E’ a partire dal XVIII secolo che il “viaggio” in Italia diviene ormai una pratica unanimemente accettata, anche perché assieme al fascino esercitato dall’arte e dalla cultura del nostro Paese sui viaggiatori, in special modo inglesi, tedeschi e francesi, ma in genere dell’Europa del Nord, c’è anche il desiderio di luce, sole, colori, rigoglio della natura, ma anche dell’avventura, dell’ignoto, di eventuali difficoltà da affrontare.
L’Italia non è solo la culla dell’arte, ma anche il Paese che per la ricchezza e la diversità dei suoi paesaggi naturali non ha eguali. Ed è per tale motivo che nel viaggiatore del Grand Tour nasce l’abitudine, la tradizione, quasi l’esigenza di farsi accompagnare da un pittore o disegnatore, che possa fermare sulla carta, attraverso una serie di schizzi, gli aspetti peculiari dei luoghi visitati. Inoltre, tali viaggiatori erano anche supportati da tutta una serie di organizzazioni che prevedevano guide locali specializzate, locande, mezzi di trasporto, informazioni sui luoghi o sui percorsi più interessanti e così via.
Il viaggio del Grand Tour durava, in genere, da uno a tre anni, prevedeva partecipazioni a feste e a spettacoli teatrali, ma soprattutto visite ai principali monumenti ed escursioni in luoghi particolarmente interessanti dal punto di vista naturalistico. Fino agli inizi del XVIII secolo, vennero preferite come tappe principali le città di Venezia, Firenze e Roma. Ma già a partire dalla metà del secolo, Napoli e la Campania diverranno una tappa obbligata del “Tour”, anzi, una meta privilegiata che, nella seconda metà del settecento, si estenderà fino all’Italia meridionale e insulare.
In Campania, inizialmente, i viaggiatori del Grand Tour sono particolarmente affascinati dalla mitezza del clima e dalla dolcezza del paesaggio, cioè più dagli aspetti paesistici e naturalistici, che da quelli artistici. E’ solo a partire dagli scavi di Ercolano, nel 1738, con la riscoperta delle antichità classiche, che gli interessi volgono essenzialmente verso questa direzione, senza tuttavia mai trascurare gli aspetti ambientali.
Questi luoghi magici e incantati sono, infatti, il fulcro de “l’Antico”, con gli scavi di Ercolano e Pompei, Cuma, Baia e Pozzuoli; ma sono anche il prototipo dell’equilibrio tra storia, natura, arte e mito, cioè dell’interesse verso quei sentimenti che ci prendono al cospetto di una natura amica e selvaggia al contempo, in cui si fondono e si confondono l’uomo e le vestigia di un passato nobile e antico come parte integrante della natura stessa, cioè suscitano il sentimento del “Pittoresco”; è, inoltre, imprescindibile dalla visita a questi luoghi anche l’ascesa al Vesuvio, con i suoi aspetti naturalistici e terrificanti, dai quali scaturisce il sentimento del “Sublime”, cioè l’interesse verso quel piacevole orrore che suscitano gli spettacoli della natura terribili e spaventosi, come quelli che offre questo vulcano.
La Campania felix, la cui feracità della terra viene esaltata da ogni viaggiatore; la popolosità della città di Napoli, seconda per vastità e numero di abitanti solo a Parigi; l’amenità del Golfo; la particolarissima geomorfologia dei Campi Flegrei; la terribilità del Vesuvio; tutto contribuisce, oltre alle vestigia del passato con la riscoperta del Classico, a convogliare i viaggiatori verso questi luoghi che, da secondari quali erano fino alla metà del settecento, diverranno primari da questo momento in poi. Il Vesuvio, che aveva suscitato un eccezionale interesse a livello europeo dal punto di vista scientifico, a causa delle sue frequenti eruzioni, dal punto di vista paesaggistico, per le innumerevoli rappresentazioni, e dal punto di vista culturale, per la riscoperta delle città sepolte e di tutto quel repertorio di oggetti antichi, divenne, pertanto, meta inalienabile di ogni viaggiatore del XVIII e del XIX secolo.
di Vera Dugo Iasevoli
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