Don Aniello il 25 settembre si vota, che sensazioni ha?
Noto in parte un grande disinteresse da parte dei cittadini, alcuni più orientati verso la Meloni, ma quello che noto è una disaffezione perché c’è la consapevolezza da parte della gente che quelli che si candidano a governare il Paese non mostrino serietà. Il grande partito è quello dell’assenteismo: dai sondaggi che emergono si parla del 48% di chi non andrà al voto. Un’enormità che la dice lunga sull’inutilità dei partiti e della politica, considerata appannaggio solo dei partiti. Nei miei incontri dico che noi dobbiamo riappropriarci della politica, nel senso etimologico greco, operare per il bene comune, escludendo la contiguità, il puzzo del compromesso come diceva Paolo Borsellino. C’è stata data in questi anni un’immagine della politica veramente devastante e spetta a noi recuperare il vero significato della politica
Un leader politico per essere credibile oggi di cosa dovrebbe parlare?
Ad un prete che cosa si chiede? Si chiede coerenza. Alla Chiesa cosa si chiede? Di essere luce del mondo, di non essere spazio di scandali come la pedofilia o di essere attaccata al potere. E dunque anche ad un leader che si candida per il Paese si chiede una grande coerenza di vita, una grande espressione di etica, una marcata dirittura morale. Quello che chiediamo alla Chiesa dobbiamo chiederlo anche ai politici.
Secondo lei quali sono i diritti mancanti di cui la politica non si occupa?
Oggi la politica è fatta attraverso i new media, Pc, cellulare, il politico non lo vedi più in mezzo alla gente a sporcarsi le mani, non esistono circoli dove si faccia discussione. Io ho grande nostalgia degli anni 60/70 perché la dimensione del confronto ci stava. Manca il dialogo, così si allontana la gente.
Da prete cosa pensa del suicidio assistito?
Intanto la Chiesa è contro l’accanimento terapeutico e ci sono tante modalità per abbattere il dolore e la sofferenza senza fare un omicidio. Io sono cattolico e cristiano e credo nella vita sempre.
La povertà educativa: c’è un divario enorme tra centro e periferia?
C’è un appiattimento sconcertante: i giovani di Scampia sono come i giovani del Vomero perché la globalizzazione ha cancellato le differenze. Quello che cerca l’adolescente di Scampia, lo cerca l’adolescente del Vomero ed è la stessa povertà culturale. Se Napoli è al primo posto per la dispersione scolastica non è solo per colpa di Scampia, ma è colpa anche del Vomero, di Posillipo. Non vedo differenze: ascoltano la stessa musica, vedono la stessa pubblicità, gli stessi talk-show.
Prendi i Maneskin: non comunicano nulla eppure piacciano a tutti gli adolescenti.
Secondo lei Scampia cosa può insegnare alla politica?
Scampia è diventata una piattaforma di investimento per ottenere finanziamenti. Ci sono più di 150 associazioni, molte nascono perché ci sono bandi e soldi in ballo. Finiti i finanziamenti, queste associazioni chiudono. Questo è un aspetto offensivo per questo quartiere perché molti ci lucrano, molti guardano a Scampia come un modo per poter incassare danaro. Scampia chiede una maggiore attenzione delle istituzioni. Abbiamo un abusivismo edilizio pauroso, in spregio ad ogni regola: non ho mai visto una ruspa, non ho visto un contrasto del fenomeno da parte delle istituzioni. La gente perbene su questo è veramente demoralizzata perché non vede segnali. Così come la differenziata che non si fa o la pulizia del quartiere. Eppure quanto gente ci terrebbe ad avere il quartiere più grande di Napoli ordinato e pulito. Dunque, le istituzioni a Scampia non ci sono. I candidati non verranno a chiedere i voti perché si vergognano. Io faccio la mia umile parte, spero che in tanti facciano altrettanto
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