Ovviamente, ci saranno contrasti con parte della sinistra e dei sindacati, in prima linea la CGIL, che torna ad essere come, si diceva una volta, la “cinghia di trasmissione” non più del PCI, ma di una sinistra che piuttosto che guardare avanti ed adeguarsi alle esigenze della gente e dell’economia del terzo millennio, sembra voglia rimettersi al centro dell’attenzione con un rigurgito di quell’antica politica che, di fatto, ha contribuito alla perdita del Pil e ad una costante mancata crescita del Paese. Ma i contrasti ci saranno anche da parte di quell’imprenditoria privata che nel corso dei decenni è sempre stata abituata a capitalizzare i profitti e a distribuire a carico dello Stato e dei cittadini le proprie perdite.
Il 16 marzo scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato, con procedura d’urgenza, un disegno di legge di delega al Governo per la riforma fiscale, con la quale si cerca di rilanciare l’Italia sul piano economico e sociale, riscrivendo completamente l’attuale sistema tributario varato negli anni ’70. Le nuove regole saranno operative “entro 24 mesi dall’entrata in vigore della legge delega”.
Ma quali sono i contenuti e soprattutto gli obiettivi di questa riforma messa in atto dal vice ministro dell’economia Maurizio Leo?
La riforma fiscale 2023 prevede una revisione a 360° del sistema tributario da attuare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega per la riforma fiscale, mediante l’emanazione di uno o più decreti legislativi, come annunciato nel Consiglio dei Ministri.
I contenuti principali riguardano: la finalità di ridurre la pressione fiscale, aumentare il grado di certezza del diritto, ridurre il contenzioso, migliorare il rapporto fisco-contribuente, delineare un sistema in grado di attrarre i capitali esteri.
Pertanto, l’intervento legislativo va ad interessare: i principi generali, i singoli tributi, la compatibilità con l’ordinamento unionale e internazionale, lo Statuto del contribuente, i procedimenti di accertamento e le sanzioni, la riscossione ed il contenzioso.
Di conseguenza, gli obiettivi di questa riforma sono del tutto evidenti. In pratica, nel disegno di legge emerge la volontà di riformare i procedimenti dell’amministrazione finanziaria, semplificare l’intero sistema fiscale e rivedere i meccanismi di accertamento, di riscossione e sanzionatori del Fisco, come già anticipato nella legge di Bilancio 2023.
Tra i principali obiettivi di carattere generale individuati dal disegno di legge emergono: l’incentivazione della crescita economica e natalità del Paese mediante la riduzione del carico fiscale; l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi; l’individuazione di meccanismi fiscali a sostegno di famiglie, lavoratori ed imprese.
Entrando nel dettaglio, il testo in esame prevede la revisione strutturale dell’intero meccanismo di tassazione del reddito delle persone fisiche (Irpef) al fine di raggiungere l’obiettivo della “equità orizzontale”.
È prevista, inoltre, la revisione anche del sistema di imposizione sui redditi delle società e degli enti, che sarà basata sulla riduzione dell’aliquota IRES qualora vengano rispettate determinate condizioni entro i due periodi d’imposta successivi a quello in cui è stato prodotto il reddito.
In merito alla revisione dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) il testo indica i seguenti criteri: la revisione della definizione dei presupposti dell’imposta al fine di renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea e delle norme di esenzione; la razionalizzazione del numero e della misura delle aliquote; la revisione della disciplina della detrazione; la razionalizzazione della disciplina del gruppo IVA al fine di semplificare le misure previste per l’accesso e l’applicazione dell’istituto.
È prevista, ancora, la revisione dell’IRAP finalizzata alla relativa abrogazione, nonché alla contestuale istituzione di una sovraimposta IRES, così da garantire un equivalente gettito fiscale.
Un aspetto importante riguarda anche gli studi professionali: la fusione non sarà più tassata. Infatti, tra le misure previste nel disegno di legge di delega fiscale, approvato recentemente dal Consiglio del Ministri, spicca un’importante misura idonea a favorire la crescita delle “strutture professionali”: la riduzione della tassazione per i professionisti che si aggregano qualora intendano reinvestire in tutto o in parte l’utile realizzato nell’esercizio dell’attività professionale.
Si tratta della neutralità fiscale delle operazioni di aggregazione e riorganizzazione degli studi professionali, comprese quelle riguardanti il passaggio da associazioni professionali a società tra professionisti.
In pratica, le operazioni di “fusione” tra professionisti che fino ad oggi hanno esercitato l’attività in forma individuale non faranno emergere componenti positive di reddito oggetto di tassazione. In futuro, ossia quando saranno emanati i decreti delegati saranno (entro ventiquattro mesi dall’approvazione della legge) completamente neutre, cioè non determineranno oneri fiscali aggiuntivi da pagare.
Il problema principale, conoscendo i tempi degli iter legislativi nel nostro Paese, saranno i tempi di attuazione di questa riforma.
Dopo l’ok del Consiglio dei Ministri il testo continuerà il suo percorso in Parlamento; una volta pubblicato, il Governo è delegato ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi di organica e complessiva revisione del sistema fiscale. Si tratta, infatti, di un testo normativo con cui il Parlamento attribuisce al Governo la facoltà di disciplinare, tramite uno o più decreti legislativi in materia fiscale.
Ovviamente, ci saranno contrasti con parte della sinistra e dei sindacati, in prima linea la CGIL, che torna ad essere come, si diceva una volta, la “cinghia di trasmissione” non più del PCI, ma di una sinistra che piuttosto che guardare avanti ed adeguarsi alle esigenze della gente e dell’economia del terzo millennio, sembra voglia rimettersi al centro dell’attenzione con un rigurgito di quell’antica politica che, di fatto, ha contribuito alla perdita del Pil e ad una costante mancata crescita del Paese.
Ma i contrasti ci saranno anche da parte di quell’imprenditoria privata che nel corso dei decenni è sempre stata abituata a capitalizzare i profitti e a distribuire a carico dello Stato e dei cittadini le proprie perdite.
L’iter sarà complicato e lungo, ma questa riforma, a prescindere dall’area politica che l’ha presentata, dai contenuti e dagli obiettivi fissati, non è affatto di destra, bensì segue una linea socialdemocratica che solo l’intelligenza delle opposizioni, potrà suffragare come un fatto assolutamente nuovo per l’Italia.
di Giovanni Passariello
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