Presidente Turi, con il Covid, la guerra e le sue conseguenze, che momento è per la professione di commercialista?
“Stiamo affrontando un periodo particolarmente difficile caratterizzato da quella che molti commentatori chiamano la ‘tempesta perfetta’ dell’economia italiana e internazionale. Dopo i due anni di profonda crisi legata all’emergenza sanitaria ci troviamo a fare i conti con gli effetti del conflitto alle porte dell’Europa tra Ucraina e Russia che ha comportato l’aumento di materie prime, beni di prima necessità e costi energetici. Con un’inflazione che prosegue la sua corsa inarrestabile verso il 10%. In questo quadro, con profondo senso del dovere, i commercialisti sono al fianco di imprese e famiglie per cercare di orientarle e supportarle nell’adozione delle scelte da adottare e nel tutelare i loro patrimoni. Anche la nostra categoria sta subendo profondi disagi legati alle difficoltà dei nostri clienti e alla scarsa attenzione che finora è stata dimostrata da chi governa il Paese nei confronti dei professionisti e dei lavoratori autonomi. Mi auguro che il prossimo esecutivo riconosca il valore della nostra attività non solo adottando maggiori tutele nei nostri confronti ma anche coinvolgendo i professionisti in maniera concreta nelle scelte che incidono nella vita economica dell’Italia”.
Cos’è che più allarma i vostri clienti?
“Le preoccupazioni principali riguardano la difficoltà a reperire liquidità per portare avanti l’attività delle aziende e la mancanza di programmazione a medio e lungo periodo che consenta a famiglie e imprese di programmare il futuro con maggiori certezze. Troppi i provvedimenti spot adottati finora. Molti i dietrofront che si sono registrati nell’attività normativa. Ancora tanta burocrazia che soffoca la libertà di movimento di professionisti e imprese. I nostri clienti sono sempre più indifesi di fronte ai continui cambiamenti nelle scelte fiscali, economiche e finanziarie. Pensiamo solo a quanto accaduto per il superbonus, giusto per fare un esempio. In questa continua incertezza difficilmente si riuscirà a trovare la strada per far ripartire l’economia”.
Con la crisi energetica si stimano più di 800.000 di aziende a rischio chiusura. Ci sono strumenti di protezione che consigliate?
“Se non si prendono provvedimenti immediati per fronteggiare il ‘caro bollette’ rischiamo seriamente di compromettere gran parte del tessuto economico formato da piccole e medie imprese, con ricadute sociali inimmaginabili. Mai come in questo momento consigliamo di affidarsi ai professionisti per concordare insieme le opportune strategie da mettere in campo per difendere la propria attività. Lo ritengo il miglior strumento di protezione possibile in un momento storico dove si assiste al proliferare di ‘guru’ e ‘santoni’ dell’economia che offrono le più improbabili ricette per uscire dalla crisi”.
A tenere banco sono le bollette esose che stanno martoriando cittadini e imprese. C’è speculazione. C’è un modo per “ripararsi”?
“Le tutele principali contro le speculazioni deve garantirle lo Stato. Con grande amarezza constato che ciò non avviene. Stiamo assistendo a fenomeni speculativi indecenti alla luce del sole senza che nessuno intervenga per porvi fine e per sanzionare chi li pratica. Bisogna immediatamente aprire un tavolo tecnico con le aziende produttrici di energia e con le imprese energivore per trovare un bilanciamento equo alla luce dell’aumento dei costi e delle bollette. Anche qui siamo pronti a offrire tutta la nostra esperienza per portare soluzioni praticabili nell’interesse di tutti”.
La politica dei bonus ha efficacia nel lungo periodo?
“La politica dei bonus può essere efficace solo nei periodi di difficoltà delle imprese, dovuti a fattori esterni. E, soprattutto, deve essere incardinata in un programma più ampio di crescita dello sviluppo economico e occupazionale. Le misure spot sono servite a tamponare le emergenze, come ad esempio nel periodo della pandemia, ma ribadisco con forza che l’Italia adesso ha bisogno di stabilità. Nel lungo periodo ai bonus sostituirei misure strutturali per la crescita economica e per la riduzione del carico fiscale”.
Dove dovrebbe incidere il PNNR al Sud?
“Sicuramente nella realizzazione delle infrastrutture necessarie a dare competitività agli investimenti nel Mezzogiorno. Scontiamo ancora un gap importante con il resto dell’Italia, dell’Europa e del Mediterraneo. Dobbiamo procedere nell’integrazione dei sistemi di trasporto e delle reti ferroviarie e portuali oltre al completamento delle reti digitali che possono rendere più appetibili gli investimenti nella nostra regione. L’altro tema fondamentale è la riduzione del gender gap che risulta essere una pesante zavorra in termini occupazionali e sociali. Dobbiamo recuperare la forza lavoro di donne e giovani per dare nuova linfa alla nostra economia. Sono tante le misure previste in tal senso dal Piano nazionale di ripresa e resilienza”.
Cosa pensa della Flat Tax?
“E’ un tema che ha infiammato la campagna elettorale credo in modo assolutamente strumentale. Alcuni regimi sostitutivi continuano a essere di grande utilità come ad esempio il “regime forfettario” per imprese e lavoratori autonomi con livelli di ricavi o compensi inferiori ai 65.000 euro. Occorrerebbe modificare la platea soggettiva di riferimento della flat tax che, attualmente, ricomprendendo solo le attività svolte in forma individuale, finisce per ‘frenare’ la crescita. Guardando i numeri è evidente che nel bilancio dello Stato non ci sono tutte le risorse per procedere in tal senso. Sarà necessario predisporre una nuova ed efficace riforma fiscale, intensificando personale e risorse destinate ai controlli. I commercialisti sono pronti a fare la loro parte”.
Come è possibile immaginare sviluppo dentro ad un guado sociale profondo?
“Possiamo immaginare sviluppo cambiando diversi asset dell’economia. Percorrendo nuove direzioni come quella della sostenibilità e dell’economia circolare. Anche qui il Pnrr ci viene in supporto con risorse importanti. La ritengo un’occasione imperdibile per dare una svolta duratura e strutturata in grado di creare nuovi posti di lavoro stabili e di tornare verso quell’economia reale che ha fatto la grandezza del nostro Paese”.
I commercialisti cosa chiedono alla politica?
“Chiediamo alla politica tre cose fondamentali. La prima è quella di procedere finalmente alle tanto sbandierate semplificazioni del sistema fiscale, sempre annunciate e mai realizzate in concreto. La seconda è quella di avere la giusta considerazione della nostra categoria che, se interpellata per tempo nelle scelte di politica economica e fiscale, è in grado di dare un contributo fondamentale nella redazione di testi normativi efficaci sia in fase di attuazione che di controllo. La terza, ‘Cicero pro domo sua’, di procedere alla codificazione dell’equo compenso dei professionisti e della revisione delle responsabilità per gli organi di controllo di aziende pubbliche e private.
Sarà una crisi più feroce di quella del Covid?
“Sarà più lunga e, in quanto tale, più pesante. Le ultime notizie che arrivano dall’Ucraina confermano che ci dovremo abituare ad una economia di guerra per molto tempo. La differenza è che mentre nel periodo del Covid ognuno si è sentito protagonista e artefice del superamento della crisi, adesso si subiscono gli effetti di scelte e processi determinati da altri, in luoghi lontani da noi. Questo ci deve insegnare che le prossime scelte politiche ed economiche dovranno essere improntate a rafforzare l’autonomia dell’Italia in settori strategici come quelli della produzione di energia, dell’agricoltura e delle produzioni industriali”.
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