Prof. De Giovanni*, in questo momento la Meloni è il dominus della scena politica italiana. Dopo cento giorni che valutazioni possiamo fare?
Il mio giudizio è duale: sulla politica estera, su cui lei ha concentrato la maggior parte della sua forza, mi pare legittimata al cospetto dell’Europa, persino sulla questione migranti è stata più efficace di Francia e Germania, cosa non facile. Come capo dei conservatori europei poteva forzare la mano ed invece si è mossa con diplomazia. Per quanto attiene alla politica interna, vedo un gran disordine. Queste ultime vicende (Cospito) antistituzionali che hanno fatto tracimare la prevalenza del partito sulla politica statale, la Meloni non l’ha gestita bene. Lei non hanno messo acqua sul fuoco anzi lo ha attizzato. Quindi io vedo un netto divario tra il tentativo (in parte riuscito) di legittimarsi in politica estera, il che non va sottovalutato perché poteva essere la Orban d’Europa, ha approfittato della debolezza dell’asse franco-tedesco, mentre ha abbandonato ai suoi luogotenenti di scarsa capacità il governo delle cose interne.
Alla legittimazione crescente della Meloni corrisponde la subalternità della sinistra, scomparsa dal radar del dibattito pubblico. Di cosa soffre la sinistra?
Ho trovato il documento di fondazione del Pd del 2008, quante cose sono venute meno! La sinistra soffre del fatto che non ha mai fatto i conti con la propria storia. Non vedo come due culture antitetiche come quella del Pci e della Dc potessero dare corpo ad un soggetto capace di governo, capace di pensiero. Il Pd non c’è, è il nulla, è il nichilismo politico, ma perché non ha un’idea dell’Italia. Con Renzi ha perduto un’occasione, un talento politico ma anche un ragazzaccio, anche sul referendum istituzionale, lasciandolo solo e l’ha costretto ad uscire dal partito. La sinistra italiana ha avuto a che fare col fallimento della rivoluzione sovietica, nonostante ciò a sinistra italiana era il PCI, ha scelto di essere tale con Togliatti ed andare avanti. Come mai dopo il 1989, il partito ha dovuto cambiare nome? La sua origine era quella ed è fallita. Nel momento in cui la sinistra ha dovuto riformare se stessa, ha scordato la sua storia.
Tra i 4 candidati alla segreteria del Pd, lei ha una preferenza?
Io non andrò a votare. Mi sembra ovvio che Bonaccini abbia più caratteristiche per fare il segretario. Il Vero pericolo è la Schlein, che è una grillina inserita nelle fila del Pd. Considero il M5S il cancro della politica italiana. La politica dei Bettini e dei Franceschini che vedeva in Giuseppe Conte, che governa un giorno con la Lega ed uno col Pd, ha portato allo sfascio il partito. Il Pd aveva una prateria elettorale davanti ma sono diventati subalterni ai 5 Stelle. Quindi dico, se vince la Schlein vince Conte, il male assoluto.
Secondo lei, Enrico Letta, in questo processo di disgregazione del partito, che colpe ha?
Ribadisco, c’è stato un momento in cui il Pd aveva una prateria, un’enorme occasione di parlare alla società, una società sempre più precaria e diseguale, mentre si è pensato a stare nei governi pur perdendo le elezioni invece di pensare a curare il territorio, a stabilire un rapporto diverso coi governatori. Letta, con tutto il rispetto per la persona, non ha tirato fuori una sola idea! L’unica idea era guardare verso i 5 stelle; il Pd si è schiacciato sulle posizioni dei vari Bettini, mentre doveva guardare verso il Centro liberale perché oggi il problema è il rapporto tra democrazia e liberalismo. Letta avrebbe potuto contare su un mare di astenuti e avrebbe avuto la possibilità di portare avanti una politica che il Paese capiva.
Come si diventa a questo punto un partito laburista moderno?
Le socialdemocrazie europee sono in crisi, il partito socialista francese è scomparso, rimane un’ombra in Germania, il laburismo in Inghilterra è ai minimi storici. Oggi il problema non è essere socialdemocratici perché la società contemporanea non ha più le strutture forti, non è una società di classe. Ci ricordiamo cos’erano le grandi fabbriche, i sindacati etc. La parola socialismo non più senso oggi. Il laburismo è una parola ambigua, oggi il problema è adeguarsi ad una società nuova, atrofizzata, nella quale non ci sono punti di riferimento, c’è la precarietà, la disperazione della gente, la disoccupazione. Bisogna parlare a questa società. C’è qualcuno per es. che parla ancora di Movimento operaio? No, perché è finito, non ci sono le fabbriche, la società di classe, il sindacato. Bisogna parlare alla nuova società senza alleanze “criminali” alla sua sinistra, cioè con Giuseppe Conte.
*Biagio De Giovanni è un filosofo e politico italiano, parlamentare europeo, membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei
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