Era il ‘69 quando avevo 24anni. L’età di Vito Fiacco detto Fender, candidato sindaco di Pomigliano. Il maggio francese del ‘68, aveva provocato uno tsunami politico che da Parigi si propagó in tutta Europa. In Italia la contestazione studentesca aprì lo scontro nelle scuole, nelle università, e, nel mondo del lavoro, nel’69, l’autunno caldo. “Operai, studenti, uniti nella lotta”, fu lo slogan che meglio sintetizzó la saldatura tra i due mondi, tale da innescare un processo inarrestabile di trasformazione della società.
I sessantottini sono stati i protagonisti di quell’epoca, i ribelli di una società da cambiare. È così che nel maggio del ‘70, la democrazia entra nelle fabbriche con lo “Statuto dei Diritti dei Lavoratori “, nuove strade si aprono con le conquiste salariali nei contratti nazionali di categoria del ‘73, e con le “150 ore”,( ore annuali retribuite per chi voleva studiare), nelle fabbriche si afferma la nuova figura del lavoratore-studente. L’operaio diventa perito tecnico e dalla catena di montaggio assume le responsabilità di capo linea , sovvertendo la precedente gerarchia aziendale.
Quei ragazzi, diventati adulti, partendo da esperienze “ dal basso” e facendo la gavetta, chi nei partiti, chi nel sindacato, chi nei movimenti, hanno rappresentato la classe dirigente e la spina dorsale del nostro Paese, dal dopo guerra ad oggi. A nessuno veniva in mente di proporsi a capo di cosa , men che meno a sindaco di una città importante come Pomigliano, avendo il senso della misura e, come si dice, i piedi per terra. L’esperienza politica/sociale del 24enne Vito, si forma in una realtà meno strutturata, con strumenti e tecnologie più sofisticate; nella comunicazione si è passati dal TAZEBAO ai social, e le piazze sono immense, se pur virtuali.
Questi nuovi mezzi creano l’illusione di avere tutto il mondo ai tuoi piedi, di conoscere tutto lo scibile umano e di avere, in un attimo, tutte le soluzioni adatte a qualsiasi problema. In questa dimensione globale, le parole perdono il rigore di prima, il loro peso specifico, che varia a seconda di chi le dice; poco importa se nello spazio breve sono in contraddizione tra di loro. La confusione che si riscontra nel programma che Vito Fiacco espone , anche in pillole ( ci vuole un Maalox per digerirlo), deriva dalla difficoltà di mettere insieme idee prese un po’ di quà e un po’ di là , a seconda che si ispiri a Berlinguer o a La Pira, o a Pannella , suoi riferimenti politici -culturali, che metterli insieme , specie sui diritti civili (divorzio, aborto, eutanasia, LGBTQ+ …) e sul rapporto Stato-Chiesa, è più arduo che comporre il cubo di Rubik.
Rifugiarsi nella formula preistorica “Essere di sinistra “ come si definisce Vito Fiacco, non lo salva dal pressapochismo del suo programma e non gli attribuisce la patente del “Migliore”, di togliattiana memoria. Dall’alto della sua prosopopea sferza giudizi sommari su questo e su quel candidato per evitare un confronto serio e sereno sui problemi da affrontare. Definire Lello Russo camaleontico perché si posiziona sui carri dei vincitori, è sbagliato nell’analisi e nella conoscenza della storia politica del “Sindaco”. Lello non sale sui carri dei vincitori , ma fa vincere i carri su cui sale, e da buon nocchiere sa condurli nelle migliori scuderie.
La buona politica si esprime quando si è in grado di governare le mutevoli realtà con le quali bisogna fare i conti giorno per giorno, senza farsi trascinare e travolgere, come è già successo. Racconta una storia da mosche nocchiere chi presenta una realtà immobile, fissa nel tempo, e marchia da camaleonte chi riesce ad inserirsi nelle mutate realtà ed a veicolare in esse i valori , questi, si, fissi, anzi, raffforzati. Si può cambiare il carro , ma la coerenza sta nel portare sul nuovo carro gli stessi valori di sempre, ampliati e rafforzati.
È così che Lello Russo ha costruito la coalizione dei riformisti. Un lavoro che non è da tutti, visto il risultato a cui sono giunti gli altri. Mettere insieme 11 liste di diversi , e identificarli in valori comuni , è possibile solo se si ha capacità di sintesi , solo se si ha un alto senso della democrazia . Altro che accentratore. Vito Fiacco, detto Fender, ha conosciuto queste difficoltà vivendole in prima persona nei lunghi e asfissianti incontri che ha avuto per mettere insieme una coalizione alternativa che non è mai partita, per individualismi che nessuno ha saputo controllare.
Egoismi e camaleontismo si sono sciupati a iosa nello spazio di pochi giorni, con un risultato drammatico per la democrazia del nostro paese. Una conclusione che ha le sue premesse nel modo con cui un miscuglio di liste ha (s)governato Pomigliano per due anni e mezzo. Spiace ricordare a Vito Fiacco, detto Fender, candidato sindaco di Pomigliano, che anche la sua Rinascita è colpevole di tale dramma. Di trasformismo deve fare il mea culpa, se, il suo ex consigliere comunale, dopo aver incassato i consensi per una maggioranza giallo/rossa, ha tradito l’elettorato passsndo all’opposizione. Avrebbe dovuto dimettersi e far entrare in consiglio il suo successore. Il contrario di trasformismo si chiama coerenza . Non vale solo per gli altri. Vogliamo credere che sia stata una leggerezza politica dovuta alla inesperienza. A Vito Fiacco, detto Fender e a Rinascita, Auguri e buone elezioni.
di Saverio Auriemma
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