Riuscii in quel modo a convincermi e tirarmi fuori di casa!
Andammo al cinema a pochi isolati di distanza… “Hai visto come si apre il film?” – cominciai non appena uscite- “No dico hai visto… la verità è che non gli piaccio abbastanza perché se una ti piace corri fino a New york, scrivi lettere e vai ad appuntamenti improbabili ai quali lei avrebbe potuto non arrivare mai!” “Chiara – mi rispose – è solo un film, ma ti pare che nella realtà uno scrive lettere che lascia in libri, che finiscono in pattumiere, che poi volano, vengono trovate da sensibili omini che si prendono la briga di fare di tutto per recapitarle? Su dai…” “No, no, - la interruppi voltandomi verso di lei, alzando il tono della voce e prendendo a gesticolare – io mi riferisco alla scena iniziale!. Quella in cui la ragazza se ne va accusandolo di sentimenti infantili. Accusandolo di aver trovato la grande scusa del tempo, dai facciamo piano – cambiando timbro di voce - per non dire mai che non voleva una relazione stabile!” Era ancora la mia paura a dettare conclusioni e pensieri… Non che fosse infondato il mio quesito ma era la volontà di razionalizzare quello che mi premeva di più. Il mio bisogno di sistemare ogni cosa nelle regole della ragione spesso prendeva il sopravvento.
Beh insomma dopo quel film decisi di affrontare il discorso e parlargli… di cosa? Di come mi sentissi e cosa avrei invece voluto sentire. Non sarebbe stato così semplice… eppure noi donne ad un certo punto tentiamo sempre di parlare, spiegare, come se questo potesse servire a cambiare qualcosa… a mutare quella volontà o in-volontà… ad innescare qualche meccanismo attraverso il quale abbia inizio un nuovo corso di eventi magari più felici… ma spesso non è così! Magari è solo l’esigenza di mettere un punto definitivo a qualcosa che non ci appaga e andare avanti… La pazienza mi veniva meno… Temevo di entrare in un circolo vizioso, quello delle continue e pressanti spiegazioni, ma l’esigenza di porre fine a quelle domande era più forte… non riuscivo a rilassarmi e a pensare ad una telefonata semplice e tranquilla. In realtà se è vero il principio della reciprocità, le mie tensioni derivavano proprio dalla sensazione di una mancanza di reciprocità. E quella mancanza a cosa era dovuta? Al fatto che Claudio si sottraeva non appena capiva l’esigenza di chiarezza oppure da una reale mancanza di sentimento? Non gli avrei chiesto “cosa siamo io e te”… almeno credo… Avrei voluto dirgli che mi sentivo trascurata, messa a distanza, poco considerata. Sentimenti comuni a questi tipi di relazioni. Si insomma quando uno c’è ma non c’è questo è quello che si prova. Probabilmente qualcuno direbbe che non tutti provano queste sensazioni oppure che sono sensazioni abnormi date le circostanze o ancora che io ero troppo sensibile e mi aspettavo troppo da un uomo del genere. Ma qualunque fosse stata la considerazione giusta, sta di fatto che mi tormentavo per quel mio sentire non sentire… troppi se e troppi ma mi affollavano la mente. Sentivo dolore e spinte verso una vita che forse mi faceva paura. Mi ero quasi abituata a quel torpore e forse non volevo abbandonare d’un tratto e senza parole quella pseudo relazione. O forse non era quella una relazione che io ero in grado di reggere. Gli inviai un messaggio: Appena puoi chiamami. Al quale lui non rispose né richiamò.
Capita spesso che un uomo non richiami… banalmente perché preso da altro… razionalmente perché non prova interesse. Chissà se a quel messaggio Claudio aveva ben interpretato la mia volontà! Comunemente nessun uomo lo fa e sempre comunemente ogni uomo avverte il pericolo di una donna che dall’altro lato avanza richieste bisogni ed esigenze. Si insomma, Claudio aveva capito che avrei voluto interrogarlo sulla faccenda?
