Ad ogni tornata elettorale, specie locale, negli slang degli spin doctor più o meno illuminati s’infila sempre la parola cambiamento, una rivolta contro un passato ritenuto sempre disdicevole. Così come i programmi elettorali per lo più sono infarciti di intenti che non si realizzeranno mai, vuoi per la realpolitk, vuoi per un trapasso di idee. La parte dei programmi che è sempre più minuta è quella dedicata alla cultura. Vi si leggono rassegne teatrali, spettacoli, iniziative sicuramente lodevoli ma nessuna di esse ha come fine un’introito culturale ed economico vero. A ben guardare le esperienze di altri comuni italiani ed europei, sarebbe proprio la cultura a fare da volano allo sviluppo generale dei territori, portando attrazione turistica e facendo girare l’economia. È il caso di Bilbao, per esempio, dove è stata proprio la realizzazione del Museo innovativo Guggenheim ad avviare nella cittadina un processo di rinnovamento che ha portato Bilbao alla ribalta del mondo intero. Con gli anni è diventata una città moderna, tra le mete turistiche preferite per la cultura e si è lasciata alle spalle il suo passato industriale. Il museo è stato realizzato su un ex molo del porto sulle rive della Ría de Bilbao, recuperando e riqualificando quella parte della città, ma dando anche l’avvio a una rigenerazione urbana generale.
Perché non potrebbe succedere a Pomigliano, città che ha varcato lo sviluppo industriale e poi commerciale, vanificato dal Covid. Pomigliano di arte e attrattiva ha ben poco se si escludono posti dove mangiare. Il cambiamento potrebbe essere proprio in un lancio di un programma di mecenatismo, chiamando in città i più creativi ed intelligenti architetti, scultori, designer, giovani della street art, maestri per creare ex novo la Città della Bellezza. Opere d’arte, Musei, sculture. Un prolifico indotto di cultura tale da rendere la città appetibile dai turisti così come è successo a Bilbao, dove non c’era niente, ma un solo avveneristico Museo ha risvegliato l’economia cittadina e gli ha dato un posto nel mondo. Il museo, soprattutto durante la sua costruzione, ricevette numerose critiche da differenti settori della cultura basca, infatti i fondi per la sua costruzione provenivano esclusivamente dalle casse della cultura del governo basco, e molti chiedevano che i fondi venissero anche da altre aree visto che l'investimento era soprattutto di taglio imprenditoriale, e stava lasciando la cultura basca senza fondi. In gran parte le critiche sono state però annullate dall'inaspettato successo che l'edificio e il museo hanno riscosso a livello mondiale, portando enormi benefici alla città, sia economici sia di immagine.
Accadrebbe la stessa cosa a Pomigliano, dove pullulano i “benaltristi”, e farebbero sorgere tantissimi dubbi, che pure servono, da mettere da parte il coraggio del “cambiamento”. Ma perchè no? È un’idea sciocca? Chissà, lo dicevano anche i baschi. I fondi comunitari si troverebbero se si è capaci.
A Pomigliano abbiamo tutto, tranne la Cultura. Un sindaco illuminato lo sa. Sarebbe il suo sigillo eterno.
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