di Mario Sorrentino
Ci troviamo in pieno periodo natalizio e anche se in questi anni lo stiamo vivendo in modo più sobrio e pacato, abbiamo tutti decorato l’albero nel nostro salotto, comprato regalini per i nostri cari e cucinato pranzi per la famiglia o gli amici. Sono tradizioni che conosciamo da sempre, quando arriva la fine di novembre, si aziona il pilota automatico ed entriamo nello spirito natalizio senza neanche accorgercene.
Noi esseri umani non rinunceremo mai a tutto questo, in nessuna parte del mondo, perchè non conta la latitudine, l’istruzione e il ceto sociale: il Natale è uguale per tutti e in qualsiasi posto ci troviamo, questa festa ci accomuna e ci fa sentire parte di un’unica collettività.Pochi di noi hanno riflettuto su dove e quando è nato il Natale, quello dell’albero, delle decorazioni, dei dolci, della famiglia.
Vi sorprenderete, ma il Natale, con le sue usanze e tradizioni tramandate fino ad oggi, non è così antico come vi aspettereste e non esisterebbe senza lo zampino di Mr. Charles Dickens!Tutto ebbe inizio con un libro,”A Christmas Carol,Un Canto di Natale” romanzo breve pubblicato in Inghilterra il 19 dicembre del 1843. Il giorno di Natale, prima di questa data, veniva a malapena contemplato e quasi mai festeggiato.
Molti non lo consideravano affatto come periodo di vacanze e le persone lavoravano come in qualsiasi altro giorno dell’anno. In una Inghilterra del diciannovesimo secolo, dove il divario tra classi sociali era ben netto, lo sfruttamento minorile era normale e l’analfabetismo altrettanto, non c’era posto per la magia del Natale tantomeno per la compassione e l’altruismo.
Tutto cambiò quando Dickens decise di scrivere il primo racconto di una incantevole raccolta, che aprì immediatamente il cuore di tutti coloro che lo lessero.Dickens iniziò a scrivere quello che sarebbe diventato A Christmas Carol nell’ottobre 1843.Le tematiche sociali affrontate da Dickens, in questo come in altre sue opere,evidenziarono le disparità sociali promuovendo una nuova consapevolezza tra le classi abbienti.Complice la reggenza della Regina Vittoria, sposata con l’amato principe tedesco Alberto di Sassonia, il ritorno alla famiglia, all’amore del focolare e l’integrazione tornarono vivi e il Natale diventò la festa degli affetti e dell’allegria,tra tradizioni appena nate ed altre ritrovate.Ecco perchè Dickens è considerato l’inventore del Natale, o per la precisione, dello spirito natalizio così come è arrivato fino ai nostri giorni.
Nelle mani di Dickens, il Natale torna ad essere un tempo per riunirsi con la famiglia, celebrare lo spirito di generosità e festeggiare allegramente.Soprattutto, il periodo natalizio è un’opportunità per sintonizzarsi su una frequenza più alta e per prestare le nostre voci al ritornello che canta uno dei brani più antichi e migliori di tutti: la canzone del potere redentore dell’amore.
Nell'epoca vittoriana il Natale era festeggiato solo come festa sacra dai religiosi puritani a cui non piacevano gli eccessi e le influenze pagane. Non era un giorno di festa e di gioia, non c’erano pranzi sontuosi e tutti andavano al lavoro.L’epoca Vittoriana era un’epoca destabilizzata, in mutamento, alla ricerca di nuove identità sociali, culturali e anche morali.
Dickens e i suoi tre spiriti si collocano qui, a segnare come uno spartiacque il passaggio alla modernità. E a smuovere le coscienze.Qualcosa cambiò, quando lo scrittore decise di ambientare il suo racconto a sfondo sociale, nella notte di Natale.”Un canto di Natale” racconta di un avaro ed egoista uomo d’affari, tale Scrooge, incapace di apprezzare il calore della famiglia e cosa forse peggiore, sordo all’altruismo e all’amore per il prossimo.
La storia si svolge la notte della Vigilia, quando Scrooge incontra i 3 fantasmi del Natale: passato, presente e futuro. Questi lo condurranno in un viaggio onirico che lo porterà a pentirsi del suo comportamento aprendo il cuore alla pietà e ai buoni sentimenti. Il vecchio capirà di aver sprecato la sua vita, comprenderà l’importanza della famiglia e dell’amicizia diventando una persona nuova, come pervasa da quello spirito natalizio che aveva sempre rifiutato.Infatti,in epoca vittoriana non c’era un vero attaccamento al nucleo familiare, fu solo dopo la metà del 1800 che si stabilì una vera e propria connessione tra Natale e famiglia.
Merito fu sempre di Mr Dickens, che grazie al suo libro, ancora oggi celebriamo il Natale come festa della generosità, dello scambio di doni ed auguri, da passare con i propri affetti familiari. Il libro dello scrittore parla di povertà in un’epoca dove i bambini erano maltrattati e lavoravano già in tenera età. Da quel mondo veniva Charles Dickens, che per un periodo della sua vita si trovò a lavorare in un calzaturificio assieme ad altri ragazzini come lui. Lo scrittore venne traumatizzato dall’esperienza a tal punto, che in quasi tutti i suoi scritti è sottolineata la tragica realtà del tempo. Il “Canto di Natale” svegliò le coscienze così che, in Inghilterra, si consolidò l’usanza del Boxing Day.
Da allora che il 26 dicembre le classi abbienti, uscivano in strada per distribuire doni ai bisognosi. Venivano regalati cesti e scatole di cibo, vestiti, giocattoli per i bambini e anche se molti lo facevano più per moda che per spirito caritatevole, l’importante era smuovere le coscienze verso un fine più importante: l’altruismo sociale. Per tutto questo, dobbiamo a Charles Dickens, l’invenzione dello Spirito Natalizio, nel suo significato più intimo e positivo.E',appunto,con il “Canto di Natale” che Charles Dickens riuscì a rinnovare e a far crescere l’entusiasmo per una festività alla quale nessuno era più interessato.
E oltre al fuoco acceso di un focolare, è soprattutto al calore che abbiamo dentro che penso. Un calore che si alimenta con le cose semplici, essenziali, autentiche. Un sorriso, uno sguardo, un abbraccio. Quelle che fanno emergere il nostro lato migliore. Le cose che ci fanno volere più bene a noi stessi, da Seneca,”si vis amari ama”. Penso agli occhi di chi ci guarda con amore, di chi ci incoraggia sempre, di chi alzando un calice, cercando il nostro bicchiere, brinda ancora alla vita.
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