Non c'è la Chiesa dietro di me, mi candido per senso di responsabilità verso chi è stato bypassato dagli interessi della politica, mi rivolgo a quella parte di città che già da alcune tornate amministrative ha dimostrato di voler uscire dalla logica del “voto familiare”. Saranno i temi a decidere chi vale la pena di esser considerato. Porterò con me la mia fede, io sono un cattolico-democratico rispettoso della legge, se c'è una legge che lo impone io allora iscriverò all'anagrafe i figli delle coppie gay, mentre sono contro la mercificazione dell'utero. Vengo dalla periferia, sono di Paciano, uno dei quartieri che più vive il senso di abbandono delle istituzioni e che risponde a questa situazione rafforzando in proprio i legami comunitari. Attraverso le associazioni, attraverso le piccole attività commerciali, attraverso trame e relazioni che ci consentono di aiutarci anche se l’aiuto non arriva da chi vi dovrebbe provvedere. La politica di Pomigliano pensa che tutto si risolve nei 500 metri che vanno da piazza Primavera a piazza Sant’Agnese. Ma la città vive anche e soprattutto altrove.
Ti presenti al cospetto di quella che si potrebbe dire una falange macedone, la coalizione guidata da Lello Russo. Dove trovi il coraggio di affrontarla?
Da un lato è coraggio, certo. Ma in parte maggiore è senso di responsabilità. Tre generazioni – la mia, quella un po’ più grande di me e quella che mi segue – stentano a uscire dal guscio e a fare una proposta alla città con la propria faccia e le proprie idee. Sento la responsabilità di rappresentare risorse della città che non riescono a dire “voglio provarci io”. Devo dire che questa è la motivazione per me più forte. E sento il sostegno della rete politica PER, una realtà di persone serie, competenti e per bene che sono sicuro verrà premiata perché è l’unica vera novità di questa competizione elettorale.
Ti senti rinfrancato dal fatto di andare da solo slegato dai tatticismi vuoti della sinistra?
Rinfrancato no, diversamente non avremmo partecipato ai tentativi di costruire un’alleanza. Diciamo che l’epilogo della vicenda mi dà la possibilità, questo è vero, di vivere la campagna elettorale restando su corde che sento maggiormente mie.
A quale porzione di popolo in particolare ti rivolgi e con quali temi?
Alla mia generazione, come ho detto. A chi, come me, da molti anni presta il proprio servizio agli altri gratuitamente e silenziosamente, lontano dai riflettori. A quella parte di città che già da alcune tornate amministrative ha dimostrato di voler uscire dalla logica del “voto familiare”. Alle famiglie che si sono insediate da pochi anni nella nostra comunità e che cercano riferimenti per partecipare più consapevolmente. I temi che mi stanno a cuore sono il contrasto alla povertà e alla dispersione scolastica, le alleanze educative, lo sviluppo sostenibile, lo sviluppo del piccolo commercio nell’ottica del costruire comunità, l’innovazione. La sicurezza, perché da papà di due ragazzi che iniziano a mettere la testa fuori casa con gli amici, desidero che i luoghi in cui si incontrano, al centro e in periferia, non siano “terra di nessuno”. E la cultura, a partire dalla situazione molto problematica della Fondazione Imbriani, che richiede un intervento urgente. Lì sono in gioco i diritti dei lavoratori, una situazione inaccettabile. Inoltre, sullo sport bisogna fare molto di più. Da ragazzo ha “salvato” me insieme all’impegno associativo, oggi aiuta i miei figli a crescere. Lo sport a Pomigliano deve essere a misura di tutte le tasche e la vecchia gloriosa Polisportiva comunale è ormai “non pervenuta”. Le periferie devono inoltre avere spazi attrezzati polivalenti per praticare diverse attività sportive: il modello per realizzarli è quello della cooperazione tra imprese e associazioni, coinvolgendo le comunità nel reperimento dei fondi. Mi sta molto a cuore lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili: l’amministrazione comunale ha un importante ruolo di “regia”. Il tema della qualità dell’aria che respiriamo è poi improcrastinabile: ci vogliono soluzioni serie e determinate da concertare con la comunità, anche con gli operatori economici. Come rete politica PER abbiamo delle idee e vogliamo confrontarle con quelle degli altri candidati. Desidero però che molte proposte le avanzino direttamente i nostri candidati al Consiglio comunale, perché sono loro che ci hanno lavorato con un rigore che non si trova facilmente in giro.
Porterai con te la tua "ferrea" fede cristiana nell’agone politico?
Mi viene in mente il famoso sketch di Massimo Troisi sul lavoro a Napoli. “Lavoro nero, lavoro minorile… solo lavoro e basta non se ne trova”. Quindi “ferrea fede” non comprendo cosa voglia dire. La fede è una dimensione della persona che non richiede aggettivi. Mi chiede se porterò questo bagaglio con me in politica? Mi pare scontato, senza questo bagaglio non sarei qui. Ognuno arriva su questo terreno con il proprio bagaglio.
