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"Da donna a donna" - La rubrica di Ornella Manzi - Ecco Alessandra Scapin

Ornella Manzi • 16 febbraio 2023

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Alessandra Scapin, laureata in marketing management nel 2013 presso la Bocconi di Milano. Nominata Top manager under 35 dal Sole24Ore e SDA Bocconi, ci racconta la leadership al femminile in un settore prettamente maschile cioè quello della metalmeccanica. Forte e determinata afferma “ritengo che oggi siano le donne a condurre la trasformazione nel mondo sia a livello manageriale, che come agenti trasformatori nella vita della persone”. 



Quanto è importante la determinazione per arrivare a ruoli apicali in azienda?


La domanda vera è: lo vuoi veramente? Perché, vedi, bisogna essere chiari: fare carriera comporta la decisione di intraprendere un percorso costellato di rinunce, compromessi, forza fisica, resistenza ed anche energia per avere ogni giorno il sorriso e la carica da trasmettere al resto del team. 


Quali sono le regole che devi accettare tuo malgrado? Hai dovuto rinunciare a qualcosa per raggiungere la posizione professionale che hai adesso? 


Bilanciare la carriera professionale, la famiglia e gli interessi personali è un'operazione delicatissima che sempre più spesso non riesce a molte donne. Il mondo femminile vive da sempre un'eterna battaglia, quella per ottenere gli stessi diritti degli uomini, ma non solo: sconfiggere i datati stereotipi che attribuiscono alla donna le mansioni della cura dei figli e della casa; allo stesso tempo esiste lo standard opposto, quello della donna in carriera, che non ha tempo di pensare alle relazioni e non ha una famiglia.

Io credo che il punto non sia se bisogna rinunciare a qualcosa, ma prendere decisioni allineate ai nostri desideri più profondi, aumentando le possibilità di essere felici.

Poiché dire sì a una cosa può significare inevitabilmente dire no a un'altra cosa, il bilanciamento tra casa e carriera può sembrare un costante tiro alla fune, quindi dobbiamo restare allineate a ciò che vogliamo davvero.

Ergo: c'è sempre una cosa che vogliamo più di un'altra, sempre, anche se è faticoso intuirlo e accettarlo. Quindi dobbiamo avere il coraggio di scegliere quello che è più in linea con la nostra personalità, i desideri, i bisogni, le aspettative. Non dobbiamo avere paura, fidiamoci delle nostre emozioni, di quello che proviamo. Lì e solo lì ci sono le risposte.


Sei una top manager “donna e giovane”. È più difficile essere “donna” o “giovane”?

 

Purtroppo la combo “giovane” e “donna” è intrisa di stereotipi ancora da combattere: non è facile farsi strada in azienda se, come me, li rappresenti entrambi!

Fortunatamente però i dati stanno dimostrano un miglioramento della situazione: secondo il Rapporto annuale Women in Business, nel 2022 le donne detengono il 32% delle posizioni aziendali di comando, 2 punti percentuali in più rispetto al 2021. In Italia, nel 2022, le donne Ceo sono passate dal 18% al 20%, mentre quelle con ruoli nel senior management dal 29% al 30%. Nonostante questo, rispetto alle 30 economie mondiali analizzate, il nostro Paese rimane ancora nelle retrovie.

Per me essere “giovane” e “donna” non è un ostacolo, ma un trampolino per saltare più in alto. Nella vita ci saranno sempre sassi sul nostro cammino, dipende da noi se farne muri od opportunità: per me essere donna è l’opportunità migliore che la vita potesse darmi.


Lavori in un settore prettamente maschile. Nella tua carriera ti sei scontrata con pregiudizi e/o stereotipi? Quali? 


Vero, lavoro in un settore prettamente maschile, ma ho la fortuna di lavorare in un’azienda che sa ascoltare e accogliere le donne. Purtroppo nonostante la struttura aziendale sia gender equality, molto spesso mi trovo a scontrarmi con una mentalità meno aperta. Gli stereotipi classici con cui mi scontro quotidianamente sono due: “le donne non sono portate per le materie scientifiche” e “le donne non sono in grado di rivestire posizioni di potere”.Riguardo al primo stereotipo, bisogna ammettere che sono ancora poche le ragazze che scelgono indirizzi scientifici. Io ho una laurea in Economia e Management alla Bocconi e ho fatto dei numeri la mia vita, ma ancora oggi c’è chi pensa che le donne non siano “adatte” alle materie scientifiche. Io credo che l’unica cosa che deve veramente essere valutata, indipendentemente da uomo o donna, è la preparazione: le persone preparate non devono temere nulla.Su “donne e potere”, invece, commento con un’esilarante o triste (dipende dai punti di vista) qui pro quo che mi è capitato tempo fa: con grande stupore del mio interlocutore sono stata scambiata per un’assistente invece che per il direttore marketing. Mi fa sorridere pensare che nel 2022 ci sia ancora questo tipo di pregiudizio: le donne appartengono a tutti i luoghi in cui vengono prese le decisioni, non dovrebbero essere l'eccezione.

 

 Come sei arrivata fin qui, sfondando tetti e aggirando stereotipi?


