Benvenuti e bentrovati su sTRUtto & parruCCO.
Oggi ho l'onore, e il piacere di ospitare, nella mia rubrica, Michele Magnani, Global Senior Artist di M.A.C Cosmetics.
Innanzitutto, mi piacerebbe, aprire questo nostro incontro ringraziandoti per essere intervenuto. Tutti ti conoscono per il sodalizio intrapreso con uno dei più noti marchi produttori di cosmetici su scala mondiale: La Make-up Art Cosmetics, più largamente, e comunemente conosciuta come M.A.C Cosmetics.
- Come è iniziata questa lunga storia d’amore in Mac?
“Nel 2001 entro in MAC, brand che avevo conosciuto a Londra, prima che venisse aperto in Italia, e che mi aveva affascinato enormemente. Mi ero già formato come make-up artist in un’accademia, a Firenze, e lavoravo per conto mio, poi incontrai un amico, che lavorava in MAC, il quale mi annunciò che stavano cercando un make-up artist così, lanciai tutto alle ortiche, e lasciai il lavoro che stavo facendo. Ho iniziato in un counter a Firenze, che mi ha ridonato la vita e la gioia di vivere, perché grazie a questo lavoro, ho potuto affinare quelle che sono le tecniche di make-up attraverso un pubblico, così eterogeneo, che mi ha permesso di truccare la ragazzina di 16 anni con l’acne, ma anche la signora over, che magari, aveva problematiche diverse e inoltre: l’indiana, l’africana, la giapponese, la cinese, uomini, donne e così via. È stato il mettere in pratica ciò che avevo imparato, per cui ha rappresentato una grandissima emozione e opportunità per poter fare un’ampia esperienza; inoltre, mi è servito a innamorarmi, sempre di più, di questo brand che per me, è unico e inimitabile”.
- Da osservatore esterno sembra che il brand si ponga, e si proponga, ai professionisti di cui si avvale, e al suo pubblico come una grande famiglia, quale è la sua forza?
“In MAC c’è una grande community fatta di make-up artist professionisti che lavorano in MAC, ma anche, di make-up artist che lavorano al di fuori di MAC, di celelebrities, di influencer, c’è un senso di appartenenza molto forte, che ci rende, particolarmente orgogliosi, di far parte di questa community”.
- A proposito di make-up e autostima mi piacerebbe disquisire con te sul tema.
Secondo la Dottoressa Emma Lerro Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo- Comportamentale: “L’autostima è la valutazione complessiva che diamo di noi stessi. Tale giudizio può basarsi tanto su ambiti specifici, come ad esempio l’aspetto fisico o l’intelligenza quanto su aspetti più generali, come la percezione del proprio valore in quanto persona. Concetto di sé e autostima non sono quindi la stessa cosa. Se il primo è l’insieme delle caratteristiche con cui descriviamo noi stessi, l’autostima si riferisce alle valutazioni e ai sentimenti sui contenuti del concetto di sé”.
Secondo il concetto del sé, se potessi descriverti, come lo faresti?
“Sono una persona risolta che convive, in maniera serena, con le proprie fragilità. Credo di essere una persona umile (e questo non vuole essere un complimento a me stesso), che sa di avere delle aree di miglioramento. Sai, quando ti guardi allo specchio ti devi poter riconoscere e, devi, non vedere delle ombre perché altrimenti, si trasforma nello specchio del luna park, quello dove ci sono tutte le faccine che ti distorcono, e io voglio potermi guardare e dire: anche oggi ho fatto un buon giorno di lavoro, non ho pestato i piedi a nessuno, ho rispettato le persone, le persone mi hanno rispettato, mi voglio guardare limpidamente perché diversamente, sarebbe uno stress troppo forte per me. A volte, vorrei aver prestato, ancora, più attenzione perché magari, a causa della fretta, non mi sono accorto di certe cose. Io mi pongo tutte queste domande e cerco sempre, il giorno successivo, di fare meno errori del giorno precedente, poi a volte ci riesco e a volte no, siamo umani però cerco di farlo”.
