Direttore, abbiamo già un vincitore per il 26 settembre: il partito degli astenuti
La politica sta facendo in modo che l’astensionismo cresca, lo promuove in prima istanza e c’è una legge elettorale che consegna alle segreterie dei partiti di fatto la scelta di chi far eleggere e chi lasciare fuori. Al netto delle percentuali che i sondaggi attribuiscono ai singoli partiti, sulla base di quelle percentuali, i partiti possono nominare gente in lista quanto nell’uninominale quanto nel proporzionale. A decidere chi eleggere sono i partiti e questo è scoraggiante perché sottrae all’elettore in potere di scelta e qualifica una logica altamente autoreferenziale che con la riduzione dei parlamentari è ancora più netta. I Partiti blindano le posizioni certe e quindi si esclude la società civile a parte qualche specchietto per le allodole. Le posizioni sono decise e sono posizioni con cui un ceto corporativo si garantisce.
Il quadro politico sembra polarizzato tra destra e sinistra, non c’è spazio per altri?
Il quadro non è polarizzato: la tentazione è quella di polarizzare tra destra e sinistra, ma in realtà il nostro Parlamento e la nostra società esprime istanze diverse; ci sono i 5 Stelle che sono una forza ridotta e che sono fuori da questo schema bipolare; c’è un’area di centro che l’esperienza del governo Draghi ha innaffiato e in qualche modo fatto crescere, che non considera la controffensiva della demagogia bipolare. Ci sarebbero state tutte le ragioni per la scomposizione del “bipolarismo bastardo” che negli ultimi 25 anni ha consentito a delle coalizioni di vincere ma non di governare. L’incapacità di fare una legge elettorale e la tentazione dei leaders dei due partiti, Meloni e Letta, di polarizzare ha fatto sì che questa scomposizione non avvenisse. Vedremo se il Terzo Polo sarà in grado di scompaginare questo quadro. E’ chiaro che c’è una resistenza molto forte da parte dei principali partiti perché col bipolarismo “ci mangiano” o perché c’è come la Meloni punta a fare il premier o come Letta che punta a fare il miglior perdente.
Questa cultura della polarizzazione è presente anche nel giornalismo?
Si, penso a Bruno Vespa che invita 2 degli otto partecipanti alla competizione elettorale. E’ una violazione delle regole del miglior giornalismo. Il miglior giornalismo vuole che i giornalisti si pongano davanti ad ogni candidato, mettendolo nelle condizioni di far emergere i suoi contenuti e le sue contraddizioni in modo tale che l’elettore possa pesare la consistenza del candidato.
Invece la cultura del giornalismo, del “cane da guardia”, manca al Paese ed impedisce alla democrazia di evolvere. Invece si sposta tutto dalle policy alle politics: cioè dalle politiche concrete agli aspetti interni della politica.
Chi è più in grado di guidare il Paese?
Sta accadendo una cosa del tutto singolare: gli italiani hanno una più o meno uguale considerazione e stima tra due personaggi che sono agli antipodi, Draghi e Meloni.
Draghi è per l’Europa ed un mercato liberale, la Meloni è sovranista, anti-europea, statalista
Se le persone possono apprezzare sia Draghi che la Meloni, vuol dire che i contenuti non valgono niente, ma vale lo stile. Se posso permettermi, mettere a confronto lo stile di Draghi con quello della Meloni è paragonare le scarpe di Valentino all’imitazione che si trova dai vu cumprà. Questo è un Paese che non distingue la qualità dai surrogati.
Direttore crede che la Meloni abbia avuto una rivisitazione culturale?
Non credo, la Meloni è per la nazionalizzazione di ITA, non vuole il rigassificatore di Piombino, vuole la primazia del diritto italiano su quello europeo. Tutto il contrario di Draghi.
E’ stato un errore mandar via Draghi?
E’ stato un errore clamoroso, l’Italia non ha mai avuto un peso quanto quello avuto nell’ultimo anno. Il 25 settembre si vota, il 28 ottobre i Paesi europei s’incontrano per trattare il prezzo del gas; a quella data il nuovo governo potrebbe non essere ancora formato. Lei chi manderebbe a Bruxelles? Draghi Meloni o Letta? A me sembra scontato. Con tutta la buona volontà, ce la vedete la Meloni a trattare il prezzo del gas, prima di sfidare una montagna di pregiudizi nei suoi confronti? E Letta che cosa esprime? La leadership del miglior perdente, di una sinistra incapace di rinnovarsi, in perfetta linea con Zingaretti ha riavvolto il nastro all’indietro. Ad una settimana dalla sfiducia di Draghi stava ancora a fare intesa coi Stelle che nulla hanno prodotto in questo Paese, a cominciare dal reddito di cittadinanza del tutto improduttivo e negativo rispetto agli obiettivi che si proponeva.
Non capisco una cosa: Renzi e Calenda indicano Draghi come loro premier ma non avranno la maggioranza.
E’ una fictio, direbbero i giuristi, ma è anche vero che un Terzo Polo può avere la forza di non far vincere le estreme polarità. Dipende da quanto ci credono gli elettori e quanto Renzi e Calenda sono in grado di veicolare questa forza riformista. L’incipit non è stato dei migliori come quello di Calenda: gli elettori non amano i dietrofront. Sia Azione che Italia Viva non nascono per rappresentare la parte buona del Pd, hanno fatto due partiti per disarticolare il bipolarismo. Il terzo polo è l’unica alternativa che può far evolvere la democrazia italiana: sia destra che sinistra sono espressione della paralisi della democrazia, sono ostaggio di microcorporazioni a cui rispondono. C’è un voto d’opinione da smuovere, tocca al terzo polo farlo.
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