Ero sopravvissuta all’ennesimo giorno “dopo Claudio”. Non ci volle molto che mi riprendessi da quella disavventura. Un bacio è solo un bacio fu la filosofia che mi accompagnò durante la mia ripresa. Continuai ad essere tormentata. Alla ricerca dell’amore. Di un qualcosa che in alcuni momenti pensavo non appartenesse alla mia vita, al mio destino. Ma lo speravo. Lo volevo proprio. Un compagno, un qualcuno con cui condividere desideri, sogni, routine, sentimento.
So che spesso mi sentivo sola… Sentivo la mancanza di casa, delle amiche storiche e dei pettegolezzi. Era pesante continuare e portarsi tutto dietro. Ma andavo avanti. Frequentavo un corso di inglese ed il circolo del tennis. Uscivo con le amiche, giravo per feste e i soliti vernissage.
E così si sviluppò uno schema: svegliarsi, lavorare, piangere, uscire, dormire. Ero organizzata a non pensare. Il lavoro mi andava veramente bene. Ma le relazioni… beh quelle no. Erano ormai quasi inesistenti. Non che non incontrassi e conoscessi uomini. Non che non uscissi con loro. Ma quasi mai cominciava qualcosa. Forse il mondo maschile era variegato e problematico. Ooppure era la mancanza assoluta di problemi… C’erano quelli che vivevano all’insegna del non sense, quelli separati e problematici, quelli disimpegnati, quelli da una notte e via… insomma ce ne erano di tutti i tipi. Ma nessun tipo sembrava volesse costruire una relazione. E badate non era solo nel mio caso. Tutte noi avevamo pressappoco gli stessi problemi. Ognuna di noi sperimentava le stesse dinamiche. Si… chi non aveva già un legame faticava molto a costruirne uno. Era nei tempi… Passarono svariate settimane… ed in verità nulla riempiva quel vuoto che avevo dentro, quel buco che mi ricordava la perdita. Ma non potevo pensare a lui.
Non fissavo più il telefono in attesa di un segno da parte di Claudio ma quella mattina ricevetti un messaggio… “Sarò a Milano per lavoro… si cena insieme? Claudio"
Fisso il messaggio al cellulare, il buco nel mio petto si espande. Le gambe mi tremavano, gli occhi mi divennero lucidi. Sangue freddo? Per niente… Posso rivederlo? Riuscirei a sopportarlo? Voglio rivederlo? Chiusi gli occhi e gettai indietro la testa mentre il dolore e il desiderio mi trapassavano come una lancia. Certo che voglio. Mi strinsi forte le braccia intorno al corpo, in modo da tenermi insieme. Lui mi mancava. Mi mancava davvero. Decisi di temporeggiare … avrei risposto dopo pranzo, magari con aria disinvolta, noncurante come a dire ceniamo o non ceniamo fa lo stesso… A riuscirci… Presi quel benedetto telefono e formulai subito il messaggio di risposta: “Ciao. Sono a lavoro. Se mi farai sapere quando arrivi ci si organizza.” Nessuno smile e niente puntini sospensivi… abbastanza netto, quasi freddo, categorico in modo che non trasparissero emozioni. Ma subito dopo l’invio, dato che non arrivava risposta, ripresi a tormentarmi pensando al tipo di messaggio che gli avevo inviato. Si insomma… Ho scritto bene? Se la sarà presa? Sono stata fredda?
Cazzo perché non risponde!? In realtà quel messaggio non voleva per forza una replica … era una comunicazione di servizio per così dire… e quindi mi tormentai pensando che avrei dovuto formularlo diversamente magari con punto esclamativo e domanda in modo da poter aspettare quella desiderata risposta … Ripresi a fare quello che avevo lasciato, per distrarmi, ma ormai ero in ansia avrei voluto un riscontro … Verso ora di pranzo mi acquietai. Certo ero entrata nel loop della cena. Ci sarebbe stata, non ci sarebbe stata. Ormai ero in attesa. Tra l’altro non sapevo quando sarebbe venuto e quindi quell’attesa era infinita. Che modo di fare è? Mi manda un messaggio poi non da seguito e mi lascia come sempre sulla corda. Era fatto così… lanciava l’amo e poi lasciava cadere tutto fino a che forse non ci sarebbe stato un altro messaggio… Nel pomeriggio, finito il lavoro, andai a casa di Francesca alla quale raccontai del messaggio. Arrivai da lei intorno alle 18.30. la trovai stanca, aveva litigato con Michele per una banalità. Almeno così mi disse.
