Risulterebbe senz’altro frettoloso affermare se il nuovo codice sia o meno migliore di quello di prima perché sarà soltanto la sua applicazione a confermare se i principi alla base dello stesso, posti come un dovere delle Pubbliche Amministrazioni, sapranno essere tradotti dalle stesse in buone pratiche operative dando grande importanza alla discrezionalità ed alla concreta realizzazione dell’opera, secondo logiche di buona amministrazione e di buona fede.
- Il governo vara il nuovo codice degli appalti. È migliore di quello di prima?
Il nuovo codice degli appalti entrerà in vigore il prossimo 1° aprile, giorno riservato tradizionalmente agli scherzi, dove tutto è concesso, però, quello varato dal consiglio dei Ministri presenta per svariati elementi una discontinuità con il passato. In particolare, ad esempio, acquisterà efficacia a partire dal prossimo 1° luglio ed in questo periodo transitorio è prevista la possibilità che possa subire modifiche. Elemento di novità è il principio cardine del “risultato”, che consente ad una Pubblica Amministrazione di operare in piena autonomia contrattuale scegliendo i mezzi necessari per raggiungere gli obiettivi con la finalità di realizzare opere e servizi con la “massima tempestività”.
Risulterebbe senz’altro frettoloso affermare se il nuovo codice sia o meno migliore di quello di prima perché sarà soltanto la sua applicazione a confermare se i principi alla base dello stesso, posti come un dovere delle Pubbliche Amministrazioni, sapranno essere tradotti dalle stesse in buone pratiche operative dando grande importanza alla discrezionalità ed alla concreta realizzazione dell’opera, secondo logiche di buona amministrazione e di buona fede.
Di certo, il nuovo codice si pone un obiettivo fondamentale e strategico per l’Italia, ovvero la semplificazione. Troppo spesso, purtroppo, nelle Pubbliche Amministrazioni ci si perde nei meandri della burocrazia. I tempi sono ormai maturi affinchè vengano snellite procedure allo scopo di realizzare opere pubbliche in minor tempo.
- Adesso il Codice afferma il “principio della fiducia” reciproca nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.
Il principio della fiducia è uno strumento finalizzato al principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza. In altre parole, il fine ultimo dell’azione amministrativa non è applicare semplicemente delle regole ma conseguire un risultato in termini di rapidità delle procedure, prestazioni tecniche ed economiche nel rispetto della concorrenza e legittimità.
Lo scopo è quello di modificare un atteggiamento di sospetto e di timore di fatto radicato in persone, atti e giurisprudenza. Fino ad oggi, si è considerata vietata ogni operazione non espressamente prevista dalla norma con conseguente rallentamento dell’azione amministrativa e scoraggiando quindi l’iniziativa e l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici.
L’applicazione del “principio della fiducia” ridurrà di fatto gli interventi della giustizia amministrativa, in quanto non sussisterà più la necessità di interpretare ma solo di attuare, nei limiti dei principi dettati dal codice.
- La semplificazione delle procedure di e-procurement è obiettivo di Governo sin dai primi anni 2000, ma non sempre ad una semplificazione della norma corrispondeva una semplificazione delle procedure.
La digitalizzazione ha un impatto rilevante sul settore dei contratti pubblici e, anche grazie agli obiettivi del PNRR, ci si aspetta che le tecnologie legate all’e-procurement avranno sempre più un ruolo importante per la ridefinizione dei processi di acquisto nelle Pubbliche Amministrazioni.
Pertanto, in futuro, parleremo sempre più di e-procurement che mira ad offrire servizi adeguati alle esigenze dei cittadini e delle imprese, impiegando piattaforme tecnologiche all’avanguardia consentendo la riduzione e la certezza dei tempi delle procedure di gara, della stipula e dell’esecuzione degli stessi.
Di fatto, si tratta di creare un vero e proprio ecosistema nazionale per l’e-procurement che si avvale di una Banca dati nazionale dei contratti pubblici, di un fascicolo virtuale dell’operatore economico, che è stato da poco reso operativo dall’Autorità nazionale anti corruzione (ANAC), di piattaforme di approvvigionamento digitale, di procedure automatizzate nel ciclo di vita dei contratti pubblici. Ancora, il nuovo codice garantirà la possibilità dell’accesso digitalizzato agli atti, oltre a permettere ai cittadini di richiedere la documentazione di gara, nei limiti consentiti dall’ordinamento vigente.
