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Disabili, i diritti dimenticati dallo Stato

Mariarosaria Canzano • 7 maggio 2022

Disabili, i diritti dimenticati dallo Stato

Sull’autismo si dicono tante parole, alcune sono talmente inutili, vuote e sterili che non meritano neanche l’attenzione di chi scrive o di chi ne parla con assiduità e coerenza: le parole purtroppo restano tali se non vengono attuate in uno Stato che si ritiene inclusivo e soprattutto attento alle categorie fragili.

Quando si scrive o si parla di autismo, non bisogna necessariamente trovare nuove parole da dire o da scrivere che aiutino le persone a comprendere e le famiglie a sentire meno il peso della solitudine e delle difficoltà che affrontano nella quotidianità della disabilità legata proprio allo spettro dell'autismo, ma servono azioni sostanziose e concrete di supporto possibile necessario che aiuti sia le famiglie a sostenerli e sia i bambini a compensare i loro deficit esaltandone le potenzialità e le peculiarità di ciascuno di loro. Autistico non significa scemo e molti purtroppo non si rendono conto che l'autismo è semplicemente, nella sua difficoltà più estrema, una forma di neuro diversità o meglio il cervello di questi bambini, futuri ragazzi funziona in modo differente e diverso e non in modo sbagliato.


Iniziando proprio sui tre punti essenziali per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico le parole che spesso sono utilizzate e che sembrano incoraggianti sono: Lea, acronimo di livelli essenziali di assistenza, linee guida 21 sul sistema nazionale delle linee guide indette dall'Istituto superiore della sanità e di ogni singola regione. Ecco sembrano incoraggianti perché nella realtà concreta per ciò che concerne i Lea, all’articolo 60, legge n° 134 del 2015,le persone con disturbo dello spettro autistico, il servizio sanitario nazionale garantisce le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle più avanzate evidenze scientifiche. In questo articolo si parla di garanzia che è un termine squisito se fosse usato nella realtà come viene usato in un sistema utopico inesistente. Per quanto riguarda la linea guida 21, tra i programmi intensivi comportamentali il modello più studiato è l'analisi comportamentale applicata meglio nota come ABA e gli studi sostengono la sua efficacia nel migliorare l'abilità intellettive, il linguaggio, i comportamenti ad attivi nei bambini con disturbi dello spettro autistico.


E nonostante questa scienza o meglio tecnica riabilitativa si sia rivelata la migliore, nei fatti le Asl hanno avuto il barbaro coraggio di confutare la validità dell'ABA il negare o tagliare le prestazioni ai bambini, in base alla fascia d'età da 14 ore settimanali a 4. Molti genitori infatti, di tasca propria pagano le terapie dei propri figli, perché le liste d'attesa nei centri convenzionati sono lunghissime e talvolta per ricevere una diagnosi di autismo trascorrono anche diversi mesi quasi un anno, ma si sa bene che in questi casi la diagnosi precoce è fondamentale affinché si inizi il prima possibile il percorso di riabilitazione.


Per non parlare di quando una famiglia ha ricevuto la diagnosi di autismo del proprio figlio, a tutte le difficoltà che sono costrette a fronteggiare e ad affrontare con la lenta procedura dell'Inps che, nonostante il riconoscimento della disabilità grave, non eroga una corretta indennità o se lo fa a tempo determinato come se dall'autismo si potesse guarire. Ma talvolta gli stessi bambini sono soggetti a revoca dopo 18 mesi o addirittura anche meno: cosa la commissione medica deve valutare questa cosa ancora non è chiara e lo Stato impreparato e inadeguato, resta a guardare.


La cosa grave, assolutamente non accettabile, è che Stato, regioni e Asl, dovrebbero garantire un supporto sinergico a favore dei bambini e dei ragazzi autistici ma in realtà ciò non avviene in quanto spesse volte si fa ad una sorta di scaricabarile di responsabilità e di compiti che ognuno riversa su un altro lasciando solo le famiglie ad affrontare documenti, centri, enti e procedure talvolta telematiche online difficili e lunghe da disciplinare soprattutto se le famiglie non hanno quella preparazione tecnica da poter capire come fare e cosa fare e da chi rivolgersi soprattutto.

Dopo 18 anni invece c'è il nulla, vuoto totale: i ragazzi diventati adulti non sono più pazienti presi in cura dalla neuropsichiatria infantile e diventano utenti pazienti della salute mentale delle Asl di appartenenza territoriale, sono praticamente utenti psichiatrici.


L'unica alternativa che hanno è frequentare centri sociali anche per parecchie ore al giorno con spese per la maggior parte sono a carico delle famiglie, con piani che hanno scadenza di 36 mesi e talvolta per avere la tripartizione delle spese trascorrono anche dei mesi: le spese dovrebbero essere così suddivise tra famiglia, in base all'ISEE, comune e Asl.

Dovrebbero perché in realtà tante volte ciò non accade a causa della lentezza della burocrazia e dello Stato che ancora una volta è assente perché non vigila sui fondi che arrivano direttamente alle regioni che dovrebbero essere divisi per la necessità primordiale ai vari centri convenzionati.


La disabilità è una necessità primordiale ma purtroppo la parola disabile è l'etichetta inutile che lo Stato ha appiccicato addosso ai ragazzi con la condizione dello spettro dell'autismo, per togliersi ogni responsabilità per contribuire realmente a trovare nuove strade per questi ragazzi.