A proposito, registreresti all’anagrafe i figli di coppie gay?
Ecco, grazie della domanda perché mi permette di essere chiaro. Io sono un cattolico-democratico. I cattolico-democratici ritengono che i temi controversi debbano essere sottratti al conflitto ideologico e oggetto di mediazioni legislative alte, equilibrate e serie tra tutte le principali culture politiche realmente rappresentative di un sentire popolare. I grandi partiti, invece, non avendo ormai alcuna differenza sulle politiche economiche e sociali, si “buttano” sui temi sensibili per caratterizzare la loro identità, affidando a minoranza agguerrite di ultrà il compito di dettare l’agenda. Questa premessa per rispondere alla domanda: se c’è una legge che prevede la registrazione, la legge si applica che il sindaco sia Peppone o don Camillo. Se non c’è una legge, non si può fare. Vale quanto accaduto a Milano, con il sindaco Sala che ha dovuto interrompere le registrazioni perché non c’è al momento una legge che lo consente. Poi posso scendere nel dettaglio e nell’opinione personale, non mi sottraggo: come i vertici dei movimenti femministi, come le leader di Podemos in Spagna, come la maggioranza del Parlamento francese, coma la larghissima maggioranza del Parlamento italiano, sono contrario all’utero in affitto, che mercifica il corpo di donne povere, e al contempo sono dell’idea che quando un bambino è qui e vive in un nido stabile e accudente la soluzione deve tener conto solo del suo miglior interesse, di nient’altro. Non sono una personalità da “stereotipi”: farei lo ius soli o ius culturae o come volete chiamarlo domani mattina, dipendesse da me, perché è una vergogna continuare a considerare non italiani ragazzi che sono parte integrante delle nostre comunità. Su altre questioni cercherei la migliore mediazione possibile non in piazza o sui social, ma in Parlamento. Ma se c’è un totale stallo legislativo su questi temi è perché a destra e a sinistra conviene continuare a usarli come bandierine elettorali. Mi scuso per la lunghezza, ma era necessario.
Qual è il punto debole dei tuoi avversari?
Mi piacerebbe parlare molto delle nostre proposte, ma a domanda rispondo perché sono un suo collega e so che sviare è reato. Rispetto molto Lello Russo e Vito Fiacco e non vedo l’ora di incontrarli nei confronti pubblici. Ho una curiosità fortissima di misurarmi con loro. Credo che il punto debole di Lello Russo sia parlare, dopo moltissimi anni di politica attiva, di rinnovamento della classe dirigente, ma il suo stesso essere in campo è in qualche modo la sconfessione di questo proposito. Non conosco ancora molto bene Vito Fiacco, posso dire che in generale vedo una tendenza della sua parte politica ad andare sulle questioni “macro” che sono importantissime, sia chiaro, ma che non sono il cuore del governo di una città. Ma ripeto: sono fiducioso, la città vedrà confronti tra persone che si rispettano.
Qual è il tuo punto di forza?
Credo l’equilibrio nell’affrontare i temi e la libertà. Sono in una condizione di grande libertà, in questa campagna elettorale.
C’è l’ambiente ecclesiastico dietro la tua discesa in campo?
Chi conosce davvero la Chiesa nemmeno penserebbe a una cosa del genere. La Chiesa è una istituzione saggia e prudente che parla a tutti e con tutti. Trovo davvero strano e anche a tratti inquietante che una persona che vuole proporsi in politica debba quasi difendersi dall’“accusa” di essere credente.
Come si coniugano fede e laicità?
Si coniugano nella persona, non con una miscela magica. Ho studiato nelle scuole statali. Ho frequentato un’università statale. Vivo i luoghi di tutti. Vivo la vita di tutti. Ho relazioni con tutti. Lo faccio essendo ciò che sono e non mutando pelle a seconda dei contesti.
In ultimo, vieni dalla periferia. Quale grido d’allarme proviene da quelle parti?
Sono di Paciano, uno dei quartieri che più vive il senso di abbandono delle istituzioni e che risponde a questa situazione rafforzando in proprio i legami comunitari. Attraverso le associazioni, attraverso le piccole attività commerciali, attraverso trame e relazioni che ci consentono di aiutarci anche se l’aiuto non arriva da chi vi dovrebbe provvedere. La politica di Pomigliano pensa che tutto si risolve nei 500 metri che vanno da piazza Primavera a piazza Sant’Agnese. Ma la città vive anche e soprattutto altrove. Bambini, giovani, professionisti, nuove famiglie… abbiamo bisogno di farli partecipare altrimenti avremo una dissociazione sempre più forte tra una élite politica autoreferenziale e la città vera. Le periferie sono stanche di essere “visitate” solo in campagna elettorale, e credo che lo faranno capire. Noi portiamo in campagna elettorale un recupero-simbolo: il recupero del cortile Cappella in via san Pietro. Immaginiamo che su quel cortile, che ha significato molto nella storia del quartiere, possa svilupparsi un progetto che sia insieme di edilizia sostenibile, promozione del piccolo artigianato e di aggregazione comunitaria.
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