- In Italia ci sono 336mila minorenni che lavorano. Si tratta di bambini e adolescenti impegnati nella ristorazione e la vendita al dettaglio, nelle attività in campagna, in cantiere, e nella cura con continuità di fratelli, sorelle o parenti. Un dato drammatico
A questo dato drammatico si accompagna, per ragioni chiaramente speculari, quello della dispersione scolastica e della povertà educativa che in Italia ma soprattutto al Sud raggiunge livelli molto alti. Dovremmo partire da questi dati qui prima di avviare qualsiasi discorso di natura politica e sociale. In che stato è la scuola e gli studenti chi sono e dove sono? Interrogandoci sulle cause e sulle soluzioni. Il tema della povertà educativa dovrebbe essere una questione sulla quale mobilitare coscienze e militanza. Lo sfruttamento minorile parte soprattutto da qui.
- Tra i 14-15enni che dichiarano di svolgere o aver svolto un'attività lavorativa, un gruppo consistente (27,8%) ha svolto lavori particolarmente dannosi per i percorsi educativi e per il benessere psicofisico, perché svolti in maniera continuativa durante il periodo scolastico, oppure svolti in orari notturni o, ancora, perchè percepiti dagli stessi intervistati come pericolosi. Si tolgono i bambini dalle scuole così…
Esatto. Qui entra in gioco innanzitutto il senso che vogliamo dare alla scuola e alla sua frequenza. Senza essere retorici, io credo che si stia assistendo, da tempo, non solo ad un'aziendalizzazione dell'organizzazione scolastica, ma ad una visione, oserei dire, consumistica dello studiare. "Formare al lavoro", "la scuola aperta al mercato del lavoro"è il nuovo mantra educativo. No! Formare alla cittadinanza, alla crescita della propria personalità, alla messa in discussione di ciò che c'è intorno a noi dovrebbe invece essere lo scopo. Questo utilitarismo economicistico ci fa perdere di vista il valore profondo della cultura: la cultura (come ebbe a dire Aristotele) "non serve" perché non è schiava di nessuno.
- Anche il lavoro minorile si va evolvendo. Emergono anche nuove forme di lavoro online (5,7%), come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche.
Mi vengono i mente le parole del Papa a proposito della società dello scarto. I minori fanno parte di quella categoria di fragili della nostra società, come gli anziani ed i diversamente abili del resto, i quali, però, a causa di una logica di sfruttamento e di profitto, diventano vittime di questo scarto che considera nulla qualsiasi ragione che si opponga al guadagno. La scarsa attenzione alla salute psicofisica dei minori si accompagna all'assenza di qualsiasi politica di tutela degli anziani, come del grosso tema della disabilità e dell'inclusione. Dove sono i fragili, gli "scartati" in questa società? Tessere le fila di un discorso incentrato sulla centralità della persona e dei fragile non può che essere il terreno di battaglia per una società diversa e per farlo c'è bisogno di un grosso investimento sulla scuola, è inutile girarci intorno. O si riparte dai banchi di scuola o qualsiasi aspirazione è monca.
- La politica, sia di destra che di sinistra, è praticamente assente, specie nei sobborghi cittadini dove si concentrano maggiori disuguaglianze
La politica è assente perché ha smesso di essere politica, ovvero pensiero in grado di immaginare il tipo di società in cui si vuole vivere. La politica è diventata strumento dell'ego di qualcuno che interpreta i corpi intermedi come comitati elettorali. Ma essa rimane "la più alta forma di carità". La vita fuori dai palazzi ribolle di sofferenze e di solitudini, di dolori e di sacrifici. Non si può prescindere dalla politica. E allora si ha il dovere di imporre ad essa di voltare lo sguardo sugli ultimi e riflettere con loro e per loro. Lo deve fare ognuno di noi.
- Nemmeno la scuola riesce a recuperarli perché non ci vanno e preferiscono lavorare. Che società stiamo forgiando?
Credo per i motivi di cui sopra. Il tentativo è una ridefinizione antropologica: l'homo oeconomicus non è un'invenzione mia. È un dato reale. Io, da insegnante precario però, dico che la scuola è un posto meraviglioso e l'umanità che si respira in quelle aule è fonte di speranza vera. Non è vero che questa generazione è distratta, svogliata o altro. E allora va davvero investito su questo. Ci vogliono i soldi per potenziare gli organici, per fare arrivare le scuole nelle periferie, per il tempo pieno, per i progetti aperti alla città. E ci vuole il lavoro. Senza il soddisfacimento dei c.d "bisogni materiali" ( Marx docet) è duro fare un cambiamento. Lavoro dignitoso che consenta di liberarsi dalla schiavitù della necessità che causa, tra le altre cose, anche questa piaga del lavoro minorile. Ci vuole, ancora, la politica.
Direbbe Lenin, che fare?
Che fare? Organizzarsi, lottare, provare a cambiare le cose. Non arrendersi. Studiare. Sono fiducioso, a patto che ognuno faccia la sua parte.
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