Attesi per un giorno e mezzo una telefonata, poi decisi di chiamarlo… avevo le mani sudate e la sensazione di non aver alcun diritto di domanda… ogni qual volta decidevo di telefonargli ero assalita da un’ansia così forte da provocarmi conati di vomito. Mi convinsi che non c’era nulla di male… “ Pronto” – Claudio. “Ciao sono io, Chiara. Volevo sentirti per fare quattrochiacchiere…” “Ehi come stai… com’è stato il rientro a Milano!” proseguì Claudio. “Tutto bene, nella norma.” Continuai
“Sai non ti ho richiamata perché ho avuto da fare con il lavoro.” Prese a dire Claudio. “Si immaginavo… comunque…”. “Cosa avevi così di importante da dirmi?” chiese Claudio. “Beh sai, non che fosse così importante, ma c’è qualcosa che mi tormenta… vorrei parlarne” – rispondendo. “Addirittura ti tormenta!? Su via Chiara! Cosa sarà mai… non fare così rendi le cose pesanti!” disse Claudio. A questa risposta mi sentii stupida… ma ero questa volta determinata a dichiarare ciò che sentivo. Ed andai avanti col discorso… “No Claudio ti prego di non interrompermi… non rendo le cose pesanti… ho solo bisogno di capire cosa stiamo facendo! Vedi…” aggiunsi con un tono pacato ma deciso. “Ok, dimmi tutto allora.” Le rispose. “Ma tu cosa vuoi dalla vita?” – gli chiesi. “Cos’è questa domanda difficile… ahahah” - rispose alquanto divertito “Cioè voglio dire… a trentasette anni non si affronta una storia in questo modo… dovresti chiamarmi, invitarmi, interessarti a me. Io invece mi sento messa a distanza. Se ti cerco ci sei ma non vai oltre. Cosa vuoi da me? Cosa siamo?” presi a dire con coraggio. Eppure mi sentivo scomoda in quelle mie domande in realtà quello che avvertivo era la mancanza di comunicazione costruttiva… “Mi lasci basito... sei una splendida persona… ci stiamo conoscendo, siamo alla fase di prima conoscenza…” – rispose pacatamente Claudio. “Che vuol dire?”- aggiunsi. “Su via Chiara! E’ tutto aperto, ci stiamo conoscendo. Non possiamo sapere ciò che accadrà” – Claudio. “Si ma… per saperlo bisognerebbe frequentarsi!” “Non è colpa mia se sei così spesso a Milano… anzi tu vivi lì!” – Claudio “Beh potresti salire nel week end!? Ci si potrebbe organizzare o ti basta aspettare tutte le volte che io scenda a Roma?” replicai. “Ecco vedi!? Queste sono le cose che non mi vanno a genio… le discussioni!...” – Claudio. “A me il tuo atteggiamento sembra un pretesto… dillo subito che vuoi mollare, che non ti interessa abbastanza!” – avevo ormai perso il controllo. La discussione che al principio doveva essere una semplice chiacchierata chiarificatrice si trasformava… e senza neppure accorgermene, alzavo una barriera e mettevo un punto. Non avrei voluto accadesse ma non era la realtà che avrei voluto vivere. Mi sentivo adulta e non comprendevo il come ed il perché di quella situazione. Si insomma, ci cosa avrebbe impedito di vedersi e di costruire una relazione se non una mancanza di interesse profondo? Avrei avuto in mente una appassionata ed appassionante storia d’amore. Ma anche questa volta il partner non si mostrò essere quello giusto. O meglio non volevamo la stessa cosa… Fu così che in men che non si dica mollai la presa. Fu quello l’epilogo di un qualcosa che per giorni mi aveva intorpidito i pensieri. Non apparteneva al mio modo di fare. So che avrei voluto almeno discuterne da vicino… eppure la circostanza mi aveva dettato quelle modalità. Quella telefonata aveva fatto scattare in me qualcosa di diverso, mi aveva portata ad una conclusione. Aveva fatto emergere l’esigenza di vivere una vita vissuta. Mi ero sentita infastidita dall’indifferenza del mio interlocutore. Mi ero sentita sola persino al telefono. Presa da una discussione che premeva a me stessa ma incomprensibile per l’altro.
E quindi anche la pseudo relazione con Claudio faceva il suo corso e giungeva al termine
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