I GIOVANI ALLA PROVA DEL «BELLO» (Prima parte?
Nei prossimi articoli affronteremo la tematica del «bello» affrontando la questione da un punto di
vista filosofico-estetico, per comprendere come i giovani, nell’attuale contesto culturale che
valorizza, fino all’estremo, il carattere del “bello”, si relazionano, personalmente e socialmente, con questa dimensione.
Va subito detto che due sono le principali esperienze estatiche che permettono all’uomo di aprirsi
all’altro-da-sé: quella nata dall’incontro con il bello (esperienza estetica) e quella originata dal brutto – ovvero l’ingiusto, lo squallido, il meschino, il fanatico, il violento – (esperienza dello scandalo e dell’indignazione). In questo articolo, che presenta la prima parte del mio intervento su questo tema, mi concentrerò sulla prima, anche se, come ogni coppia di opposti, le due nonsono facilmente separabili; approfondirò la seconda in un successivo intervento.
È importante addentrarci nei meandri più reconditi di questa dimensione amorosa, se veramente
vogliamo cogliere i moti che agitano l’essere umano a partire soprattutto dall’adolescenza. La via più sicura e diretta attraverso cui passare è sicuramente la bellezza, in quanto inevitabilmente attraente, coinvolgente e sconvolgente e quindi con il potere di disarmare l’uomo dagli eccessivi orpelli razionali, ostacolo alla ricerca se usati solo per costruire un’immagine socialmente accettabile di sé e del mondo nascondendo le movenze più profonde e oscure dell’animo. L’amore non può prescindere dal bello ma, come spiega Socrate, l’amore non è bello: Eros, figlio di Poro e Penia, è simile a uno satiro, «è sempre povero e tutt’altro che delicato e bello;
anzi grossolano, mezzo selvatico, sempre scalzo, vagabondo perché ha la natura della madre. Per parte di padre, invece, è fatto per insidiare ciò che è bello e buono, essendo di natura virile, audace, violento, gran cacciatore». L’amore è sempre mancante di qualcosa, vive del desiderio, dell’assenza e tende al bello, che è armonia, equilibrio, perfezione (i Romantici aggiungerebbero: tende al sublime, a una dimensione dinamica infinita che trascende l’equilibrio stesso della bellezza); ma amore non è questa armonia, questa bellezza, questa dimensione sublime, è tensione. Tensione tra la preservazione di sé e l’apertura all’altro, che rimarrà sempre mistero da continuare a scoprire – quando non lo considerassi più tale sancirei la fine del rapporto d’amore.
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