Un po' per dire: io Stato riconosco che tuo figlio è autistico ma il problema resta tuo.

La vera difficoltà che incontrano le famiglie è proprio la burocrazia fatta di cartacce accumulate inutili e di parole vane che in concretezza non servono a nulla.


Perché in Italia non è mai colpa di nessuno quando poi la colpa è proprio di tutti tra Stato assente, regioni che fanno finta di emettere emendamenti ma senza minimamente controllare l'applicazione, le Asl e che fanno i propri comodi sulla pelle dei figli degli altri e delle famiglie che subiscono ogni forma di negazione di diritti. Però poi lo Stato si definisce inclusivo e si autodefinisce attento alle categorie fragili e si assiste a comuni illuminati con le luci blu durante la giornata del 2 aprile nel momento in cui viene celebrata la consapevolezza dell'autismo del mondo, si assiste a parate per strada con fiumi di gente che propone parchi inclusivi, giochi inclusivi, città dal bollino blu per poi tornare al loro distratto e futile mondo fatto di poca sostanza e molta pubblicistica apparenza.

Per non parlare poi del mondo della scuola ancora troppo impreparato per ciò che concerne i bambini con disturbo dello spettro autistico.


I docenti di sostegno purtroppo hanno una preparazione molto generica per le diverse disabilità e sono poche quelle specializzate con master universitari post laurea proprio sui disturbi dello spettro dell'autismo che sono svariati e non sanno spesso fronteggiare le difficoltà legate "all'atteggiamento problema" che si verifica in classe durante le troppe ore di lezione che a volte sono esasperanti per un ragazzino con lo spettro dell'autismo. Insegnanti che troppo spesso hanno difficoltà a confrontarsi con gli stessi colleghi di classe e non hanno una buona interazione comunicativa e gestionale della classe, vengono ancora additati come "il docente di sostegno di quel bambino" portatore di disabilità dai colleghi della stessa classe, si sentono poco coinvolti e molto spesso vivono la situazione della classe in modo ansioso e frustrante.


La scuola è ancora troppo teorica e troppo tecnica, molto chiusa nel suo sapere nozionistico e non è pronta a incentivare in questi ragazzi i propri talenti spingendoli verso le proprie predisposizioni che siano musicali, pittoriche, artistiche o teatrali ossia non è in grado di provare e trovare canali comunicativi che siano alternativi al comune modo di apprendere. Molti ragazzi con lo spettro dell'autismo, possono essere non verbalizzanti pertanto molti docenti di sostegno non hanno preparazione in merito alla CAA, alla comunicazione alternativa aumentativa e non sanno usare un comunicatore che supporti l'apprendimento.


Lo Stato che dovrebbe garantire strumenti compensativi in realtà non fornisce alle scuole gli strumenti necessari come tablet o computer o App.

Per non parlare poi delle figure assenti di assistenza scolastica di supporto per questi ragazzi e le famiglie sono costrette alcune volte a ti correre a cause legali e ad attendere sentenze lunghe affinché vengano erogate il maggior numero di ore di sostegno.


E si vuole sottolineare il momento delle gite scolastiche alle quali spesse volte non possono partecipare i bambini con lo spettro dell'autismo in quanto tante volte manca un operatore all'assistenza ed un collaboratore scolastico che possano accompagnare l'insegnante di sostegno? Spesse volte lo stesso bambino non può partecipare a questi momenti ludico ricreativi ed è costretto a restare in classe con il proprio docente di sostegno che da solo non può assumersi la responsabilità di qualche ora fuori dalla classe.

Anche in questo caso lo Stato rappresentato dal MIUR, Ministero dell'istruzione e della ricerca, è assente o meglio delegante.


Durante il periodo della didattica a distanza, a causa dell'epidemia da Covid, i ragazzi con lo spettro dell'autismo sono rimasti isolati dal mondo: nessuno si è reso conto che a questa categoria è stato negato il diritto all'istruzione sancito dalla Costituzione italiana e lo Stato inerme è stato a guardare l'inevitabile regressione di questi ragazzi.

La consapevolezza è un termine importante che sottintende la capacità di essere a conoscenza di ciò che viene percepito, una condizione in cui la condizione di qualcosa si fa interiore e profonda: è quel tipo di sapere che dà forma all'etica, alla condotta di vita, la disciplina, rendendole autentiche.


Questo non è solo un film o una storia ma è la realtà che vivono le famiglie dei ragazzi con lo spettro dell'autismo e poiché i casi di autismo sono in netto aumento, lo Stato non può stare sempre a guardare restando indietro di mille passi perché non riesce a tenere il ritmo degli aumenti delle diagnosi.

Allo Stato distratto e talvolta assente, le famiglie chiedono regole, criteri di trasparenza e una verifica puntuale degli obiettivi per avviare un lavoro in comune affinché ci sia sinergia tra lo Stato centrale e le regioni, i comuni, le scuole, i centri riabilitativi, per integrare sul territorio progetti e strategie, riformare competenze comuni per dare dei lineamenti di orientamento con maggiori strumenti per far fronte a situazioni di quotidiana emergenza, con responsabilità e impegno da parte di tutti.


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