La gestione della risorsa idrica è il grande tema che ci accompagnerà nei prossimi anni. Anzi nei prossimi mesi! La principale necessità è quella di ridurre gli sprechi, a maggior ragione a fronte degli effetti del cambiamento climatico e dei fenomeni siccitosi ad esso correlati ma anche a causa del nostro deficit infrastrutturale legato all’approvvigionamento idrico.
L’Italia ha tra i suoi obiettivi primari la transizione ecologica. Innanzitutto di cosa parliamo?
Per Transizione Ecologica intendo il processo finalizzato alla realizzazione di un modello ambientale, economico e sociale, volto a promuovere condizione durature di benessere per l’uomo, l’ecosistema e la biodiversità. In altre parole, si vuole favorire il passaggio da un sistema produttivo intensivo, in termini di impiego delle risorse, ad un modello che punta alla
circolarità dei beni e servizi in un’ottica di sostenibilità economica, ambientale e sociale. Non è un caso che tra gli ambiti del Piano per la Transizione ecologica e per la Sicurezza energetica (PTE) adottato dal Comitato per la transizione ecologica, che è stato istituito con il compito di assicurare il coordinamento delle politiche nazionali per la transizione ecologica, siano espressamente citate l’economia circolare e la bioeconomia circolare.
Il governo ha destinato quasi 60 mld di euro al miglioramento dell’ambiente. Lei come li spenderebbe?
Suppongo si riferisca ai fondi della Missione “Rivoluzione verde e Transizione ecologica” del Piano Nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Il primo obiettivo che abbiamo, è quello di rispettare le tempistiche ravvicinate connesse all’attuazione delle suddette linee di finanziamento. Significa non solo non perdere la straordinaria opportunità costituita da quelle risorse per dossier fondamentali per il nostro Paese, ma anche dare prova di responsabilità e affidabilità a tutti i livelli decisionali, e contestualmente, essere un virtuoso esempio di buona amministrazione, di legalità e trasparenza.
Realizzare gli interventi previsti dal Piano significa da un lato compiere degli importanti passi verso una agricoltura sostenibile, determinante anche in relazione agli effetti del cambiamento climatico, verso una diffusione capillare e massiccia di fonti di energia rinnovabile come imposto da ultimo dalle drammatiche congiunture internazionali in termini di fabbisogno energetico, dall’altro far fronte a problemi permanenti che interessano il nostro Paese quali la tutela del territorio e della risorsa idrica.
Uno dei punti centrali della transizione è l’economia circolare. Per far sì che avvenga quali sono i presupposti e i cambiamenti radicali che devono fare i cittadini?
L'economia circolare è un modello di produzione che implica condivisione, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali, anche se divenuti rifiuti, al fine della restituzione di questi ultimi nella filiera delle materie prime seconde e dei prodotti.
Obbliga in primis a lavorare sull’ecodesign dei nostri manufatti chiamati ad essere quanto più possibile durevoli, facilmente scomponibili e riciclabili evitando così la dannosa pratica dell’obsolescenza programmata.
Si tratta di un sistema che può funzionare, e sta funzionando per molti versi, grazie al ruolo dei cittadini, chiamati ad una sempre più matura consapevolezza ambientale, delle istituzioni a cui spetta il delicato compito di adottare un sistema di regole certe e ben scritte e degli operatori la cui condotta virtuosa non può essere dettata esclusivamente dalle legittime e doverose attività di controllo da parte degli organi preposti ma sollecitata da sistemi premiali collegati alla qualità e all’attenzione dell’attività d’impresa alla tutela delle matrici naturali.
Si parla molto di energie rinnovabili. Quanta convenienza c’è ad installare sulla propria casa pannelli fotovoltaici?
L’installazione di impianti per le energie rinnovabili non deve essere finalizzata necessariamente alla convenienza economica (che resta un argomento assolutamente valido) ma va vista anche quale contributo concreto anche sotto il profilo dei benefici ambientali per tutti. Se vogliamo raggiungere gli sfidanti obiettivi legati alla neutralità climatica siamo chiamati ad un cambio di passo rispetto a quanto abbiamo fatto finora, attraverso semplificazioni e accelerazioni che tuttavia non compromettano la tutela del nostro straordinario patrimonio ambientale e paesaggistico.
Si parla anche di impianti agro-voltaici per ridurre i gas serra. Se ne vedono in Italia?
Quello dell’agro-voltaico è un settore che si sta affermando sempre più nel nostro Paese. Le tecnologie si stanno sviluppando in maniera efficace e può essere un grande passo avanti in termini di sostenibilità. E’ fondamentale utilizzare sistemi per aumentare la competitività delle nostre aziende senza compromettere l’utilizzo dei terreni dedicati all'agricoltura, ma anzi contribuendo alla sostenibilità ambientale ed economica delle stesse aziende coinvolte,
Transizione ecologica è anche migliorare la rete elettrica e dell’acqua. Cosa si può fare in questo settore?
La gestione della risorsa idrica è il grande tema che ci accompagnerà nei prossimi anni. Anzi nei prossimi mesi! La principale necessità è quella di ridurre gli sprechi, a maggior ragione a fronte degli effetti del cambiamento climatico e dei fenomeni siccitosi ad esso correlati ma anche a causa del nostro deficit infrastrutturale legato all’approvvigionamento idrico.
C’è un paradosso: le case automobilistiche producono auto elettriche ma costano tanto come tanto costa ricaricarle. Allora che si fa?
Come tutte le tecnologie innovative, c’è bisogno di tempo, oltre che di investimenti. E’ necessario valutare ogni tecnologia innovativa, non solo una, senza compromettere interi comparti e l’occupazione da essi generati nel solco della finalità comunitaria di “non lasciare indietro nessuno”. Sappiamo bene che i benefici così come i rischi prodotti dalla transizione dovranno essere equamente condivisi. Progressivamente saremo in grado di arrivarci.
Come si contrasta il cambiamento climatico e si frena il dissesto idrogeologico?
In primis attraverso la consapevolezza che ciascuno di noi dovrà fare la propria parte senza aspettare le mosse altrui. Prevenire, o rallentare il cambiamento climatico, significa porre le basi per evitare che fenomeni estremi e rovinosi si intensifichino. Sappiamo tuttavia che l’incuria dell’uomo, intesa quale mancata programmazione del territorio, consumo di suolo, mancato rispetto delle più elementari previsioni urbanistiche hanno storicamente generato danni, peraltro in un paese significativamente esposto come il nostro, prima ancora di fenomeni atmosferici parossistici all’evidenza correlati al cambiamento climatico.
Come immagina l’Italia di domani?
Penso a un’Italia consapevole dell’importanza della transizione ecologica, energetica e sociale e del valore della tutela dell’ambiente ma parimenti attenta alle ricadute che qualunque trasformazione porta con sé. Penso non solo ad un leale e proficuo connubio tra l’uomo, la biosfera e l’ecosistema, così come richiamato nella Costituzione, all’indomani della sua riforma in chiave ambientale, ma in una vera e proprio adozione dei fattori ambientali quali strategia di crescita ambientale, energetica e sociale.
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