On. Walter Verini, un’altra sconfitta elettorale, altri segnali per il Pd. Lei li ha intercettati?
Non c’era bisogno dei risultati di Lazio e Lombardia, che pure confermano il Pd come unico partito d’opposizione che tiene il 20%, per niente insignificante, non a caso stiamo facendo un congresso, oggi hanno votato 130mila iscritti, ancora devono votare quelli del Lazio e della Lombardia che erano impegnati, e poi il 26 febbraio un numero ancor ben più ampio di cittadini parteciperà alle primarie per eleggere il segretario. E’ una fase delicatissima per il Pd, al quale spetta il compito di una rigenerazione profonda soprattutto col rapporto con la società esterna. Da troppo tempo, siamo un partito troppo chiuso in noi stessi, in questi anni non si è aperto alla società, come avrebbe dovuto fare dagli inizi, perché il partito che nacque al Lingotto era un partito di centrosinistra dove i valori intrinseci, giustizia sociale, uguaglianza, pari opportunità, lotta contro la povertà si fondevano con altre culture riformiste, pensiamo all’ambientalismo, al cattolicesimo democratico, al femminismo, i diritti civili assieme ai diritti sociali. Questo partito ci portò ad avere ben 12 milioni e 200 mila voti nel 2008 contro quelli di oggi, poco più di 5 milioni. Il nostro problema è investire su di noi, al di là di chi vincerà il congresso.
La segreteria del Pd è anche decisione delle alleanze?
Penso che il nostro problema non sia rincorrere Conte o Calenda, il nostro problema è ora ricostruire il partito che si è allontanato in questi anni dallo spirito del 2008. Il mondo da allora è cambiato, alcune analisi vanno aggiornate, la sinistra ha avuto una crisi globale europea in questa fase.
Onorevole ma è vero che c’è un attrito tra correnti nel Pd?
Le correnti, i vari filoni culturali in un partito che ambisce a rappresentare la maggioranza sono importanti ma quando sono aree politico-culturali, quando si trasformano da correnti a correntismi, questo impedisce una delle fondamenta del Pd, ovvero la partecipazione. Se tu ti organizzi politicamente guardando solo al potere come fine è evidente che inquini il dibattito politico. Così si allontana dal partito la gente che vuole mettesi al servizio del partito.
Alle primarie lei con chi si schiera?
Io deciderò, faccio parte della Commissione del Congresso, sono il Tesoriere in carica, lo renderò pubblico a breve. Voglio dirti una cosa (solo a te): io penso che al più presto Bonaccini e Sleihn dovrebbero dire “fuori i secondi, fuori i terzi” e competere loro due per evitare che a livello locale ci sia lotta fra bande. Mi auguro che ci sia un confronto profondo tra i due contendenti ma che poi si stringa un patto: chi vince fa il segretario, chi perde fa il vicesegretario e, aggiungo, entrambi dovrebbero chiedere a Cuperlo e a De Micheli di ricoprire ruoli apicali nel Pd.
Dunque, inclusività?
Abbiamo bisogno di un partito che si ritrovi sulle proposte, sull’identità che abbiamo persa allontanandoci dallo spirito dell’Ulivo di 10 anni fa e del Lingotto. Dobbiamo recuperare quello spirito e dobbiamo farlo assieme perché da soli non ci salviamo. Se facciamo questo sarà anche più facile lavorare sulle alleanze.
Rifarsi un’identità vuol dire anche una nuova strategia delle alleanze? Penso al campo largo
Il campo largo non l’abbiamo rotto noi, ma Calenda e Renzi da un lato e Conte dall’altro Oggi questi hanno avuto due sonore lezioni dall’elettorato laziale e lombardo e questo li dovrebbe far riflettere. Ma noi non dobbiamo partire da qui, noi dobbiamo allearci prima col Partito Democratico, andare a capire perché il 60% dei cittadini non va a votare e perché 7 milioni di persone in pochi anni ci hanno abbandonato. Bisogna prima ricostruire con loro un rapporto di fiducia, dobbiamo dare risposte concrete ai cittadini, se non condividiamo la vita della gente, se pensiamo solo alle cariche. Se facciamo questo, sarà più facile fare le alleanze, che sono il frutto finale di un percorso. Noi non dobbiamo essere né subalterni al Terzo Polo né subalterni a Conte. Entrambi la dovrebbero smettere di pensare a fare le Opa sul Pd.
Avanza intanto l’onda lunga del melonismo. Fare opposizione sarà una traversata nel deserto?
Non accadrà questo, voglio far notare che le vittorie regionali sono avvenute con meno voti della destra in quelle regioni rispetto al 25 settembre. Questa destra è unita dal potere e da ideali ma è anche molto divisa su alcune questioni di grande rilievo. Poi c’è la realtà, come una finanziaria che premia gli evasori, che non aggredisce la povertà, la vicenda Cospito, è un governo che non da delle risposte. Io sono convinto che la nostra sarà una grande sfida, facendo un’opposizione seria a contatto con la gente, io sono convinto che l’Italia vera aprirà gli occhi. Le lune di miele finiscono
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