Sono stata una bambina fortunata: fin da piccola i miei genitori mi hanno lasciato la piena libertà di scoprire le mie passioni e di essere me stessa. Dopo il diploma al liceo linguistico, ho scelto di frequentare economia alla Bocconi… ricordo di aver cominciato a preparare il test d’ingresso quasi un anno prima, e la paura di non farcela che ho provato il giorno del test.
Poi però è arrivata la conferma di ammissione e da lì la strada è diventata ancora più difficile: trasferirsi da un paesino di 3000 abitati a Milano, a soli diciott’anni, non è facile, inoltre i corsi all’università erano fitti e densi. Mi ricordo il senso di sopraffazione che all’inizio mi turbava: ce la farò? Deluderò tutti? Sono all’altezza? Ma le sfide mi hanno sempre attratta.

Arrivo da una famiglia imprenditoriale: mio nonno Pietro ha fondato l’azienda che ora è gestita da mio padre Ugo e da mio zio Nicola, tutte persone estremamente determinate. Mio padre prima, e gli anni alla Bocconi poi, mi hanno insegnato che “se vuoi, puoi”: lo studio, la costanza e l’impegno premiano sempre. Per questo cerco di non mollare mai e combatto sempre per raggiungere i miei obiettivi, perché la vita premia sempre gli sforzi.

Ci sarà sempre un nuovo tetto da sfondare o un pregiudizio da abbattere ma le donne sono carri armati. Dobbiamo solo avere perseveranza e fiducia in noi stesse.


 

C’è stato un momento in cui hai pensato “non ce la posso fare?


Ma certo. Quando ho iniziato l’università per esempio, sono entrata in un mondo fortemente competitivo e circondata da persone eccellenti. Pensavo di non farcela, di non essere abbastanza.

Quando ho iniziato a viaggiare, durante i primi viaggi studi quando soggiornavo in famiglia, avevo paura di non riuscire a farmi capire, di non riuscire a seguire le lezioni ecc..

Quando ho iniziato a lavorare, avevo paura di essere molto brava sulla carta ma poco a livello operativo…

Ho imparato con il tempo che è una normale costante della vita aver paura di non farcela, soprattutto per una come me che molto spesso si pone sfide che la portano ad uscire dalla comfort zone. Ho imparato ad accogliere le mie paure e ad affrontarle pian piano.


Quanto sono stati importanti i tuoi genitori nella tua crescita personale?


Tantissimo. I miei sono stati genitori molto particolari, intelligenti e forti; una coppia molto legata, che ha abbracciato uno stile di vita moderno sia nella vita quotidiana, così come nel lavoro e nella vita familiare. Due persone che mi hanno lasciata libera di crescere e di imparare dai miei errori


 

Cosa diresti all’Alessandra bambina se potessi ora?


Una cosa su tutte mi sentirei di dirle, accarezzandole la testa: non avere paura… Perché pare che tutto a questo mondo sia possibile: fare, disfare e rifare ancora. Cambiare idea, abito, paese e lavoro con la stessa velocità con il quale si pensa il cambiamento stesso. Che a volte si fanno piani e progetti, ma che la vita li ribalta sempre, per cui: vivi. Vivi e basta che tanto non si potrà mai accontentare tutti.

Non smettere mai di dare, nonostante le delusioni, nonostante le porte in faccia. Le persone se ne andranno e si dimenticheranno di questa grande signora che è la riconoscenza, ma va bene così e sai perché?

Perchè c’è il karma, che poi sistema tutto. Perché il dare è effettivamente tutto l’amore che rimane in circolo, anche quando non ci siamo più.

Perché vivere è lasciare piccole parti di se dietro di noi, a regalo di chi è entrato nella nostra vita per un attimo, dieci giorni, due mesi, un anno o molto di più.

Viaggia tanto e perditi totalmente in chi ami, perché l’amore è bello e farà anche male, ma è bellissimo ed è veramente l’unica cosa per cui valga la pena vivere, le passioni muovono il mondo.

Abbandonati a ogni sfumatura di quello che sei, senza aver paura, del resto chi ti ama, non solo resta, ma adorerà tutto di te. Non avere paura: impara a mostrarti per quella che sei, perché è sempre più che abbastanza.

 

Ti senti realizzata e felice della tua vita e dei tuoi risultati?


Ecco questa è una domanda tanto semplice quanto insidiosa. Io molto spesso chiedo alle persone, ma sei felice? Altra domanda banale ma insidiosa.

Sono quelle domande che ti obbligano a guardarti dentro, a fermarti e riflettere.
Sono arrivata alla conclusione che la felicità non è uno stato dell’avere ma dell’essere. Se non sei felice ora, non lo sarai mai. Se non ti senti realizzato ora, non servirà una casa o una macchina più grande, o un lavoro più prestigioso, perché una volta raggiunti questi sostituti di completezza, ne vorrai subito altri, ancora più grandi e ambiziosi.

La felicità è esclusivamente un fattore interiore.

La felicità è una scelta.

Io sono grata di quello che ho e che sono.

E si, sono estremamente e immensamente felice. Qui ed ora.


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