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UCRAINA, I LEOPARD ALL’ATTACCO PER CAMBIARE LA GUERRA

Mario Volpe • 2 febbraio 2023

UCRAINA, I LEOPARD ALL’ATTACCO PER CAMBIARE LA GUERRA

A pensare che un carro armato progettato nel 1979 possa essere ancora uno dei migliori mezzi da combattimento su terreno non ci si sbaglia affatto, non a caso si ritiene che questi mezzi possano cambiare le sorti della guerra in Ucraina, o quanto meno offrire un valido mezzo di difesa all’esercito aggredito, che ormai da un anno è impegnato a difendere i propri territori dall’invasione russa. Un carro prodotto dalla tedesca Bundeswehr; veloce, ad alta manovrabilità e con ridotti consumi (in rapporto ad armamenti simili), questo mezzo corazzato, il Leopard, è stato continuamente aggiornato. Il mezzo dispone di un cannone a canna liscia da 120mm con un sistema elettro-idraulico, in motore turbo-diesel da 1500hp, una riserva da quarantacinque munizioni e una corazza composita.


Caratteristiche che lo rendono, a detta degli esperti, l’arma adatta per la difesa contro le truppe russe e, forse, capaci di deviare il corso della guerra. Ma per averne la certezza, di Leopard, ne servirebbero centinaia, come chiede Zelenski, e non certamente poche unità come vorrebbe accordare Berlino.

L’Ucraina continua a chiedere pieno supporto militare puntando a quanto di più moderno ed efficace l’Occidente possa disporre. I carri armati tedeschi non sarebbero l’unica arma che dovrebbe prendere la via per Kiev, ci sarebbero anche gli Abram Americani e i Challenger britannici (sebbene in numero ridottissimo) che costituirebbero la chiave per sciogliere le remore del cancelliere Olaf Scholz che solo di recente ha sbloccato l’invio dei Leopard, dopo essere stato rassicurato dal presidente Biden che anche gli USA avrebbero contribuito inviando gli Abram M1.


Scholz non voleva essere il solo a dover inviare carri armati agli ucraini, un po' per non esporre le tecnologie militari tedesche ad occhi indiscreti, un po’ per non nemicarsi ulteriormente la Russia, partner commerciale di rilievo della Germania. Oltre alle indecisioni amministrative s’aggiunge un problema concreto di manovrabilità, dal momento che la complessità operativa dei carri americani richiederebbe quasi un anno di addestramento per poter essere padroneggiata dai militari ucraini. La soluzione a tale problema sarebbe stata quella di trasferire gli Abram in Polonia e, nel tempo necessario all’addestramento, la Germania avrebbe inviato i suoi Leopard sul campo. Detto fatto e l’accordo pare essere stato siglato, così l’Ucraina avrà i suoi carri per la difesa, non in centinaia di esemplari come chiedevano ma in un numero di unità ridotto per consentire all’esercito di Zelensky un minimo d’attività difensiva, ma dal governo di Kiev sembra essere sempre poco.


Il punto è che più si accordano armi a Kiev più Mosca bersaglia il territorio ucraino con missili e droni in una scia di morte e devastazione. Un drammatico gioco delle parti in cui due superpotenze, USA e Russia, sembrano decise a mostrare i muscoli scontrandosi in via indiretta sul territorio ucraino divenuto campo di battaglia. L’Occidente ha già fornito, fino adora, all’esercito di Kiev centoquaranta sistemi di artiglieria, sei centosessantamila proiettili, quarantuno mila sistemi anti-blindati, millequattrocento sistemi di difesa aerea, quindici elicotteri, trentotto radar, diecimila armi leggere con sessantaquattro milioni di cartucce, oltre a diciotto barche di pattugliamento.  Dopo tutti questi armamenti il conflitto è ancora nella sua fase più cruenta. Certo le armi sono necessarie per difendere un paese aggredito ma ad oggi l’immagine di una guerra di logoramento sembra chiarissima, in cui da una parte e dall’altra s’imbavaglia qualsiasi proposta di negoziato. Ognuno fermo sulle sue posizioni, gli, USA addirittura pronti all’invio di missili a lungo raggio che potrebbero consentire attacchi diretti nel territorio russo, e cosa accadrebbe a questo punto? Si potrebbe continuare a parlare di aiuto alla difesa, o pretesto per tentare di sradicare Putin dalla sua poltrona?


Intanto, stando alle dichiarazioni del consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, dall’inizio della guerra sono morti duecentomila soldati russi, numeri prontamente smentiti da Mosca, ma indipendentemente dalle cifre militari esatte ci sono i seimila cinquecento civili ucraini falciati dalle bombe, a cui vanno aggiunti sessantamila combattenti. Ancora morti e atrocità nel cuore di un Europa che a distanza di settantotto anni del secondo conflitto mondiale aveva giurato: “mai più”. 

 

Mario Volpe


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