Però ogni cambiamento comporta sfide che devono essere gestite, e talvolta non sempre la semplificazione delle norme comporta automaticamente una semplificazione delle procedure, ovvero la comporterà solo dopo un vero e proprio cambio di rotta della Pubbliche Amministrazioni al quale ci si dovrà necessariamente adeguare.
Infatti un e-procurement efficace ed efficiente implica profondi cambi della macchina amministrativa in termini di processi interni per adattarne il funzionamento al mutato contesto, maggiore attenzione alle esigenze dei cittadini per fornire risposte più efficaci e tempestive ad una domanda di servizi in costante evoluzione.
Pertanto, la sfida maggiore consisterà nell’essere in grado di effettuare un cambiamento radicale che coinvolgerà non solo l’ambito tecnologico ma anche quello culturale e organizzativo. Sarà fondamentale la formazione del personale della Pubbliche Amministrazioni. Sarà necessario garantire una formazione in termini di digitalizzazione delle fasi di esecuzione dei contratti stessi, pertanto, ci si dovrà avvalere strategicamente di nuove figure con adeguate competenze tecnologiche, di informatica giuridica e manageriali, che possano essere in grado di gestire gare con procedure che nascono digitali e con documenti di gara che contengano dati direttamente acquisibili da database nazionali ed europei. Purtroppo tali figure non sono ancora previste nel presente ordinamento delle Pubbliche Amministrazioni.
- Il criterio per applicare il principio di rotazione è stato semplificato portando alla esclusione del solo affidatario del precedente appalto senza che sia necessario escludere dal successivo affidamento coloro che sono stati invitati alla precedente procedura.
Nel nuovo codice è stato confermato il rispetto del principio di rotazione negli affidamenti di contratti di importo inferiore alle soglie europee. Nello specifico, è stato precisato il divieto espresso di affidare o aggiudicare un appalto al contraente uscente quando due affidamenti consecutivi abbiano ad oggetto una commessa che rientra nello stesso settore merceologico, nella stessa categoria di opere, nello stesso settore di servizi.
Il principio di rotazione degli affidamenti, di cui all’art. 36 del D. Lgs. n. 50/2016, nasceva dall’esigenza di evitare rendite di posizione in capo al gestore uscente, garantendo la turnazione di diversi operatori nella realizzazione del medesimo servizio. Il Consiglio di Stato ha chiarito che il principio di rotazione non è regola preclusiva all’invito del gestore uscente ed al conseguente suo rinnovato affidamento del servizio senza eccezione, l’importante è che la stazione appaltante dia adeguata giustificazione, e comunque non è applicabile nel caso in cui si decida l’affidamento del servizio a mezzo di procedura aperta in quanto la sua applicazione è limitata alle procedure negoziate. Il Codice, ha previsto una deroga, in casi motivati, con riferimento alla struttura del mercato e alla effettiva assenza di alternativa, nonché di accurata esecuzione del precedente contratto con espressa deroga nel caso di procedure negoziate senza bando, quando l’indagine di mercato sia stata effettuata senza porre limiti al numero di operatori economici in possesso dei requisiti richiesti da invitare alla procedura e per affidamenti diretti di importo inferiore a 5.000 euro.
Pertanto, il nuovo codice ha semplicemente ribadito che il principio non si applica tout court introducendo la giusta semplificazione ai casi previsti dalla deroga.
- Nel recepire i rilievi della Corte di Giustizia e dalla Commissione UE, non si poteva fare altro che consentire il subappalto fino a che non si arrivi alla cessione del contratto e il subappalto a cascata, consentendo tuttavia ai funzionari pubblici di limitare tali possibilità, proprio in ossequio ai principi di fiducia e risultato.
Il subappalto a cascata, è un istituto che viene dalle richieste dell’Europa, ma va limitato, come sembra prevedere il nuovo testo. Una catena infinita di subappalti non è compatibile con un doveroso controllo di qualità e sicurezza.