- Quali sono le esperienze (professionali e non) che hanno contribuito a formare e ad accrescere la tua autostima?
“Io non ho una grandissima autostima, perché sono una persona che parte dal presupposto che bisogna, sempre, cercare di crescere come individuo, e non solo, come professionista. Ritengo di essere, soltanto, a metà del mio percorso, c’è sempre un qualcosa, in divenire, che mi da la possibilità di potermi migliorare, di fare autocritica, non mi sento arrivato e questo, mi consente di potermi mettere in discussione ogni giorno, è uno stimolo a cercare di guardare sempre oltre”.
- La massificazione del make-up è un fenomeno potente, le tendenze globali influenzano le pratiche locali contribuendo a creare una sorta di standardizzazione della bellezza. Hai notato, anche tu, una massificazione nelle richieste dei tuoi committenti?
“Io vorrei trasmettere un messaggio di speranza: noto che le nuovissime generazioni proteggono, molto di più, le loro unicità. Sono molto attente all’ambiente, alla sostenibilità e anche all’aspetto fisico e questo, mi fa sperare, che la massificazione non si protragga nel tempo. Sebbene sia vero, che la massificazione esiste posso dirti, che l’aver fatto pace, molto tempo fa, con me stesso, mi permette di accettare anche il desiderio, che a volte comprendo, e a volte meno, di chi è alla ricerca di una bellezza stereotipata; se il make-up può aiutare nel processo di accettazione allora, ben venga, che lo si utilizzi come si vuole. I trend globali esistono, ma credo che vengano, sempre più, adattati alla propria fisicità, perché oggi è tutto molto più inclusivo. La parola “inclusività” è stata utilizzata, da MAC, già nell’84 quando i brand, non avevano ancora compreso il cambiamento in atto, MAC è stato il primo brand accogliente in questo senso, non ha messo paletti a nessuno, tutti erano i benvenuti in MAC, e questa è una cosa bellissima. Nella mia percezione, trovo centrale il lavoro dell'ascolto; oltre ad ascoltare la richiesta specifica della persona, cerco di capire cosa mi sta raccontando, cosa mi sta chiedendo in realtà attraverso di essa, e come posso io mettere le mie conoscenze, a sua disposizione, per farla convivere, senza snaturarla, con una nuova versione di sé. Non amo replicare per omologare, preferisco cucire sul viso, come fossi un sarto un qualcosa, certamente di ispirato, ma al contempo, rispettoso dell’unicità della persona senza, necessariamente, dover correggere. Se invece, una determinata particolarità, proprio non consente di viversi bene, si può decidere di minimizzarla, con l’uso del chiaroscuro, spostando l’attenzione altrove. Ci sono donne, molto affascinanti, perché dotate di una grandissima sensibilità, intelligenza e temperamento. Ci sono moltissime icone, dotate di un particolare carisma, che non rispondevano ai canoni estetici delle epoche in cui hanno vissuto, ma che grazie alla loro personalità e alla loro intelligenza, accompagnate da un buon make-up, hanno saputo rendersi immortali. Pensa, per esempio, ad Anna Magnani, il primo Oscar italiano, ne La rosa tatuata in cui riusciva ad essere sia bella che brutta, sicuramente particolare, ma carismatica e affascinante, proprio perché dietro, la sua immagine, c’era una grandissima intelligenza”.
- Voracità di acquisto e “bulimia” da click. Spesso riempiamo carrelli di cose che speriamo possano fare da analgesico a vuoti emotivi. A proposito di questo, quanto credi (se lo credi), possa incidere godere di una buona autostima al fine di sviluppare una capacità di scelta che sia funzionale all'acquisto consapevole?
