centri per l’impiego e rendere più diretto il rapporto tra chi domanda e chi chiede il lavoro sia la strada da imboccare. Non penso a sommosse, ma ritengo doveroso promuovere politiche attive del lavoro che riducano al minimo i rischi di disagio sociale.
- Parliamo di Pnnr. Come spenderebbe i soldi spettanti al Meridione?
In due direzioni. Recupero del gap infrastrutturale e di servizi. Sostegno alle imprese nella fase di transizione, sette-dieci anni, necessaria a superare le persistenti diseconomie. Bisogna rendere il Sud attrattivo per nuovi investimenti endogeni o esogeni. La decontribuzione per chi opera nel Mezzogiorno, in tal senso, dovrebbe essere prorogata almeno a tutto il 2030 se non, ancor meglio, resa strutturale.

- Il caro energia mette a dura prova l’esistenza delle imprese specie qui al Sud. È soddisfatto della manovra di bilancio varata dal governo in tal senso?
Prendiamo atto del notevole impegno finanziario di cui si è fatto carico l’esecutivo e che ha comportato, fra l’altro, anche il rinvio, nel prossimo futuro, di altri interventi come una più incisiva riduzione del cuneo fiscale. L’auspicio è che il costo dell’energia si abbassi nei prossimi mesi. Nel medio termine occorre agire con determinazione per assicurare al Paese una condizione di autosufficienza, superando dipendenze ad alto rischio come quella con la Russia. Penso a rigassificatori, implementazione delle rinnovabili, in prospettiva anche nucleare pulito di nuova generazione. In questo scenario, anche con la diversificazione delle fonti di approvvigionamento esterne e la loro canalizzazione lungo il territorio meridionale, il Mezzogiorno dovrà essere l’hub energetico per il Paese e per altre aree europee. Ci sono poi delle criticità che rimangono sullo sfondo e del quale poco si parla. Mi riferisco a due questioni in particolare: la rigidità delle Soprintendenze che frena la realizzazione di impianti fotovoltaici anche in situazioni dove, oggettivamente, il tema della tutela è solo un aspetto formale e non sostanziale, e l’assurda previsione che per la realizzazione delle Comunità Energetiche i soggetti coinvolti, in primis le imprese, debbano afferire alla medesima cabina primaria. Occorre che questo incomprensibile vincolo venga assolutamente rimosso se effettivamente si vuole favorire un percorso virtuoso verso l’autoproduzione di energia elettrica.
- Voi annunciate l’Umanesimo 4.0 e l’industria 4.0. In questa evoluzione l’uomo di medio-basse condizioni che ruolo avrà?
Noi siamo per uno sviluppo sostenibile, che significa non solo attenzione alla salvaguardia ambientale ma anche all’inclusione. Nessuno deve essere lasciato indietro. Ma ciò non significa separare una società del lavoro 4.0 da un’area di emarginazione sociale oggetto di mere politiche assistenziali.
Bisogna puntare con determinazione a formare e qualificare le persone, svilupparne vocazioni e attitudini, cogliendo le tante opportunità offerte dal nuovo modello di sviluppo. Che riduce gli sprechi di risorse, con l’economia circolare, e delinea profili professionali innovativi ma anche adeguamenti di antichi mestieri artigianali, per effetto dell’evoluzione tecnologica.
- Cosa c’è di non più rinviabile che il Sud non si può permettere in termini sociali ed economici?
Direi non il Sud, ma l’Italia e l’Europa. Bisogna fare sul serio del Mezzogiorno il motore produttivo del Paese. Ve ne sono tutte le potenzialità, occorre solo una politica fermamente orientata a conseguire il risultato, dalle Istituzioni centrali a quelle locali. L’attuale tasso di occupazione del Sud è insostenibile, deve salire almeno al 60% nei prossimi anni. L’incremento considerevole del Pil che ne deriverà ridurrà il debito pubblico superando il rischio default del Paese. Un rischio che non vuole correre innanzitutto l’Europa, che non a caso fin da prima della pandemia ha ammonito il nostro Governo a un utilizzo appropriato e non distorto dei fondi strutturali, dunque come aggiuntivi e non sostitutivi di quelli ordinari. È giunto il momento di fornire risposte concrete a questo invito perentorio. Ne va del futuro nostro e ancor più delle nuove generazioni.

