- Prof. Macry, che Italia sta forgiando Giorgia Meloni?
Credo (e spero) che Giorgia Meloni abbia in mente la costruzione di un partito conservatore di taglia europea e occidentale. Un partito di ispirazione liberale. In fondo, sarebbe una grossa novità per la storia repubblicana. L’Italia del Novecento non ha mai avuto qualcosa del genere e cioè un progetto conservatore di governo che abbia ambizioni maggioritarie e che in prospettiva (lunga, peraltro) approdi a un modello di alternanza.
- Popolo, nazione, identità sono i punti cardinali di questa destra. Cosa le manca per assurgersi agli onori della cronaca europeista?
Non sono un conservatore, ma credo che un’alternativa conservatrice debba anche mettere in campo i valori del conservatorismo occidentale, lo Stato di diritto, le relative garanzie, un approccio securitario ma non populista, politiche della famiglia moderne e non reticenti ma neppure reazionarie, l’assunzione del mercato libero come stella polare delle politiche economiche e sociali, il tentativo di contrapporre all’egemonia culturale della sinistra una propria cultura aggiornata ai tempi e tuttavia anch’essa non reticente.
- Fratelli d’Italia, figlio dell’Msi, si scopre garantista col ministro Nordio che vuole regolarizzare le intercettazioni. Che giudizio ha?
E’ un passaggio molto importante, sul piano concreto e sul piano politico-simbolico. Taglia i ponti con le tentazioni giustizialiste che hanno albergato a lungo nella destra italiana. Quando nel 1995 Fini tentò un’operazione simile, ovvero la creazione di un partito conservatore, fu invece reticente sul tema. Forse perché su questo piano voleva distinguersi da Berlusconi.
- Quali saranno gli scogli contro cui potrebbe sbattere il centrodestra?
Le tensioni (già oggi evidenti) con gli alleati di coalizione. Il bipolarismo italiano ha sempre avuto questo difetto strutturale: essere composto da poli disomogenei. Oggi gli alleati di Meloni sembrano compatibili con un progetto conservatore e quindi il cammino non dovrebbe essere difficile. Ma resta sempre il rischio che i tuoi alleati remino per proprio conto, che cerchino di eroderti il consenso e che quindi finiscano per metterti i bastoni tra le ruote. Meloni dovrà essere decisa.
- Meloni sale nei sondaggi, non ha avversari davanti. Quanto durerà questa luna di miele con gli italiani?
Dipenderà dalle politiche del suo governo. Se saranno coerenti, credo che verranno premiate. Penso che non sia mai saggio andare dietro ai sondaggi. Dopotutto bisogna credere che l’opinione pubblica desideri un governo lineare e coerente, più che un po’ di demagogia che dura dall’oggi al domani.
- Se da un lato c’é un partito conservatore, dall’altro lato non c’é un partito laburista capace di contendere la volontà degli italiani. Parliamo del Partito Democratico.
Questo è certamente un grosso problema. Un sistema di alternanza deve poter contare su un’opposizione che ti contende il consenso. Spero che dalla attuale confusione della sinistra nasca qualcosa di commestibile per gli italiani e per la nostra democrazia.
- Ció che fa specie é ancora una volta l’assenza del Pd nel dibattito pubblico, preso sempre da trambusti interiori. Il congresso prossimo sanerà queste ferite?
Non credo che basterà un congresso. Il quadro è molto deteriorato. Serviranno riflessioni e scelte coraggiose, quelle che fino a qui sono clamorosamente mancate. Dico di più. Forse servirà scomporre il campo, dividere i destini. Cioè una scissione tra ex-comunisti e liberal-democratici.
- A pedinare il Pd c’é il M5S che piano piano si é mangiata buona parte dell’elettorato dem. Preso da una sindrome di Stoccolma, c’é chi ancora crede che bisogna allearsi coi 5 stelle. Invece quali dovrebbero essere gli interlocutori del Pd?
Naturalmente il cosiddetto terzo polo (che però mi sembra andare troppo lento sulla strada della costruzione di un partito e di una leadership riconosciuta). E poi il Pd deve ritrovare un elettorato. Non uno zoccolo duro. Oggi di zoccoli duri se ne vedono pochi. Deve conquistare le praterie dei segmenti innovativi della popolazione, che dopo il fallimento della stagione renziana sono rimasti a bocca asciutta.
- A proposito dei 5 stelle: lei é d’accordo a riformulare il diritto a questo sussidio?
Certamente. Lo sanno tutti (lo sa bene anzitutto Conte) che mischiare assistenza all’indigenza e politiche attive del lavoro è una scelta di inefficienza e di clientelismo. Una scelta furbesca e perdente per il paese. Ma personalmente non mi aspetto alcuna resipiscenza dal M5s, che ho sempre ritenuto e ritengo un fenomeno molto negativo per il sistema politico e per la stessa etica della politica. Il Pd dovrebbe tenersene ben lontano…
- Che idea ha dell’autonomia differenziata?
Credo sia un dibattito ideologico e strumentale. Il Sud valuti le proposte concrete, quando ci saranno, prima di stracciarsi le vesti. Personalmente riporterei a competenza centrale alcune funzioni regionali (la sanità, per esempio), e non viceversa. Si muoveva in questa direzione anche la riforma renziana. Ma le cose sono andate come sappiamo. Ripeto: la materia è un miscuglio di ideologismi e di strumentalità insopportabili. Oggi, per esempio, la sinistra grida allo scandalo di fronte all’autonomia differenziata, ma non è la stessa sinistra che riscrisse (nel modo peggiore) il Titolo V? Malauguratamente tutto ciò è politica politicante. Ed è un delitto, perchè la materia del rapporto centro-periferia è fondamentale per questo paese.
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