- Dott. Graziano, la riforma Cartabia ha agevolato la “vita” al funzionamento della giustizia italiana?
La riforma Cartabia nasce con l’intenzione di dare risposta a degli obiettivi da sempre dichiarati che sono quelli di ridurre i tempi della risposta della Giustizia in Italia sia dal punto di vista del processo penale che quello civile. Sotto questo punto di vista le norme approvate sono chiare anche se appare evidente che non sono perfette. In ogni caso va sottolineata l’intenzione in una ottica di rispetto delle regole europee in relazione alle quali l’Italia da anni è un sorvegliato speciale. Penso per esempio alle norme sul processo civile ed alle lungaggini che da sempre dissuadono gli investitori esteri che con diffidenza guardano alla risposta giudiziaria nel caso di controversie relativa alla attuazione dei crediti inadempiuti.
- Come si sistemano le “crepe” di questa riforma?
Ogni riforma ha delle crepe e ogni riforma è perfettibile. Si tratta allora di individuare in sede di prima applicazione quelle che possono essere delle disfunzioni del sistema e porvi rimedio. Penso per esempio alla regola della querela di parte con riferimento anche a reati per così dire “odiosi” e a quanto è accaduto in questo periodo di prima applicazione della norme retroattiva che ha generato il rischio di ingiuste scarcerazioni.
- Le intercettazioni sono utili sempre?
Il tema non è la discussione circa la utilità delle intercettazioni ma è il collegamento con la gravità dei reati che giustifica il sacrificio di interessi costituzionalmente rilevanti al fine della ricerca delle prove dei reati. Quando ciò accade siamo davanti ad un uso legittimo delle intercettazioni mentre ogni altri utilizzo delle stesse, se non così giustificato, è certamente un uso improprio ed illegittimo. Credo sia in soldoni il pensiero del Ministro Nordio ed appare chiaro che se così interpretato il suo pensiero è del tutto condivisibile. In questa prospettiva del tutto da condannare sono gli atteggiamenti diretti a diffondere impropriamente e per scopi diversi e dannosi le intercettazioni, specie quelle che sono irrilevanti ai fini della accertamento delle responsabilità. Non si tratta allora di porre un bavaglio alla stampa ma piuttosto di verificare la utilità sociale della notizia da una parte comparandola dall’altra con il diritto alla riservatezza di quanti sono stati intercettati.
- Cosa vuol dire per la mafia l’arresto di Matteo Messina Denaro?
L’arresto del superlatitante Matteo Messina Denaro è un arresto importantissimo per lo Stato, al di là di ogni considerazione sui tempi della latitanza e sui misteri che la hanno avvolta. Sta di fatto che oggi questo criminale è stato assicurato alla Giustizia e che sconterà il resto della sua vita in carcere. Condivido però l’atteggiamento dello Stato che in chiave del tutto democratica non fa distinzioni tra carcerati per cui è giusto che vada assicurata ogni cura al detenuto ex capomafia. E’ una risposta civile che rende grande lo Stato anche davanti a chi, fino alla fine, ha inteso vivere con i dettami della criminalità e della violenza.
- Come é cambiato il modo di fare affari per la mafia?
La mafia in questi anni ha cambiato volto più volte. Oggi non si spara più per strada ma si fanno affari criminali in una economia sempre più permeata da infiltrazioni mafiose. E purtroppo il fenomeno mafioso non riguarda solo una parte dell’Italia ma tutto il Paese se solo si leggono gli atti parlamentari sulle infiltrazioni della criminalità (siciliana, calabrese, campana e pugliese) al Nord est italia e non solo. Oggi per sconfiggere davvero la criminalità organizzata bisogna aggredire i patrimoni e sottrarli alla gestione criminale. Di questo spero sia consapevole anche questo nuovo governo che parla poco di mafia nel quotidiano agire per cui è stato chiamato dagli elettori.
- Lei é molto sensibile anche al tema delle carceri. Nel solo 2022 si sono ammazzati 80 detenuti. Una cifra enorme, a testimonianza che scontare la pena nei penitenziari italiani talvolta é disumano.
Il tema delle carceri è un tema eterno. Da sempre si cerca la ricetta giusta. Non spetta certamente a me trovare una soluzione ai tanti suicidi che purtroppo insanguinano le carceri italiane. Sta di fatto che la strada da seguire è quella della dignità del carcerato con i suoi bisogni di essere umano che a volte vengono dimenticati. Questo uno Stato democratico non può permetterselo perché sarebbe un vero e proprio fallimento.
- Cos'è secondo lei la "giustizia giusta"?
Non esiste una giustizia giusta senza essere accompagnata dal rispetto di regole etiche e morali. Ciò vuol dire che la giustizia si nutre di valori naturali del vivere civile. Se utilizzato questo metro di intervento ci può essere una giustizia non distante dal senso profondo di umanità che vuol dire rispetto della dignità dell’uomo
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