Ondate che hanno smosso tantissimo un periodo politico bisognoso di volti nuovi dal piglio ingenuo e traboccanti di voglia di cambiamento, salvo mostrare –una volta inchiodati in poltrona– la loro peggiore natura trasformistica, ingorda e ingannatrice incapace di far dimenticare il passato.
Ed è così che tra le pieghe nostalgiche della Prima Repubblica s’elabora il male minore, pensando a fatti e fattezze di Sandro Pertini, Aldo Moro, Nilde Iotti, Marco Pannella, Enrico Berlinguer, Giorio Almirante e per certi aspetti perfino a Bettino Craxi. Volti che nel bene o nel male dominavano con passione la scena politica, ma che forse non ci è dato rimpiangere se non dopo aver ascolatato la battuta di Gaff sul finale del nostro Blade Runner: “non vivrà, sempre che questo sia vivere.”
“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi”, è la frase più iconica e rappresentativa del film di fantascienza Blade Runner del 1982, diretto da Ridley Scott, che bene potrebbe adattarsi a quella inimmaginabile trasformazione sociale, economica e tecnica che dal 1880 al 1914, partendo dalla Francia, è deflagrata in un’esplosione di voglia di vivere.
Un’epoca straordinaria, di pace e di benessere sociale, insomma per dirla alla francese una belle époque, ovvero come storicamente definita: La Belle Époque.
Un periodo che ha regalato all’umanità invenzioni come: la corrente elettrica, la radio, l’automobile e per non parlare del fermento culturale con i nuovi estri della moda o del cinema. Per continuare con scoperte nel campo medico e la riduzione della mortalità infantile. Insomma un momento magico, non solo per la Francia, ma per tutta l’Europa fino agli Stati Uniti d’America e in Messico, che ha lasciato nell’immaginario collettivo l’idea del meglio in assoluto al punto da usare la Belle Époque come termine di paragone (spesso nostalgico) con i periodi della vita apparentemente proiettati verso un cambiamento, un miglioramento e per finire, successivamente, in un deludente tonfo.
Purtroppo il botto secco dei tonfi, soprattutto in politica, si continuano a sentire, malgrado gli entusiasmi che hanno animato il passaggio dalla Prima alle Seconda –nonché alla Terza– Repubblica. Certo sono etichette giornalistiche per meglio descrivere e identificare alcuni momenti della vita politica Italiana che hanno guidato cambiamenti strutturali e comportamentali di rilievo. Primo tra tutti lo scandalo di “Tangentopoli” dove s’immaginava di spazzare via ladri e corrotti, per accorgersi di averli solo rimpiazzati con altri da tratti somatici diversi, ma con l’aggravante dell’incompetenza. Del resto chi senza titoli o senza capacità s’appropria di un ruolo istituzionale –favorito dai soli accordi di palazzo– è come se rubasse un incarico, sottraendolo a qualcuno più adeguato e meglio preparato.
Ma il passaggio tra le epoche della Repubblica è stato segnato anche dal crollo del Partito Comunista, forse unica anima a tutela di operai e famiglie monoreddito, poi confluito in un calderone indefinito di un’accozzaglia di schegge di partiti sgretolati e movimenti il cui unico pregio –a dispetto della definizione– è proprio l’immobilismo. Dal versante opposto la scomparsa del Movimento Sociale Italiano, la cui fiammella anacronistica brucia ancora nel simbolo nell’attuale partito di maggioranza. Poi c’è stata anche la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che ha trasformato l’emiciclo in un palcoscenico da avanspettacolo, e ancora la Lega –all’epoca Lombarda– di Umberto Bossi la cui immagine narrativa più bella la diede Massimo Troisi con una sua satira politica nel corso di un’intervista con Pippo Baudo a Fantastico 90.
Ondate che hanno smosso tantissimo un periodo politico bisognoso di volti nuovi dal piglio ingenuo e traboccanti di voglia di cambiamento, salvo mostrare –una volta inchiodati in poltrona– la loro peggiore natura trasformistica, ingorda e ingannatrice incapace di far dimenticare il passato.
Ed è così che tra le pieghe nostalgiche della Prima Repubblica s’elabora il male minore, pensando a fatti e fattezze di Sandro Pertini, Aldo Moro, Nilde Iotti, Marco Pannella, Enrico Berlinguer, Giorio Almirante e per certi aspetti perfino a Bettino Craxi. Volti che nel bene o nel male dominavano con passione la scena politica, ma che forse non ci è dato rimpiangere se non dopo aver ascolatato la battuta di Gaff sul finale del nostro Blade Runner: “non vivrà, sempre che questo sia vivere.”
di Mario Volpe
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