La desertificazione commerciale avanza, e rischia di lasciare senza accesso a beni alimentari e di prima necessità una larga parte dei piccoli comuni italiani: tra crollo dei consumi e aumento delle spese fisse, tra il 2020 e il 2021 sono sparite infatti 70 imprese del commercio al giorno.A lanciare l'allarme è Confesercenti, in occasione della conferenza stampa di presentazione della proposta di legge per la tutela delle Pmi del commercio di vicinato primario, a prima firma dell'Onorevole Martina Nardi, Presidente della X Commissione Attività Produttive della Camera.
Secondo l'analisi di Confesercenti, nel 2020 si è registrato un saldo negativo tra aperture e chiusure di imprese del commercio pari a -25.873 unità, solo leggermente migliorato nel 2021 a -25.639. In totale, dunque, il biennio ha visto sparire, senza essere sostituite, 51.512 imprese del settore.
Una crisi che ha colpito con forza anche le aree periferiche. La desertificazione appare grave in particolare nei piccoli Comuni: in Italia ce ne sono 5.532 sotto i 5mila abitanti, circa il 70% del totale, con 9.794.662 residenti, il 16,53% della popolazione italiana. È in quest'area che si manifesta, a vari livelli, il disagio abitativo e la desertificazione commerciale, innanzitutto di quella primaria, intendendo per questa quella legata alla distribuzione di beni come i prodotti alimentari. Una rete di negozi che pure durante il lockdown hanno svolto un ruolo indispensabile per la tenuta sociale e l'approvvigionamento dei cittadini.
Per avere un quadro completo di come si evolve oggi questa situazione nei mesi scorsi Fiesa Confesercenti e Federconsumatori hanno realizzato uno studio sui centri al di fuori delle grandi aree urbane, con particolare riferimento a: piccoli comuni con meno di 1.000 abitanti; comuni montani; aree colpite dal sisma 2016-2017.
Tra chiusure e (non) aperture, nei due anni presi in esame nei piccoli comuni sono sparite 228 macellerie e 509 forni/panetterie. Considerando le variabili che possono intervenire nelle dinamiche del commercio al dettaglio e nel settore dei consumi, si stima infatti che nel 2025 la riduzione degli esercizi commerciali di piccole dimensioni operanti nelle aree prese potrebbe raggiungere il -8,4%, pari a circa 11.500 chiusure.
Una tendenza che potrebbe condurre già nel 2025 ad avere nelle aree considerate poco più di 3.000 panetterie e 2.500 drogherie, con il rischio di oltre 2000 comuni senza servizi essenziali.
"L'analisi fin qui condotta rivela un quadro alquanto preoccupante", commenta Daniele Erasmi, presidente nazionale di Fiesa Confesercenti. "Nei giorni dell'emergenza sanitaria più acuta, gli esercizi di vicinato alimentare sono stati il riferimento principale delle famiglie e delle comunità, per necessità e per comodità, per la freschezza dei prodotti, per i servizi. Hanno svolto un lavoro coraggioso di vicinanza ai cittadini, nel generale lockdown del paese, come ha riconosciuto il presidente Mattarella".
Il Mezzogiorno ha patito molto di più questo tzunami, come nel'hinterland campano, a Pomigliano d'Arco per esempio, dopo negli anni precedenti alla pandemia si era costruita con rapida contagiosità un'economia commerciale molto florida che attirava gente da ogni parte della Campania. Ma qui il fenomeno Covid è stato devastante: in rapida successione hanno chiuso più di 25 negozi storici ed "un altra ventina sta per chiudere, mentre molti che sono rimasti aperti sono in gravi difficoltà per il pagamento di fitti ed utenze", dice Ciro Esposito, presidente Confcommercio Pomigliano.
"Ma basta fare un giro per la città" continua Esposito, " per rendersi conto di quante serrande sono abbassate"
C'è qualcosa ce può fermare questo fenomeno? "E' molto difficile, si tratta di un fenomeno su scala nazionale, ma sarebbero stati utili tavoli di concertazione con la politica per seguire passo dopo passo la vicenda e cercare di mettere una pezza, almeno sul caro utenze", conclude Esposito.
A testimoniare la mattanza del commercio a Pomigliano è anche Francesco Marigliano, tabaccaio nel centro storico e e Presidente FIt Napoli che dice: "A Pomigliano almeno 30 negozi in meno solo da inizio anno, questo vuol dire meno lavoro, meno sicurezza, meno servizi, meno attrattività. Commercio online, Grande Distribuzione, Pandemia, smartworking, mobilità differente, le città stanno cambiando volto rapidamente e la risposta più idonea per scongiurare il pericolo della desertificazione commerciale è possibile solo a condizione di una sempre più stretta collaborazione tra amministrazione locale e associazioni imprenditoriali.
Nel centro storico, continua Marigliano, la situazione è drammatica, in particolare su Corso Vittorio Emanuele sono decine le saracinesche abbassate. Parcheggi, viabilità, sicurezza, organizzazioni di eventi e incentivi questi restano i temi fondamentali su cui abbiamo chiesto più volte alla politica un confronto. Aspettiamo di conoscere quali strategie il comune intende mettere in campo e speriamo anche in provvedimenti di sostegno al terziario da parte di Città Metropolitana e Regione".
Parla uno dei commercianti che hanno chiuso, un barbiere molto giovane, Raffaele, martoriato dalle tasse, che s mostra attonito: "E' stato fatale, è cambiato tutto all'improvviso, mi sono ritrovato rapidamente caricato di tasse e con una clientela dimezzata perchè ho dovuto alzare i prezzi per parificare le perdite. E' necessario fare squadra tra chi è nelle mie condizioni e chiedere di essere tutelati"
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