“Quello della bulimia da click è un argomento interessante; penso che la mancanza di una buona autostima renda, certamente, più fragili e influenzabili; questo può far si che si ricorra all’acquisto compulsivo nel tentativo di colmare taluni irrisolti cercando un appiglio che possa fortificarci. In alcuni casi funziona, e in altri no permanendo, unicamente, la ricerca spasmodica di un qualcosa che sappia farci sentire più sicuri e apprezzati. Credo però che quando la bulimia da click non venga intesa, esclusivamente, come accumulo (perché in quel caso bisogna andare a ricercare il motivo per il quale si ha questo tipo di atteggiamento patologico), penso che questa possa mirare, anche, al contenimento di questi vuoti con delle piccole ricompense, che diamo a noi stessi per la fatica che facciamo quotidianamente e questo, significa volersi bene e, anche in questo caso, da parte mia non c’è giudizio. L’importante è non essere patologici e dare il giusto valore all’acquisto che si è fatto”.
- Ogni anno, il 5 ottobre, si celebra la giornata mondiale degli insegnanti.
Maria Montessori ha detto: “Amateli gli alunni, come fossero i vostri figli. Loro lo sentono cosa proviamo per loro. In base a ciò che sappiamo dare, tanto potremo ricevere”. È certamente auspicabile formarsi in un clima che sia sì professionale, ma al tempo stesso anche accogliente e meritocratico, certamente disciplinato e rigoroso, ma non invalidante/abusante. Quanto è importante, secondo te, la validazione emotiva (il processo di riconoscere, legittimare e validare l’esperienza emotiva) di un alunno in percorso di formazione professionale?
“Se ci pensi è un investimento il voler bene, e il volere che questi crescano nel migliore modo possibile. Prima di tutto, serve a creare dei buoni esseri umani, e con il termine essere umano intendo, anche, l’essere umano nell’atteggiamento per questo, è importante, questo punto; perché se siamo umani, siamo delle brave persone in grado di rispettare, anche, le categorie più fragili, siamo persone non indifferenti a quello che abbiamo intorno. Questo significa investire sia sui giovani, quanto sul nostro futuro, perché poi saremo noi a ritrovarci nelle categorie più fragili. Per questo non possiamo non preoccuparci di tirar su delle nuove generazioni sensibili, e attente, a quello che abbiamo intorno.
- Pensi possa essere importante dove si sceglie di formarsi, e con chi, al fine di riuscire a sviluppare capacità che ci rendano non solo performanti, ma anche liberi pensatori, e operatori di settore creativi?
“ La formazione è essenziale per costruire, su basi solide, la propria personalità e il proprio stile. Penso che sia necessario anteporre l’anima al rigore, perché il rigore ti inquadra in un modello, avere un'anima ti fa essere, prima di tutto, una persona creativa e questo, vuol dire saper leggere quello che gli altri non vedono, significa avere un’identità forte che può esprimere, senza paure, anche un punto di vista diverso nell’interpretare le cose che ci sono intorno a noi; in quanto l’omologazione è la cosa più pericolosa, che è avvenuta per anni, e che rende le persone gestibili invece, noi vogliamo persone uniche, ognuno con un valore e un potenziale da poter esprimere, e più persone saranno così e più il mondo sarà ricco e non impoverito. Credo che ci voglia, prima di tutto, un'autocritica che ci porti a capire quando è il momento di lasciare spazio alle nuove generazioni. Io questa domanda me la faccio spesso; finché c’è uno scambio, reciproco, posso andare avanti, il giorno in cui mi accorgerò che attingerò solo da loro e non potrò più dare loro niente, nonostante la mia knowledge, la mia expertise, quando queste non saranno più sufficienti sarà un dovere, per me, lasciare il posto a una persona della nuova generazione. Inoltre penso che il contribuire a sviluppare quella che è l’immaginazione e la creatività nelle persone, sia importante affinché si possa predisporre un cammino per creare genialità”.
Dalla mia Rubrica sTRUtto & parruCCO per oggi è tutto.
Vi ricordo che potete seguirmi anche sul mio profilo instagram: Marra Marianna
Io e Michele Magnani vi diamo appuntamento, alla settimana prossima , per la seconda parte della mia intervista. (Clicca qui per la seconda parte)
Come sempre grazie per essere stati in nostra compagnia e, mi raccomando, attivate il countdown.
A prestissimo.
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