Cessò di parlare al telefono. Mi guardò e mi disse: “Sei bellissima. Ma tanto lo sai”
Mi lasciò interdetta il suo “ma tanto lo sai”. “Vieni qui” – aggiunse e mi abbracciò forte. Stordita mi avvicinai. Un brivido involontario mi percorse la schiena. L’attimo dopo mi ritrovo tra le sue braccia e lui mi stringe forte al petto. Mi sentii quasi cadere … respirai il suo profumo fresco e intenso. Odorava di biancheria pulita e di sapone. Non smettere più di abbracciarmi! Fu l’unica cosa che pensai.
Quando i nostri corpi si toccarono sentii una strana, inebriante scossa. Dovette essere l’elettricità statica. Con un braccio mi tenne stretta a sé, mentre con le dita dell’altra mano mi accarezzava dolcemente il viso. Mi guardava negli occhi, e io reggevo il suo sguardo ardente per un attimo, o forse a lungo… ma alla fine, la mia attenzione fu attratta dalla sua splendida bocca. Quando smise di abbracciarmi dovette rendersi conto del mio sguardo perso ed imbambolato. Cominciammo a camminare insieme. Mi teneva la mano. Parlava ma non lo sentivo.
I miei battiti erano più veloci e assordanti della sua voce. Ad un certo punto mi chiese se avessi pranzato. Risposi di si senza neppure accorgermene. Arrivammo al bar all’angolo della strada. Entrammo per bere un caffè. Ci accomodammo al tavolino accanto alla vetrata… isolato e romantico. Claudio prese per andare in bagno. A quel punto cominciai a realizzare ed a rinsavire. Ordinammo un caffè per me ed un Aperol Tassoni per lui… il cameriere portò due piatti con tanta di quella roba. Credo che quello fosse stato il pranzo per Claudio. Ad un certo punto mi disse: “Abbiamo tanto da raccontarci…
” Cosa mi vorrà dire, pensai, non si sarà mica sposato e viene a dirlo proprio a me!? Il suo tono era affabile. La sua espressione impassibile. Sembrava interessato e profondamente educato. “Scusami” – aggiunse “se da un po’ non mi faccio vivo”.
Rimasi esterrefatta. Non avrei mai pensato l’avesse detto. Non ricordo cosa risposi. Ma di sicuro mi imbarazzai da morire. D’un tratto tutte le mortificazioni, le cose brutte che avevo pensato di lui, le mille domande sparirono. Mi calmai e cominciai ad ascoltare quello che avesse da dire. Fu sincero. Mi disse che non era da lui reagire così ma che dinanzi alle mie domande si era spaventato. Mi disse che non si sentiva pronto per una relazione importante dopo quello che aveva vissuto. Mi disse un sacco di cose. Ma mi disse soprattutto che io gli piacevo abbastanza. Io rimasi tutto il tempo in silenzio, assopita. Nulla. Non sapevo cosa dire. Ascoltavo, ascoltavo, ascoltavo. Non una parola. Mi parlò del motivo della sua visita di lavoro a Milano. E mi disse che avrebbe cominciato una serie di rapporti lavorativi ragion per cui sarebbe stato spesso a trovarmi. Non lo so quello che provavo. Ma mi sembrava tutto fantastico. Ad un certo punto gli chiesi: “Perché hai voluto rivedermi?
” Dopo un attimo di silenzio rispose: “Perché mi piaci e ti pensavo spesso. La mia è una prova di coraggio verso me stesso. Volevo rischiare di essere ridicolo.” Fu così schietto e sincero. Sicuro. Sicuro di sé e di quello che con leggerezza andava affermando. Continuò il discorso riprendendo a parlare di sé
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