- L’inflazione alta frena tra le tante cose i consumi. Cosa si riverbera sulle nostre imprese?
In un’economia di trasformazione l’aumento dei prezzi penalizza il sistema produttivo ancora di più rispetto ai Paesi detentori di materie prime. L’impresa italiana, peraltro, grazie all’innovazione e al dinamismo che la caratterizza, ha finora ridotto i danni del caro prezzi rispetto a quella di altri Paesi. Speriamo che il trend si inverta, ci sono segnali che vanno in questa direzione. Molto dipenderà comunque da fattori esterni non governabili, come il conflitto in Ucraina. Una considerazione, però, si impone: non è assolutamente accettabile che l’inflazione che sta caratterizzando l’Europa, determinata esclusivamente da fattori esterni, sia combattuta come sta facendo la Lagarde, con un continuo aumento dei tassi che, se non si assesteranno su valori ragionevoli, finiranno per “strozzare” la ripartenza dell’economia continentale a favore di quella d’oltreoceano come, peraltro, già sta accadendo.
- È d’accordo con le enunciazioni del ministro Nordio in tema di intercettazioni?
Condivido, al fondo, la necessità che la vita privata di un cittadino non venga spiattellata dai media solo perché indirettamente coinvolto in una o più intercettazioni.
- Che ne pensa della vicenda Cospito?
Francamente, mi chiedo se non sia quantomeno singolare che dei parlamentari, pur nel pieno esercizio delle loro prerogative, si preoccupino di far visita in carcere ad un pericoloso pregiudicato che, per sua scelta, sta male e invece non si preoccupino dei tanti detenuti, sicuramente non di pari e acclarato livello criminale, che sono in condizioni di salute peggiori e non per loro scelta. Sorge il dubbio che il detenuto Giuseppe Rossi non faccia notizia al pari di Cospito.
- Una giustizia che funziona attrae investimenti esteri, invece siamo fanalino di coda per velocità dei processi. Quanto ci costa?
Auspico che la riforma della giustizia riduca i tempi dei processi, civili e penali, conferendo maggiore concretezza al principio della certezza del diritto ed eliminando quindi uno dei principali freni allo sviluppo di nuovi investimenti. Il maggiore danno sta proprio qui: un recente studio Deloitte ci dice che l’Italia è il Paese europeo con il valore medio più basso in termini di flussi di Investimenti diretti esteri (Ide) in percentuale al Pil (25% nel 2020 verso una media area Euro del 77%).

- Formuli un decalogo di cose da fare e lo consegni al governo
1. Politica industriale che promuova il Mezzogiorno come motore produttivo del Paese.
2. Utilizzo celere e mirato dei fondi ingenti disponibili per superare i divari territoriali, dal PNRR al Fondo Sviluppo e Coesione, ai Fondi europei, anche consentendo alle istituzioni territoriali di dotarsi di competenze e professionalità realmente in grado di concorrere al migliore e tempestivo utilizzo dei fondi.
3. Maggiore coordinamento delle politiche di coesione, assicurando poteri congrui al livello nazionale per promuovere interventi infraregionali in grado davvero di impattare strutturalmente sul gap esistente, contrastando la proliferazione e frammentazione degli interventi.
4. Sostegno alle imprese che operano nel Sud compensativo delle diseconomie che altrimenti rendono impossibile affrontare ad armi pari la sfida competitiva. Rendere ‘strutturale’ la decontribuzione per chi opera nel Mezzogiorno.
5. Accelerare il processo di semplificazione normativa riducendo drasticamente i tempi di attesa delle imprese nei loro rapporti con l’amministrazione. Imprimere un forte impulso al decollo delle Zone economiche Speciali.
6. Rilanciare le politiche di supporto all’innovazione, sul modello Impresa 4.0.
7. Rifondare la formazione, riducendo le distanze tra domande delle imprese e offerta di lavoro. Diffondere gli ITS.
8. Fare del Sud, in un Mediterraneo tornato al centro dei flussi di traffico mondiali, l’hub energetico dell’Europa realizzando le infrastrutture di trasporto, condividendo che gli altri Paesi europei questa scelta strategica.
9. Promuovere l’economia circolare.


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