Lo aveva trovato a chattare su facebook con una vecchia conoscenza, femminile ovviamente. Francesca aveva fatto una scenata. Lui ovviamente aveva sminuito la cosa… magari era anche vero o magari era stanco della routine e diversificava. Credo quella fosse stata la preoccupazione principale di Francesca. Sta di fatto che non ne volle parlare più di tanto. Mi disse di non preoccuparmi e che sarebbe passato tutto. Mi fece un sorriso e mi chiese del messaggio.
A quel punto cominciai a vomitare la mia ansia
Le raccontai come erano andate le cose e lei mi disse semplicemente: “Stai calma!”
Ma non mi bastava… continuavo a chiacchierare e a sviscerare chissà cosa. Lei era lì che mi ascoltava con pazienza. Così come a lasciarmi sfogare… in realtà era un po’ che non parlavo di Claudio avevo tenuto tutto dentro ed ora come un fiume ripercorrevo ogni mia sensazione, ogni piccolo tremore corporeo, ogni vibrazione chimica. Andai avanti così per un po’… a quel punto Francesca mi prese le mani e cercò di tranquillizzarmi. Francesca: “non è successo nulla di che lo sai anche tu… sarà solo una cena… si è rifatto vivo è vero ma con le modalità di sempre, quindi tu stai tranquilla e non nutrire aspettative” Aveva in poche parole riassunto il tutto… una giornata di tormento in quelle poche e piccole frasi. Eppure era così vero. Un messaggio sta per un messaggio, una cena per una cena. A che servivano tutte le mie domande non saprei. È che continuare a parlare di lui mi dava aria ai polmoni… lo rendeva così vicino… Perché io già nutrivo aspettative non mi bastava certo che si fosse rifatto vivo io volevo l’idillio. Rimasi lì a cena… eravamo sole Michele era uscito con dei colleghi, questo è ciò che aveva lasciato detto. Ci preparammo due belle insalate e continuammo a chiacchierare ancora di Michele e di Claudio… ma non solo.
Trascorsi una piacevole serata ma soprattutto riuscii a mettere fuori un po’ di ansie e pensieri. Come sempre avevo dalla mia delle ottime amiche e come sempre le amicizie quelle vere rimanevano i rapporti che preferivo, di cui non avrei saputo fare a meno, che mi facevano sentire una donna fortunata. Andai via a dire il vero con nel cuore un po’ di preoccupazione per Francesca. L’avevo vista rassegnata nella faccenda con Michele e non era da lei. È sempre stata una donna combattiva e vederla così mi aveva turbato. Avevo provato a farla aprire di più ma non ci fu verso. Non ho mai pensato che la storia con Michele fosse perfetta per lei. In realtà ero stata contenta nel vedere che Francesca avesse raggiunto un maggiore equilibrio ma… di Michele non mi sono mai fidata fino in fondo. Insomma in quella relazione l’uomo, quello che porta i soldi a casa e paga le bollette, era lei. Ma lei era anche la donna. Michele? Chi fosse Michele non l ho mai saputo. Non dico un buono a nulla ma di certo non uno che si prodiga più di tanto. Non uno pieno di iniziative e gentilezze. Non uno brillante e di successo.
No. Tutte queste cose di certo no. Era accomodante, pieno di problemi e senza alcuna soluzione, pantofolaio, tranquillo ma forse anaffettivo senza slanci e trasporti neppure verso i figli. Ricordo che una volta, di domenica, lui avrebbe dovuto badare ad uno dei figli… lo portò a casa e lo tenne tutto il giorno inchiodato davanti alla tv. Ecco perché pensavo che Francesca nel tempo in quella storia sarebbe andata a fondo. Non che sarebbe finita. Ma di sicuro le avrebbe portato delle insoddisfazioni. In quel momento però era tutto ciò che aveva e forse che lei stessa voleva… Tutte noi avevamo sognato delle storie perfette ma tutte noi vivevamo dei surrogati dell’amore. Qualcuna in coppia qualcuna no ma tutte avevamo la consapevolezza che quei vissuti non erano poi come li avevamo immaginati. Qualcuna forse si chiedeva se quella fosse stata la realtà. Se l’amore in fondo non era così perfetto come ce lo si era prefigurato. E quindi si accontentava. Qualcuna sceglieva un uomo pur di non essere sola. Qualcuna aspettava un figlio. Qualcuna come me continuava a cercare qualcosa che forse non era da nessuna parte
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