Infatti, il nuovo codice non prevede limitazioni percentuali per il ricorso al subappalto, il divieto per i soggetti partecipanti alla procedura di affidamento del contratto di appalto di divenire subappaltatori dell’aggiudicatario, l’obbligo di indicazione, in sede di offerta, di una terna di subappaltatori, l’esclusiva responsabilità dell’appaltatore per le prestazioni oggetto del contratto di subappalto, il divieto del subappalto “a cascata”. Occorre tuttavia considerare che è prevista la possibilità di limitare il ricorso al subappalto da parte della stazione appaltante. Questa, infatti, può individuare le prestazioni o le lavorazioni che devono necessariamente essere eseguite dall’aggiudicatario e quelle che non possono formare oggetto di subappalto “a cascata”. La ratio è quella di garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei cantieri e di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali. Si prescinde da tale ultima valutazione solo se i subappaltatori sono iscritti nella “white list” presso le Prefetture di competenza, o inseriti nell’anagrafe antimafia degli esecutori. Infine, il nuovo codice prevede l’obbligo per il subappaltatore di applicare il medesimo CCNL del contraente principale.
- Su questo punto i sindacati degli edili minacciano sciopero
Sicuramente il subappalto “a cascata” crea non poca apprensione nei sindacati degli edili, nelle associazioni di categoria e nelle procure ma ritengo, che la giusta applicazione delle limitazioni previste dal codice possa tranquillizzare i sindacati. Purtroppo sta alle stazioni appaltanti delle Pubbliche Amministrazioni il controllo delle procedure affinchè la norma non degeneri.
- Il nuovo Codice, con lo stesso acronimo RUP, definisce la nuova figura del Responsabile unico del Progetto, elevandone la responsabilità dal singolo Procedimento alla totalità delle fasi finalizzate alla implementazione di un Progetto, quindi anche più Procedimenti che rientrano in un medesimo Progetto
Al nuovo RUP sarà affidata la responsabilità delle fasi di programmazione, progettazione, affidamento e per l’esecuzione di ciascuna procedura soggetta al codice, con la facoltà, se lo richiede, e secondo gli ordinamenti delle singole stazioni appaltanti di nominare un responsabile di procedimento per le fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione ed un responsabile di procedimento per la fase di affidamento. Le relative responsabilità saranno ripartite in base ai compiti svolti in ciascuna fase, ferme restando le funzioni di supervisione, indirizzo e coordinamento del RUP.
Si tratta di un cambiamento che porterà ad assimilare l’effettivo ruolo a cui il RUP è assoggettato, ossia non come “ufficio” bensì a parimenti di un Project - Public Manager. Pertanto, sarà necessario per le stazioni appaltanti un piano di formazione specialistica mirata sugli argomenti di interesse alla contrattualistica pubblica. Ritengo che la figura del RUP debba essere quella di uno specialista con conoscenze tecniche, amministrative e legali e, richiamando l’e-procurement, anche di discrete conoscenze informatiche.
Il RUP deve fare oggi i conti con la digitalizzazione delle procedure, con la standardizzazione dei sistemi telematici per la gestione delle gare e ritengo che all’attualità, a meno di specifica formazione del personale avente spiccata propensione al ruolo di Project manager, tale figura nelle Pubbliche Amministrazioni non esista. Di conseguenza, temo che si dovrà attendere ancora affinchè le stazioni appaltanti sappiano esattamente come devono affidare i servizi tecnologici necessari per realizzare l'attività contrattuale mediante strumenti telematici di acquisto e negoziazione.
- In sostanza, vi sentite soddisfatti?
In qualità di libero professionista operante nel settore ritengo che l’obbligo per le stazioni appaltanti di migrare verso piattaforme aperte interoperabili con l’adozione di strumenti di gestione informativa digitale comporterà necessariamente l’adeguamento in termini di hardware e software nonché di formazione per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni con conseguente innalzamento della qualità in termini di know-how per le stazioni appaltanti.
L’utilizzo della metodologia BIM che diverrà finalmente prassi nell’appalto pubblico rappresenta senza dubbio un passo verso il futuro. Una qualche preoccupazione nasce certamente per l’eliminazione del progetto definitivo dai livelli di progettazione che saranno soltanto due: progetto di fattibilità tecnico-economica e progetto esecutivo. Di fatto, fino ad oggi, la progettazione definitiva ha rappresentato il cuore pulsante dell’intero processo progettuale, in futuro invece risulterà tutto estremamente accorpato.
La soddisfazione circa la bontà di questo nuovo codice degli appalti potrà essere sancita solo dal tempo che ne determinerà l’applicazione dello stesso esaltandone i pregi ed evidenziandone alcuni limiti che mi auspico saranno senz’altro oggetto di correttivi.
L'ing. Pasquale Panico fa parte dell'Ordine degli Ingegneri di Napoli
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